La grande arteria commerciale tra l'Eritrea e l'Abissinia

La grande arteria commerciale tra l'Eritrea e l'Abissinia La grande arteria commerciale tra l'Eritrea e l'Abissinia 1 —— i Genesi della convenzione italo-etiopica Quattrocentocinquanta km. di strada camionabile fra il porto di Assab e l'altipiano nero (Nostra intervista con il Commissario Regionale delta Dancalia) I commenti fatti dalla stampa nazionale sulla « convenzione stradale » stipulata fra l'Italia e l'Etiopia non hanno dato, come non potevano dare, al pubblico, l'idea concreta di che cosa essa rappresenta considerata territorialmente nei riguardi della nostra Eritrea e dell'Abissinia e soprattutto non hanno offerto gran che di tangibile su ciò che sariPeffettivamente la costruenda strada la quale, partendo dal'a zona franca marina da noi concessa all'Impero nelle vicinanze immediate del porto di Assab e raggiungendo, dopo <450 Km. circa di percorso, le grandi montagne sovrastanti il cuore della Vecchia Etiopia, è destinata, come vedremo, a convogliare nella capitale dancala i tre quarti almeno del commercio abissino. E' quello che vorremmo far noi qui, valendoci non solo della nostra personale esperienza di conoscitori dell'Impero d'Abissinia, di percorritori delle sue strade e, sia detto senza presunzione, di persone che hanno vissuto a lungo la sua complessa multiforme ed originalissima vita, ma anche della fortunata combinazione di aver potuto conversare a lungo con il colonnello medico gr. uff. dott. Carlo Anarratone, attuale commissario regionale della Dancalia ad Assab, uno dei precursori e dei realizzatori più insigni della «convenzione». Presentare al lettore il colonnello Anarratone dovrebb'essere superfluo. Egli è fra gli africanisti più geniali, noti ed attivi che da trent'anni e più rappresentano una parte essenziale nelle relazioni fra Italia ed Etiopia. E' popolare in tutte lo contrade etiopiche come può esserlo un grande chirurgo e gode l'amicizia intima di tutti i grandi capi abissini a cominciare dall'imperatrice Zauditù e dal reggente Tafari Maconnen e finendo al più modesto fltaurari confinato nel meno conosciuto dei sotto-feudi. Anarratone ha percorso tutte le strade d'Abissinia, della montagna, del « quollà » (la valle), del deserto. Il suo nome in Etiopia vale il passaporto imperiale dal timbro di ceralacca largo dieci centimetri. Adorato dagli etiopi per il suo carattere eternamente gioviale, per la sua opera disinteressata ed eroica di chirurgo e di- medico in ogni dove dal campo di battaglia della guerra civile, dove egli accorse a prodigare la sua opera di scienziato e di filantropo, al villaggio dei lebbrosi, « yachim » Anarratone riceve da sette lustri le confidenze dei potenti e degli umili dell'inverosimile terra, e... utilizzandole naturalmente a massimo vantaggio del suo Paese. Vero personaggio romanzesco, è dotato d'una mobilità prodigiosa. Sapendolo di passaggio in Italia, siamo riusciti a raggiungerlo, a costringerlo suo -mal' grado a parlarci per un'ora e, va lendoci dell'antica amicizia cementata dai comuni avventurosi soggiorni nel cuore dell' Etiopia, gli abbiamo chiesto: — Dunque trionfi, non" è véro T II tuo sogno dancalo è realizzato ? . Una battaglia che dura da 25 anni — Sono contento, anzi dovrei dire felice, ma per carità non attribuirmi dei meriti che assolutamente non ho. Io non sono che un modestissimo gregario della grande battaglia che si combatte da 25 anni circa e che è stata vinta grazie all' altissima mente e all'irresistibile volontà del Duce anzitutto, che l'ha guidata personalmente, e dei suoi collaboratori principali: il gr. uff. Guariglia, capo dell'Ufficio Orientale agli Esteri, che fu apposta ad Addis Abeba per l'estensione e la discussione definitiva della « Convenzione »; il gr. uff. Gasperini, ex - governatore deli' Eritrea, e S. E. il comm. Cora, attuale ministro d'Italia alla Corte abissina. E' una triade di uomini che hanno veramente diritto alla riconoscenza nazionale. — Mi potresti tracciare rapidamente la genesi della « Convenzione » ? — Tu sai come l'aspirazione al mare degli imperatori discendenti in linea retta da Salomone sia sempre stata in cima dei loro desideri. Menelik lo ebbe acutissimo. Me lo disse personalmente. Sembaftva al vecchio Azziò che il possesso materiale di una zona franca marina suggellasse l'unificazione dell'Impero ch'egli aveva compiuto. I francesi, è bene notarlo, malgrado' nel corso di questi ultimi cinquant'anni non abbiano trascurato nulla per riuscire accetti allo Scioa, non hanno mai voluto dare all'Etiopia una zona franca nella baia di Gibuti. L'Abissinia non vi, bia nutrito un'idea concreta di offrire all' Abissinia una zona franca marina sulla costa eritrea in cambio di vantaggi notevolissimi per noi, fu Ferdinando Martini, all'epoca del suo viaggio ad Addis Abeba nel 1906. Ma le pretese di Menelik erano troppo onerose ed esagerate, e Martini non credette il caso di offrir nulla. In seguito, nel 19(19, essendo io rappresentante dell'Italia presso la Corte di Ras Micael, signore del Wollo Ciana, capitale Dessiè, cioè della regione fra Scioa e Tigre sull'altipia no più vicina ad Assab, riesumai la questione, prospettando al governatore Salvago Raggi il vivo desiderio dpi Ras di veder costruita una rotàbile Assab-Dessiè, che è poi quel la che verrà realizzata oggi. Erano i tempi nei quali il vecchio ma ancor vegeto primo luogotenente di Menelik, cioè Micael, padre dell'erede al trono Ligg Yasu, passava per essere il vassallo più forte dell'imperatore paralitico e semi-incnsriente, chiuso nel Ghebl della capitale scioana, in potere assoluto di Taitù. La sovrana che deteneva il potere supremo as serendo di essere l'interprete della volontà del Negus infermo, conside rava con ostilità i progetti di Mi cael, sembrandole che quando Dessiè sarebbe stata direttamente "e rapidamente congiunta al Mar Rosso, il Ras dei Wollo avrebbe avuto a sua disposizione un facile mezzo per superare con l'introduzione incontrollata di armi la potenza dell'Esarci to Bcioano, base positiva, in quel turbolento periodo di crisi, dell'autorità suprema eh' essa aveva in certo modo carpito e che la Reggenza non vnsdsezdNcqlcnlsdepfqvvncgdmèrsddpSadvrdlppnsvcditgrsRvcqtslcdpflsmcngsAsldcdnfinsmlmnadmpèpfsgvlcArcfsMtcpnsml■ ci ira.u — ■ — - -- , - j lia che dei depositi. II primo che ab-Kgipu voleva riconoscerle interamente. Inoltre il porto sulla costa dancala significava la quasi indipendenza dell'immensa regione dei Wollo che situata com'è a cavallo del Tigre e dello Sioa, comanda le comunicazioni carovaniere fra il nord e il sud dell'Etiopia e domina l'alta valle del Nilo azzurro e significava pure la compromissione fondamentale di quel complicato sistema commerciale della vecchissima terra etiope per cui tutte le merci d'importazione venute dal mare dovevano passare dalla capitale, la quale fungeva da distributrice generale alle Provincie di ogni manufatto europeo, stoffe ed armi in primo luogo e ne percepiva larghi diritti doganali. Per queste ragioni, la strada non fu fatta allora e dovette trascorrere quasi un ventennio perchè la convenzione stradale italo-etiopica divenisse un fatto compiuto. Essa fornisce del resto anche la più convincente prova che l'autorità del Reggente Tafari Maconnen, imperatore di fatto se non di nome dell'Etiopia moderna, è indiscussa, e^h'egli non è assillato, come i suoi' predecessori, Menelik compreso, dalla necessità interna di mantenere allo Scioa dei vantaggi speciali a detrimento delle altre regioni. Queste d'altra parte* non sono più di fronte allo Scioa nella condizione di potentati aspiranti più o meno all'indipendenza, ma formano delle vere Provincie in un sistema statale, sia pure arretrato, soprattutto a causa delle comunicazioni primitive dell'altipiano che subiscono una completa sospensione durante il lungo periodo delle pioggie equinoziali, non più rette da famiglie principesche ereditarie, ma da governatori veri e proprii, nominati dal potere centrale e quindi obbedienti ai suoi divisanti enti. Una ferrovia che non tiene la concorrenza — Ma, insomma, com'è stato che il Reggente Talari Maconnen è entrato decisamente nella strada degli accordi con noi? — Eran cinque anni che ne accarezzava l'idea. Bisogna tener presente che se la politica interna del Reggente si svolge attraverso le inevitabili difficoltà di cercar l'accordo con i maggiori capi, quella estera è quasi di sua personale ed unica pertinenzat Egli si preoccupava della scarsa libertà che le condizioni dell'impero chiuso frapponevano al commercio e in generale all'opera di modernizzazione delle genti etiopiche. Inoltre vedeva nella zona franca al mare un aumento notevolissimo delle risorse doganali. Fatto si è che nel dicembre 1923, essendo ministro d'Italia ad Addis Abeba il comm. Macchioro Vivalba e trovandomi io addetto a quella nostra Legazione, ebbi occasione di constatare, per conversazioni avute con il notissimo Gabre Sellassiè, antico capo di Adua e confidente del Reggente, con Taf ari Maconnen medesimo, con il ministro degli Esteri, Ato Sale, e con Uizerò Mennen, sposa di Tafari e nipote di Ligg Yasu, l'ex-imperatore, che la questione delle « convenzioni » con l'Italia, cioè che la speranza dei reggitori dell'impero di poter addivenire con noi ad accordi definitivi che modificassero profondamente la condizione dell'Etiopia nei riguardi delle sue comunicazioni marittime, era matura. Ho letto sui giornali che la strada di Assab è in certo qual modo considerata come una comunicazione, secondaria, non destinata a modificare gran che la funzione di quella ferroviaria di Gibuti che rimarrebbe sempre l'arteria principale dello Scioa, viceversa la prima è una comunicazione assolutamente « rivoluzionaria » che neutralizzerà probabilmente non solo la ferrovia francese, ma tutte le strade del nord sino al meridiano del lago Ascianghi. I francesi ne sono tanto convinti che vorrebbero precederci nella costruzione di una camionabile che congiungerà la stazione di Auasch. cioè il punto in cui la ferrovia di Gib4ti taglia il gran fiume con Batiè, la località sulla nostra futura strada, dove incomincia la salita della muraglia dell'altipiano. Ma da Assab a Batiè non vi sono che 480 chilometri, mentre, da Gibuti alla Auasch ne corrono ben 540, cosicché noi arriveremo alla Auasch più rapidamente dei francesi, perchè è inteso che la nostra strada non deve soltanto congiungere Dessiè con il mare dancalo, ma diramarsi da una parte verso Addis A ne ha passando per la Auasch, e dall'altra verso Gobbo, cioè al cuore dell'Yeggiu per servire e raccoglie ueii ickb'11 per servire e raccogne- K, ]e provenienze del Beghemeder orientale, di Sokota e dell'Ascia» ghi, — Ma la ferrovia francese non è in condizioni di gareggiare con le future camionabili? — Bisogna tener presente che il tipo di veicoli da noi adottati e che sono già in costruzione qui a To* rino (trattrice ad olio pesante e rimorchio, capaci di 100 quintali), hanno una velocità largamente dop pia dei convogli della vecchia fer rovia Gibuti-Addis Abeba. E' questa una linea precaria, di rendimento trascurabile, le peggio attrezzata di quante ne esistano nell'intero continente, qualche cosa di più di una Decauville, che solo il risveglio impresso all'Etiopia da Tafari Maconnen e la mancanza di altre comunicazioni più rapide è riuscita a rendere attiva in questi ultimi anni. Ma sarà un'attività di poca durata, poiché anche i francesi sanno benissimo clie le strade camionabili la soppianteranno sia come . costo di noli e di esercizio, come per rapidità. Fallite trattative con Inghilterra e Francia — Mi dicevi che ad Addis Abeba avevi avuto la sensazione che la Corte fosse impaziente di risolvere la questione dello sbocco marino con noi. — Sì, ma un'impazienza etiopica, cioè involuta di esitazioni, di complicazioni, di reticenze. Compresi insomma che la Corte teneva a bada anche i francesi e gli inglesi, cioè non escludeva la possibilità di concludere un accordo con I primi che assicurasse all'Etiopia un raccordo ferroviario partente da un punto a 20 chilometri al nord di Gibuti innes'tantesi poi sulla ferrovia o con i secondi ottenendo una zona franca a Zeila. Ma per Zeila gli inglesi domandavano concessioni speciali nell'Harrar che è l'occhio destro dell'impero e di cui Tafari, capo ereditario doll'Harrar (non dimenticare che il Reggente è figlio di Ras Maconnen, l'antico Negus dell'Harrar) è gelosissimo é in quanto al raccordo ferroviario nella Somalia francese, a Gibuti non se ne voleva sapere. Per fartela breve i sospiri attorno a me, il giorno che andai a. congedarmi dalla Corte, furono molti." Mi si disse che si contava sulla mia devozione per un gran favore a vantaggio dell'Etiopia senza determinarmelo con precisione. Ero già arjrivato a Gibuti per ritornare ad Assab, quando venni avvicinato da un influente cortigiano del Reggente che a bruciapelo quasi mi lanciò le parole : « Novantanove anni! ». Ciò in stile etiopico significava tutto, vale a dire traduceva la decisione della Corte di trattare cori noi sulla base di una concessione della durata di 99 anni ad Assab. Non tardai ad informare in Italia e all'Asinara chi di dovere ed ebbi la soddisfazione di constatare che tanto S. E. Federzoni come S. E. Gasperini consideravano la questione con benevolenza. Frattanto Tafari Maconnen veniva m Europa e a Parigi trovava la stampa francese ostile, e bisogna dire inispiegabilmente, alla zona franca a Gibuti è al raccordo ferroviarioNel passar la frontiera fra Francia e Italia il Reggente d'Etiopia dichiarava « che non si dava ragione dell'ostilità manifestata dai giornali parigini nei riguardi della legittima aspirazione dell'Impero ad ottenere un suo proprio sbocco marino e che se l'Italia gli avesse fatto una proposta in materia, l'avrebbe accettata con riconoscenza ». Queste esplicite parole furono quelle che determinarono la serie dei felici eventi susseguitisi senza interruzione dalla visita a Roma ùi Tafari, e dai suoi colloqui con il Duce, all'andata ad Addic Abeba del Duca degli Abruzzi. Nessuna parola saprebbe rendere l'entusiasmo sincerissimo, illimitato che sollevò la presenza nella capitale abissina dell'elettissimo Principe Sabaudo campione dell'Italia Imperiale, nella Corte e nel popolo. L'infaticabile Governatore Gasperini all'indomani dei suoi accordi con l'Imam dell'Yemen lo aveva preveduto, cioè sapeva che un avvenimento così eccezionale come la restituzione della visita di Tafari fatta da un Principe di tanto nome, avrebbe valso a rompere ogni indugio nei dubitosi, astrusi, complicati spiriti abissini. Poiché non bisogna dimenticare che c'era chi correva ai ripari, tanto da parte francese come da parte inglese... Insomma nel maggio del 1927 il trattato poteva dirsi, grazie a Gariglio e a Cora, concluso, tanto è vero che S. E. Gasperini mi domandò qual'era, secondo me, la zona di Assab più opportuna per la concessione ,del punto franco e il Reggente d'Etiopia riuniva ad Addis Abeba i grandi capi per comunicar loro che l'antica aspirazione degli imperatori etiopi dello sbocco al mare era realizzata. La zona franca e la strada — E questa zona dunque? — Tu ricordi la topografia di Assab. Dinanzi agli edifici del Commissariato si protende il molo ed il porto vecchio Al nord, lungo la costa, sorge il forte Giulietti e quindi il conglomerato della vecchia Assab dancala, al sud si stende la città nuova, specialmente araba. Dalla città nuova la costa disegna una larga curva all'estremità della quale sono stabilite le saline con il nUovo porto. La zona franca è situata fra la città araba ed il nuovo porto. E' meglio per ora non precisare le misure della zona. Non ti nascondo che si ebbero difficoltà per stabilire la formula della concessione e re- golare i particolari del funzionamento del porto franco. Opportunamente il Governo dell'Eritrea ha suggerito di adottare gli stessi articoli riferentisi alla concessione che rioi avevamo a Kisimaio prima della cessione inglese dell'Oltregiuba. Intanto Assab ha visto aumentare sino dal 1925 il suo traffico, che da due milioni di lire annue com'era per il passato è salito a quasi 30 milioni. La vicina Tagiura dove attraverso l'Aussa concorrevano e da dove partivano le carovane per l'altipiano è già stata completamente soppiantata da Assab. L'ombra del povero Sapeto deve esultare solo per i risultati che Assab ha ottenuti in questi anni. E non è ottimismo prevedere che quelli del prossimo avvenire, quando vi sarà la strada, saranno magnifici. — A proposito, potresti darmi una idea del tracciato di questa strada, della nuova? — La strada da Assah sino al confine etiopico (Hela, che significa acqua) esiste già. E' lunga esattamente 5-4 chilometri e 300 metri e percorribile dagli autoveicoli. Ad Hela abbiamo un posto militare. La Società italo-etiopica che continuerà la strada extra confine, si propone in un primo tempo di rinunciare ad ogni genere di lavoro difficile e costoso (opere d'arte, ponti, ecc.) per renderla realizzabile nel più breve tempo possibile, soprattutto nella considerazione che il tracciamento puro e semplice della camionabile sino a Batiè, permetterà di servirsene per nove mesi sui dodici dell'anno, cioè per tutto l'anno eccettuata la stagione delle pioggie, durante la quale, come tu sai, la vita commerciale dell'impero sull'altipiano si arresta completamente, a cagione dei fiumi» divenuti inguadabili e delle strade mulattiere trasformate in correnti. Del resto di opera d'arte importante sui 480 chilometri da Assab a Batiè, non c'è che il pon-te sul Millet, affluente della Auasch. Calcolo che la spesa, senza il ponte, non supererà il mezzo milione di lire, poiché la mano d'opera si trova sul posto essendo fornita dai dancali già avvezzi a lavorare alle saline di Assab. Essi trovano questo lavoro molto penoso, quello della strada sarà in paragone assai leggero. Noi dobbiamo esser larghi di aiuti agli etiopi nella costruzione del primo tronco sino a Batiè cioè ai piedi della catena marginale dell'altipiano, poiché abbiamo tutto l'interesse che gli abissini constati no il vantaggio enorme di vedersi camions arrivare a 75 chilometri da Dessiè, che tanta è la distanza fra Battio e la capitale dei Wollo GallaLe ricchezze dell'AlISSa Una* spedizione esplorativa La strada diretta, prima di raggiungere la cosidetta regione deQuattro laghi, cioè l'Aussa, dove imassimo fiume d'Etiopia, l'Auaschsi getta ò meglio impaluda, deve attraversare un'nspra regione perfettamente desertica, chiamata Mandaa cento chilometri da Assab, dove sdispiega il grandioso e desolato paesaggio costiero dancalo con U sue montagne nere fulminate dal solesulle quali non alligna il più piccolo arbusto, ma si tratta di un tratto relativamente breve che le vetture potranno superare irr qualche oradopo di che c'è l'Aussa che la strada però costeggerà appena, senza penetrarla. L'Aussa, assai poco conosciuta dagli europei è di una fertilità e di una ricchezza di armenti notevolissime. Ricorderai che sino a qualche anno fa l'Aussa era sotto la signoria di un sultano semindipendente che faceva un attivo commercio di schiavi provenienti da Tagiura. Ras Cabhedè, l'antico capo dei Wollo sull'altipiano, per ordine di Tafari, tentò con nna spedizione di diecimila uomini di ridurre all'obbedienza il sultano dellAussa, ma la spedizione si risolse in un disastro a cagione del sole omicida della bassura che uccise una quantità di montanari wollo non avvezzi al clima del deserto e uno dei loro maggiori capi. Ma og"il nuovo sultano dell'Aussa è sotto il controllo del deggiac Abbebhè, imparentato con la famiglia imperiaìf',,9Mf1st!ultimo' dal ciglio orientale dell altipiano dov'è stabilito, è nelle condizioni migliori per rintuzzare ogni possibilità di offese al traffico della strada da parte del sultano che certo non vede di buon occhio la novità della strada la quale porterà fatalmente alla conoscenza completa dell'Aussa, al suo sfruttamentoto ilw6 Lostra e alla «ne completa del traffico schiavistico. L'Aussa m 3^°' non ??ve avere Più di 20 o fi wìi aibltantl i.quindi una forza di fucili trascurabile di fronte aglabissini. Per quel che mi riguarda posso dirti che gli aussa m/hanno recentemente fatto atto completo d° sottomissione, succhiandomi; com'è loro costume, il pollice destro ..— Ho sentito parlare di una spedizione italiana capitanata dal barone Franchetti e composta di diec italiani che da Assab sta per awen turarsi verso l'altipiano fu direzio ne di Cobbò cioè delle regioni a unPisa?DeSSÌè- Che ^ Per quello che della spedizione Franche», si riferisce alla strada dcui stiamo parlando, ti dirò che forse quella che la spedizione stessa seguirà da Assab sino a Beilul sulla costa (una cinquantina chilome tiri) e quindi da Beilul sull'altipiano 'a Cobbò (360 chilometri) evitando la brutta regione del Manda assaaccidentata e come accennai assolutamente desertica, potrebbe neprimo tratto, sino a monte Ueima costituire la futura strada, la quale tuttavia deve sempre raggiungere Quattro Laghi se vuole arrivare a Batiè e di qui gettarsi verso Dessiè da una parte e verso Addis Abeba dall'altra. In ogni modo la spedizione Franchetti attraversando la regione dove fu ucciso il povero Bianchi, soggiornando fra i nomadi dancali fra il Birù e il piede dell'altpiano sotto Cobbò, non farà che confermare che anche tutto il commeciò montano che s'aduna oggi nellconca di Uoldlà, deve tendere irresistibilmente verso Assab. Se a que sto aggiungi il traffico che scenderà direttamente dai Wollo Galla e pure escludendo quello che potrà concorrere da Addis Abeba a Ancober, si può calcolare che le nostre recentissime convenzioni con l'Etiopia assicurano ad Assab lo sbocco di almeno un terzo dell'intera popolazione abissina (12 milioni). — E il petrolio dancalo? — Il petrolio dancalo c'è e probabilmente la spedizione Franchctti ne determinerà con maggior precisione l'ubicazione dei giacimenti. L'assalk all'altipiano — Non mi hai parlato della strada per il tratto veramente montano da Batiè a Dessiè... — Sono territori che hai percorso anche tu con le zampe del tuo muletto, se non con le tue gambe, e quindi saprai ricordare che gli ultimi 1500 metri di salita verso l'altipiano saranno per la futura strada abbastanza ardui poiché la parete dell'acrocoro abissino strapiomba quasi a picco sul « quolla », vale a dire sulla regione pedemontana. Il ciglio dell'altipiano ad oriente del lago Aie, di Borumieda e di Dassiè, raggiunge quasi i 3000 metri d'altezza, che la strada dovrà superare attraverso uno dei paesaggi più incantevoli d'Etiopia, di clima paragonabile a quello delle nostre valli alpine, coperto di dense foreste di conifere e disseminato di azzurri specchi di laghi. Il principale di essi è precisamente il lago Aie, vicinissimo a Borumieda, provvisto anch'esso dell'inevitabile isoletta dove sorge un convento che accoglie i visitatori che attraversane il lago, con il suono delle pietre canore che fan l'ufficio di campane... — Tu vorrai perdonarmi se in grazia dei nostri* comuni indimenticabi4 li ricordi etiopici, ho abusato al quanto della tua pazienza. Ma sarò discreto, non dirò che la quinta parte di quello lche mi hai \ccontato E ora quali sono i tuoi progetti africani? Poiché vedo che malgrado i tuoi sei o sette lustri d'Abissinia sei forte come una quercia e entusiasta come un novellino... Si vede che sei piemontese... — Vorrei tornare laggiù. Tu sai il fascino dell'Etiopia... La mia missione ad Assab finisce a novembre poiché devo passar generale e la carica di Commissario della Dancalia è incompatibile con il nuovo grado. Guardo ad Addis Abeba come alla mòta definitiva e dove in quell'inestricabile vetusto mondo che con dolore si sta strappando al suo ve nerabile millenario passato, per andare incontro ad un avvenire certamente migliore di pace e di progresso, mi sentirei perfettamente al mio posto... ARNALDO CIPOLLA. L.T5A