L'ultima veglia sul mare

L'ultima veglia sul mare L'ultima veglia sul mare Dal c CONTE ROSSO 1, 30. La nostra compagnia ha sollevato un poco lo spirito di Ferrarin, Così ci,hanno detto gli ufficiali del Conte Rosso, che da dieci giorni prodigano le cure più affettuose all'aviatore superstite. Egli ha rivisto vecchi i cari amici, con i quali ha potuto più liberamente sfogare il suo dolore, la loro compagnia sembra che gli sia stata di qualche conforto. Ieri sera siamo stati ospitati alla mensa del comandante, comm. Pinceti, e a questa sedevano, oltre a Ferrarin e al console Censi, il dott. Parenti, capo delVVfflcio sanitario, H direttore di macchina Tod, il capo commissario capitano Pescarolo. La bellissima nave fende le-onde sotto un cielo pieno di vaghe minaccie temporalesche. All'orizzonte guizzano frequenti i lampi; ma fra le nubi, che galoppano tratto tratto/ la luna apre varchi di luce e qua e là occhieggiano le stelle, R golfo del Leone, che ha cosi pessima fama, questa notte è quasi in perfetta bonaccia* Ferrarin racconta: «Noi...» Dopo pranzo, saliamo sul ponte |x discorrere. I passeggeri, data rimminenza dell'arrivo, si sono ritirati idi buon'ora nelle loro cabine. Sul piroscafo regna un silenzio quasi religioso. Il vento si trascina nella sua Jtcia la bandiera, che a mezz'asta pende abbrunata dall'albero maestro. Carlo Del Prete è presente nel lustro crocchio, anche se la sua bara è sepolta sotto i fiori «ella gran •sala di seconda classe, dosanti alla pòrta chine* della quale pasta Si tempo ih tempo silenziosamente ti Sacerdote. E* l'ora dell'intimità e dei ricordi, ferrarin ci narra i particolari della sua odissea; egli parla al plurale, come se Vomico gli fosse ancora a fianco, poiché U suo spirito ed il suo Cuore non si sono ancora piegati all'idea della morte. Raccogliamo le ime parole ad una ad una, ed anche t particolari che già sappiamo ci Sembrano nuovi ascoltandoli dalla foiva voce di lui. Assecondandolo, incitandolo a riandare con la memoria alla trasvolata compiuta, ci facciamo V illusione di distrarlo per •gualche momento dall'incubo che gli pesa sull'anima. In qualche momento i suoi occhi lampeggiano perfino sotto gli impeti tumultuosi delle ra'diose rievocazioni. Egli ora descrive con brevi tratti incisivi il momento in cui furono costretti ad atterrare a Turos* Torquato, 3 capoccia l'apparecchio italiano piantò le ruote nel fango, così profondamente the per disincagliarlo e condurlo "sulla spiaggia i due amici dovettero assoldare i pescatori ed i negri del Villaggio. A capo di questa ciurma volonterosa si mise un certo Torquato il capoccia della comunità,- e tanto fecero e tanto si ostinarono che finalmente la macchina venne tratta in secco. A sera si doveva svolgere in casa del sindaco roperazione delicatissima della paga, e già Del Prete aveva fatto correre la voce a tutu quelli che avevano lavorato di trovarsi per dividere 0. bottino Che sarebbe stato distribuito, quanTorquato ebbe un lampo di ti avvicinò a Ferrarin, gli parve il più abbordabigli consigliò semplicemente di versare a lui solo le paghe che ■avrebbero dovuto essere divise fra tutti. «Perchè — disse il buon Torquato — se voi pagherete tutti, dopianì avremo una ventina di ubriachi; se invece intascherò io il denaro, di ubriaco ce ne sarà uno solo e sarò naturalmente io... ». Il vecchio pescatore malizioso ebbe una tirata di orecchi dal parroco e tutti ebbero invece il promesso compenso. In casa del buon sacerdote i due •aviatori ebbero l'ospitalità della prima notte, e il mattino seguente all'alba essi si svegliarono fra un grande cantare, che migliaia di uccelli facevano sul tetto della capanna e sugli alberi circostanti. « Sono 'gli amici miei... — disse il buon parfoco a Ferrarin, che era balzato a sedere sul letto — veniteli a vedere». Ed ti soldato ed il prete uscirono all'aperto e se ne andarono poi per i prati a mungere il latte fresco per la prima colazione. Cam «U ietto hrt, Dot Prete e do genio the le, FdrocrerosuvtotrdvridgtavTsipdutailscoaasisecodsoepÈpMccfroDsctadPFcdlotanespqodtavtcrggrripdssmunu e a e l a i o i , e e a o a i o. e iln cno ra ». l i er e Ferrarin vollero — tanto per non darla vinta alle dicerie messe in giro ed anche malignamente scritte su certi giornali — volare con l'apparecchio « scassato », e difatti riuscirono ad alzarsi nel cielo ed a volare sul villaggio. Quando atterrarono vennero circondati dai poveri pescatori e dai mori, che li portarono in trionfo gridando i loro nomi, quelli d'Italia, del Re e di Mussolini. Il vecchio Torquato volle prendersi una rivincita almeno morale, e nascosto dietro una siepe e facendosi conchiglia con le mani attorno alla bocca, tanto per cambiare il tono della sua voce, cominciò a gridare : « Viva Torquato! Viva Torquato! ». L'entusiasmo, si sa, è una cosa che si propaga e che scoppia come la polvere da fucile quando gli si scocca sopra una scintilla. E Torquato venne portato in trionfo. Gli era andato male il.colpo dei quattrini, ma gli era riuscito quello delia... gloria! Una danza, due incontri Nella seconda sera, dopo il volo compiuto si ballò in onore degli aviatori italiani. Le more accorsero all'invito vestite da festa e perfino si erano dipinte le guancie per essere più belle. Del Prete, così schivo com'era, dovette aprire le danze... La breve parentesi di questi ricordi un po' gaia muore con un pallido sorriso sulle labbra di Ferrarin, ed egli passa a narrare del volo compiuto da Natal a Rio de Janeiro. Èra impossibile fare decollare l'apparecchio carico dei duecento litri Meetmsa che sarebbero occorsi per compiere il volo; e allora vennero con squisita cortesia gli amatori francesi, che o]} nero ai nostri due ondaci i loro apparecchi. Ferrarin e Del Prete si offersero di pilotare loro stessi e furono costretti a cambiare cinque macchine; una cioè per ogni tappa/ come usa fare per necessità di cose l'aviazione civile francese. Prima che essi partissero da Natal, Ferrarin alzò un'altra volta nel cielo l'S. 64, ma non si accontentò di polare: volle compiere alcuni loopings, che gli riuscirono perfettamente, malgrado la mole imponente dell'aeroplano. Del Prete e lui ebbero la lieta sorpresa di vedere scendere dal cielo un apparecchio proveniente da Rio de Janeiro e sul quale avevano preso posto alcuni operatori della casa cinematografica delia Metro Goldwin. 1 nostri aviatori si assoggettarono di buon animo a posare davanti all'obbiettivo; quel viaggio era costalo agli audaci e intraprendenti cinematografisti americani quattrocentomila lire! Ed ecco ancora un episodio doloroso toccato ad un coraggioso ingegnere deUa «Fiat», il signor Bognetti, che per aiutare i volatori a rimettere in ordine la macchina ci rimise un dito: l'elica, che si mise improvvisamente in moto^ glielo portò via di colpo... La folla dì Rio de Janeiro Ma tornano le ombre. Il silenzio della nave, la melanconia del mare senza riflessi sotto il cielo nuvoloso, sembrano fatti apposta per richiamare i fantasmi, E Ferrarin ne ha uno che gli vaga continuamente nello spirito: quello del suo Carlo, del suo Carletto, come lo chiama lui, con la voce piena di pianto. Ed un'altra persona si viene ad aggiungersi alla nostra compagnia, a sedersi al nostro tavolo : è il dott. Buscaglia, torinese, che per tanto tempo è stato a San Paolo e che ha assistito alla morte dell'eroe insieme al Censi. Ora ha 63 anni e confessa che nella sua lunga e luminosa carriera di chirurgo non gli era mai successo di piangere come ha pianto per la sofferenza della carne martoriata dal suo bisturi. — No, — egli dice — non c'era più nulla da fare ni da tentare; anche se i dottori avessero tagliato prima la gamia, sarebbe morto lo stesso; è il cuore che non ha resistito..* Passano nelle sue descrizioni il pianto delle donne e degli infermieri, che consideravano Carlo Del Prete come un santo; e la vertigi nosa visione'di una folla di trecen tornila persone fluttuante come una marea a Rio de Janeiro, attorno al carro recante la salma del nostro morto; e si profilano le cento braccia degli scarictt'yri del porto, che han¬ fichmpfodcuscdl'sdbPvbaliq««««v«««««««»»((aatispdgblvdnnFdgPtlCbiartnpcslpd o e , a e , a d e a i o ù e a o; il eel i n a al ro ia n¬ no voluto avere Vonore di portare a bordo del Conte Rosso la bara, non soltanto senza accettare un compenso, ma puanco coprendola di fiori da loro donati. — La bara — dice uno di quelli che sono presenti — sollevata dai muscoli di quella gente rotta alle più dure fatichet passava alla sulla folla ed era leggera come uno stelo... E ancora, nella calma accorala dei ricordi, ci descrivono l'attimo m cui il feretro venne salutato dalle scariche di fucilerìa, e il delirio delle donne che si aggrappavano all'automobile di Ferrarin. Il pensiero del sopravvento Il tempo passa scandito dallo scrosciare che fanno le onde ricadenti dal solco scavato dalla prua. Abbiamo vegliato attorno a Carlo Del Prete con tutti i nostri spiriti tesi verso il ricordo suo. Comincia ad albeggiare. Fra poco saremo nelle acque francesi e poi nel mare italiano. La Radio di bordo ha spedito questi due telegrammi: « S. E. Mussolini, Roma. — Carlo « Del Prete entra in questo momento « nel mare della Patria. Le consegno « la sua gloria, custodita dal mio « dolore, ricordando che l'ultima invocazione di Del Prete, con quella « della Patria e della mamma, fu il « nome Suo. — Ferrarin ». Ed un altro-: « Signora Del Prete, Lucca. — « Carlo ritorna con una gloria im« peritura; e il mio dolore s'inchina « dinanzi alla mamma del compa« gno adorato, che resta un esempio « per me e per tutti gli italiani. L'ho » vegliato pregando che Iddio - le » acconsenta di vinceroy lo strazio ((dell'ora imminente. Egli fu su(( Mime. — Ferrarin », L'ultima Mesta Anche questa mattina l'umile e argenteo suono del campanello ha annunziato che nella camera ardente di Del Prete il sacerdote di bordo iniziava il rito della Messa. Nella sala il vento salmastro, entrando, per le finestre aperte, agita i ciuffi dei fiori che, come morbidi e smaglianti ventagli, si alzano e si abbassano con melanconica grazia ai lati della bara; il nastro che li avvolge, e sul quale è scritto il nome di Ferrarin, disegna delle spirali nere e trasparenti. I fedeli si inginocchiano e le preghiere cominciano. Fuori il mare scintilla e raccoglie dentro i suoi riccioli di spuma i giuochi indiati della luce, L'Eroe è entrato nelle acque della Patria come su un tappeto azzurro tutto frangiato di argento. Ed ecco la nostra costa. A Villafranca il Conte Rosso non si è fermato che breve tempo, per ospitare a bordo il Console italiano e far discendere alcuni passeggeri; poi ha ripreso la rotta. Ferrarin è entrato in uno stato di irrequietezza più visibile e penosa. Finita la Messa, egli sale sul ponte di comando, dove sono raccolti gli ufficiali della nave. A prua, sulle murate e sulle sartie, nereggia la folla silenziosa ed ansiosa dei passeggeri di terza classe. Ognuno di essi ritorna in Patria col suo fardello- di nostalgia e di dolce felicità; ognuno di essi ha già negli occhi la visione della propria casetta; e pure si capisce che, fra tanto tumulto di sentimenti, ognuno ha fatto posto nel proprio cuore a quello che in questo momento domina e. pervade tutta la nave. Il saluto dei Marinai dltana Ed ecco le coste d'Italia, che il sole percuote facendo rilucere nell'oro della terra i paesi bianchi come scaglie di smalto,, digradanti dal sommo dei colli tra il verde dei* pini fino al mare. All'orizzonte appaiono due sagome di cacciatorpediniere. Le navi da guerra, basse sull'acqua e veloci come squali, fendono le onde e dopo pochi minuti dal loro avvistamento eccole drizzare la prua verso il Conte Rosso dall'una e dall'altra parte. Sono la MoTwambano e la -urtatone. Alle 8,55, di fronte a Venttmiglia, esse si accostano al transatlantico; poi, compiendo un agile giro a destra ed a sinistra della poppa, si mettono in linea. In questo momento i marinai d'Italia salgono di lancio sulla coperta e vi si schierano con la fronte rivolta alla nave. Il rito si compie nell'alta religiosità del cielo purissimo e per un attimo sembra che tutto intorno cada un profondo silenzio. Il mare ed il vento hanno disegnato un gorgo celeste saDmsimlucotuliaretscdstdacohcupeè msuilapsovleztostdtredpdi«ttftptstt1lpMDipbddSvlumrmRnltcsùsctqqdlqVcideale attorno al nostro morto,, eon- sacrato dalla gloria e dalla fede in Dio, che lo ha assistito fino all'ultimo istante, e dentro a questo gorgo si è spenta la voce delle cose. Tre minuti è durata la funzione del saluto marinaro; poi il sole ha dato come uno squillo metallico e la natura ha ripresa nella nostra sensibilità la sua canzone eterna, ed acqua aria luce hanno ricominciato il loro eterno giuoco di voci, di sospiri,- di schiocchi. I marinai si sono mossi dalla loro posizione di attenti, ed è stato come se si sciogliesse sulla tolda delle due cacciatorpediniere una corona di candidi fiori. L'omaggio dal cielo Ad un tratto quattro apparecchi hanno bucato il cielo; prima erano come quattro grani neri infilati su un raggio di sole; poi, a poco a poco, le belle ali d'Italia si sono di¬ stese vibrando nell'aria. Eccoti, Del Prete, i colori della Patria che tu hai portato fra le nubi e la serenità dei più lontani orizzonti; ed eccoti il Santa Maria dal quale De Pinedo ti saluta nella tua bara! Non ne puoi sentire la loro voce rotonda e metallica, che l'elica allarga nello spazio; ma la tua anima grande certamente volteggia ora più alta degli apparecchi, ad un'altezza non raggiunta che dalle preghiere della tua mamma e della gente d'Italia. Ferrarin, con Cesi, sono sul ponte. L'aviatore è come preso da un convulso, da un fremito. Egli alza le braccia come per una invocazione, e subitamente dall'alto si snoda una pioggia di fiori. Ora gli apparecchi — tre S. 59 e un tipo Santa Maria — rasentano le ciminiere del Conte Rosso. Qualcuno si alza dalla car¬ linga e saluta romanamente. E" subito individuato: oltre al casco spunta un pizzettino biondo, che allunga la forma del viso serrato nella cuffia di cuoio: è Italo Balbo, il Generale di Squadra aerea e Sottosegretario all'Aeronautica, che questa mattina si era fatto precedere da un radio affettuosissimo,- diretto a Ferrarin. Italo Balbo si sporge e le sue mani affidano allo spàzio due corone di alloro tempestate di placche lucenti: sono per Del Prete. I due simboli della gloria vengono raccolti a volo da Cesi e da Ferrarin. Altre corone si staccano dagli apparecchi, che se ne vanno per il cielo come piccole aiuole generose dei loro fiori. L'Eroe non avrebbe potuto avere un saluto più nobile, più significativo dalla Patria che lo attende. Una palma di bronzo I due caccia seguono da vicino la nave e il mare agitato spumeggia contro le prore sicure. D'appresso passa imponente la nave Duilio, di' retta in America e che alza la bandiera a mezz'asta. Genova è in vista e fra poco la salma riceverà l'omaggio della superba città. Un ufficiale a bordo passa frettolosamente sul ponte e raggiunge la camera ardente. Egli reca distesa sulle braccia una palma di bronzo, che a Villa' franca gli italiani della Costa Azzurra e del Principato di Monaco) hanno inviato per. il trasvolatora oceanico. Del Prete! In questo momento it piroscafo che ti ha portato con tanta nobile e austera devozione, si avvicina alle tue spiagge. ERNESTO QUADRONE,