Tutta l'Italia oggi in Bolzano italiana

Tutta l'Italia oggi in Bolzano italiana Tutta l'Italia oggi in Bolzano italiana Il monumenti della Vittoria che il Re inaugura stamani -(DAL MOSTRO INVIATO)- Bolzano 11 notte. Ho-provato scritto teina guida: '«L'irradiazione diretta «i raggi solari e dell'aria tranqujla sono proprietà privilegiata deH conca montana dove si trovano Bolzano e la cima Gries ». 7 Per ciò che riguada la giornata di oggi, convengo c/e la guida non potrebbe essere più/Veridica ed esatta. Uno smagliale splendore si spandeva oggi dil nitido azzurro sui dorsi alpestri e boscosi dei monti, inondava le /erdeggianti e floride conche, dove/e acque del Talfera confluiscono coi quelle dell'Isarco ed ivi tutta 1? conca attraversa da greco a libeccio per mettere foce nel grande Adiga E l'aria era veramente . tranquilla di una limpidità cristallina e (Tuasi di una sopita dolcezza primaverile, sicché in tanto fragore risaltavano più vivi i tre colorì di cui Bolzano si andava vestendo nel prepararsi alla solenne sagra di domali; ed i drappi delle bandiere ai balconi ed alle finestre ed i labàri te'vetta a sottili antenne; e gli ondanti festoni lungo le facciate delle'.case ed. attraverso le vie, erano t mòssi da un flato di brezza, appena di tanto che potessero piegarsi e lentamente sventolare. Dall'alto dello svelto ed aguzzo campanile della gotica cattedrale il suono delle ore cadeva ritmico e grave sul fervore di vita e di operosità, negli apparecchi 'della cerimonia e sul gaio tumulto di popolo, che animava insolitamente le piazze solatie, le vie tortuose ed 1 corsi alberati. E Walter von der Vogeliveide, dal marmo in cui lo scolpila Ernesto Natter, ritto in mezzo alla piazza centrale della città, ora ribattezzata còl nome del Re Vittorioso, contemplando tanta gente affaccendata ad adornare ed imbandierare gli edifici circostanti, alzare ségni scintillanti ed intrecciare ghirlande di verde, ed ammirando tanto nuova e prorompente giocondità, tanta diffusa festosità, pareva melanconico soltanto perchè il suo liuto di Minnesinger essendo anch'esso di marmo non poteva unise l'antico e patètico suono alle fanfare marziali, che di tempo in tempo destavano col loro squilli vibranti tntti gli echi intorno. Angusta epopea Ma il rito di cui per domani, a fieatfoQi così late e prof ond», con portata e, quasi dirai, proie' _ storico di cosi piena gloria, che supererebbe da sè, io crèdo, la mirabile musa dèi celebrato troviero. E, cori-questo, sottintendo che tanto più supererà anche la necessariamente frettolosa prosa del cronista. Ma forse a questo basta, per rendere al lettore l'impressione del fatto, basta ricordare alcune circostanze che di 'per se stesse, senza bisogno di alcun commento e meno ancora di retorica, di per sè sole dicono tutto: la grandiosità della sagra e le sue eroi Che significazioni. Ecco. Durando ancora la guerra e precisamente dopo la loro vittoria di Capo retto e l'invasione delle prò yincie venete, gli austriaci deliberarono d'erigere a Bolgano un monumento che, nella tipica figura del Kaiser Jaeger, celebrerebbe insieme le sforzo della « strare exspedition » degli anni precedenti, pure conclusasi con tanto insuccesso, e quella che essi giudicavano la buona rivincita', e cioè appunto Caporetto e l'invasione del Veneto orientale) e settentrionale, e quella ch'essi vagheggiavano, cioè la marcia Anale nella padania te la conclusione della guerra col trionfò degli 'Imperi Centrali, e l'imposizione del jfibgo teutonico ai vinti. Tutto ciò sembrava ad essi abbastanza sicuro e prossimo, perchè nel frattempo, nell'attesa che gli avvenimenti maturassero in siffatta guisa, si potesse intanto cominciare a mettere le fondamenta del monumen to, poi ad ammucchiare pietra su pietra, fino a tirare su un torrioncejlo grosso e tozzo, che-io veramenr te non so, se fosse cresciuto, come sarebbe poi terminato. À giudicare da ciò che trovammo, ossia dal punto a cui il monumento' era rimasto quando noi occupammo Bolzano; non si può presumere che l'arte abbia perduto gran che per questo mancato monumento. Perchè il< buon Dio, i. fanti del Grappa e del Piave e quelli poi-ai Vittorio Veneto, come tutti sappiamo, disposero altrimenti. Al Grappa e.al Piave, nói prodigioso giugno del Ì018, si infranse e.si annullò il disperato tentativo degli austriaci; e quattro mesi dopo — ricordate — « i resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mon do risalgono 'in disordine e senaa speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza... ». Per questi valli' noi li incalzammo, le baionette alle reni. Basta! Giungendo qua, a Bolzano, trovammo il già famoso monumento,, al punto cui accennavo. E aveva aspetto assai più di una rovina antica che non dj una costruzione appena intrapresa. Ideato dalla tracotanza del nemico a simboleggiare la propria vittoria, rappresentava invece con Una evidenza impressionante l'opposta realtà: il crollo rappresentava della duplice monarchia, irrimediabile rovina dell'impero absburgico. Eppure, quelle pietre, nella loro asprezza e pesantezza, a noi. soldati vincitori, apparvero degne di onore, segnato pure nella loro grossolanità, da qualche cosa che ce le rendeva sacre c mirande: pensavamo die esse, èrano sovrapposte l'una all'altra e l'una all'altra cementate dallo sfortunato ardimento e dal sangue sparso da altri soldati, i bravi soldati clic per tre anni e mezzo di guerra, con alterna vicenda, ci erano stati duramente a fronte, ci aveEftno contesa aspramente l'avanzata, avevano fino all'ultimo, fino all'ultimo giorno della loro disfatta ultima, combattuto con disciplina tenace e con valore. E le rispettammo, quelle povere pietre. Pensammo anche che esse testimoniavano delle fatalità della storia. Cosi, proprio la fatalità della storia interpretata, nel fatto che su quello stesso basamento, su quelle pietre stesse del mancato monumento della vittoria austriaca, il Governo Nazionale decretò di erigere, in Bolzano italiana, il monumento ai nostri Caduti, ai nostri Martiri e alla nostra Vittoria. I tre Martiri La prima pietra fu posta precisamente due anni fa, il 12 luglio del 1926, inaugurandosi à Bolzano il IV Congresso dei Mutilati. E domani, alla presenza del Re e dei Principi Reali, già Comandanti di grandi unità terrestri e navali in guerra, e dei rappresentanti del Governo, del Parlamento, delle Forze armate, dei Combattenti, dei Mutilati, del Nastro Azzurro, del Partito Fascista, di tutte le autorità e di tutte le forze vive e operanti della Nazione, il monumento sarà consacrato. Domani, nell'anno X della Vitto ria, nel giorno stesso del XII anni versarlo del martirio di Cesare Bat tisti e di Fabio Finzi (l'altro marti re tridentino, Damiano Chiesa era stato fucilato qualche giorno prima), domani anche i Combattenti inaugureranno a Bolzano il loro V Congresso. Tale insieme di circostanze concorre a rendere la giornata bolzanese di domani specialmente, superbamente solenne e augurale. Aggiungete ancora alle circostanze già dette, il luogo: questo massimo centro dell'Alto Adige, per cui tuttavia, di tempo in tempo, risuonano, di oltre il giusto e vigilato confine; voci altrettanto infami quanto ridicole, di non si saprebbe quali rivendicazioni e di cui,' evidentemente arretrati con la storia, si'pretenderebbe parlare come di terra da noi conquistata, invece che di terra da noi liberata e sacrosantamente riconquistata alla Patria. Ma tutto si compie veramente come era prescritto, come i fati do: vevano alla buona causa italiana. E i;trb Martiri tridentini, i cui busti sono collocati nell'interno del mo nel sacrario aperto trai le rjrffltntetafano domani, furi aretgfanti, .. ricontemplando, il» del rito, ttvo e splendente il To«0. polla Patria, che essi hanno auspicata, Che.essi hanno preparate e voluta vittoriosa e grande; lo «contempleranno quei volto, sotto questo loro; e nostro cielo, tra la superba giostra di questi loro e nostri, monti, uno e invitto come già ad essi certo arrise nell'ora tragica e sublime del martirio, nella fosca fossa del Castello del Buon Consiglio, in Trento, davanti al plotone di esecuzione, o davanti alle austriache forche. Il Monumento ideato da Mussolini Non so se sia noto. Il monumento fu concepito personalmente da Benito Mussolini, il quale su un foglio di carta ne fissò la sagoma e le li nee principali. Ed egli personalmen^ te affidò lo sviluppo e l'esecuzione di quel suo progetto d'insieme all'ar chitetto Marcello Piacentini, scegliendo anche i collaboratori di questi: gli scultori Libero1 Andreotti, Pietro Canonica, Arturo Dazzi e Adolfo Wildt, e il pittore Guido Ca dorin. L'opera sorge sulla riva destra del Talvera, sul prolungamento dell'asse del ponte che valica il fiume, al tacciando Bolzano alla contigua Gries. E' una imponente mole di sasso, in forma di tempio quadrato, aperto dalle due facciate e chiuso ai lati. Quattordici colonne, costituite dalla stilizzazione del'Fascio littorio, erette- su di un poderoso zoccolo, reg gonp il tetto, eccelso fastigio delimitato tra due cornici. Nell'interno del tempio, al centro, grandeggia l'ara. Ai lati sono i busti dei tre. martiri : quello di Battisti a destra, quelli di Chiesa e di Filzi a sinistra. L'impressione prima del superbo monumento è, còme già accennavo, di imponenza : l'impressione stessa che danno i monumenti di Roma imperiale. Ma venendo1 all'esame dei particolari,' si rileva .una finezza, una leggiadria di arte, che fanno ricordare il nòstro Rinascimento, è, insieme, una audacia di modernità, |>tutto un gusto e una felice volontà d'innovamento. Taluno, contemplando quest'opera, tentando penetrarne e dichiararne lo stile, si è già poste le domande: gotico? ionico? ricordi dèlfici'? ò ateniesi?; ed ha affermato, concludendo, che l'architetto con questa opera, veramente stupenda, per certi riguardi nuovissima, e insieme per altri riguardi definita, ha addirittura creato 4in nuovo ordine architettonico: l'ordine Littorio, « che passerà accanto al dorico, allo ionico, al corinzio, che parlerà al mondo — odierno e avvenire — della rinàscita italiana ». Credo per.parte mia di dovere sottoscrivere a questo giudizio. Per .parte mia questo monumento dedicato ai nostri Caduti nella grande truer ra, esprime, come più potentemente non saprei immaginare, la vittoriosa rinascita dell'Italia del dopoguerra, dell'Italia mussoliniana e fasci sta. E iion tanto per i simboli .del Littorio, divenuti gli elementi architetturali adeguati e perfetti, quanto per il senso che da esso spira, di compósta austerità, di religiosità guerriera, di grandiosità augusta. Sul fastigio della fronte del tempio la Vittoria alata, scolpita dal Dazzi, tende l'arco verso il confine delle Alpi e sotto è la scritta: stHic Patriae fines. Siste tigna Rine ecleros. Excoluimus lingua legibus artibus ». Forse meglio che « Ceteros », avremmo voluto leggere « Barbaros ». che sarebbe stato tanto più latino, anzi più romano. Ma si è voluto essere cortesi, con quelli di là. Anche questa cortesia italiana è antica e nuova. Sui due lati, sempre nel fastigio, due scritte ricordano il Re Vittorioso e il Duce fascista. Il fastigio nella facciata posteriore è decorato dei tre medaglioni scolpiti dal Canonica e reca la scritta: « In honorem et memoriam fortissimorum virorum qui justis armi» strenue pugnante! hanc patriam sanguine suo paraverunt itali omnes aer coll. ». Nell'interno del tempio l'ara di porfido sanguigno, con la statua in bronzò del Cristo risorto, e con un altorilievo pure in bronzo nella fac ciata posteriore, è opera dell'Andreotti, lo scultore del monumento alla Madre Italiana in Santa Croce a Firenze; e i busti dei tre Martiri sono opera mirabile del Wildt. Sotto il tempio si apre una cripta, cui si accede dalla parte posteriore del monumento, per una anticripta e tre porte di bronzo. La cripta è una sala nuda con la volta a botte, e sulle due maggiori pareti le scritte: « Dulce et decorum est prò Patria mori » e « Optima haereditas gloria virtutis rerumquegestarumn. Nelle lunette, formate nelle due minori pareti dagli archi della voi ta, il pittore Cadorin ha affrescato due figurazioni rappresentanti una la « Custode della storia » e l'altra la «Custode dell'Amore Patrio ». L'urna con la terra del martirio In questa cripta, con arte severa, è stata stasera recata e deposta la urna di bronzo che contiene la terra del martirio: la terra della fossa del Castello del Buon Coniglio, quella che bagnò del suo sangue il fucilato Damiano Chiesa, quella che mancò sotto i piedi di Battisti e di Filzi quando il boia tirò il capestro; Era l'ora del vespro. Dalle chiese sparse dei monti circostanti, onde sempre più lunghe cadevano le om bre, e che, dalla opposta banda, in doravano degli ultimi raggi del sole, dai, campanili, che si appuntivano blancjvi Jra. tt yèrde, giùngeva qualche suòno di campana, dell'Ave' teWrW'^*''*»- ralla coperta del tricolore, a spalla, dai soldati alpini del . battaglione Trento, passò tra fitte ali di popolo, salutata romanamente. Nell'atto che varcava la soglia della cripta, la fanfara militare intonò l'inno « Giovinezza » e fu comandato l'« alza bandiera ». Sui due pili veneziani, eretti davanti al monumento, salirono per la prima volta le bandiere, piegandosi il drappo frusciante, coi tre colori, nella serenità limpida del cielo. MARIO BASSI