I nazionalisti a Pechino

I nazionalisti a Pechino I nazionalisti a Pechino e o a o i e e o a i n a PECHINO, giugno. L'otto giugno passerà nella storia cinese come il giorno In cui, coll'emtrata delle truppe nazionaliste a Pechino, la rivoluzione fu virtualmente compiuta. Quello che si prevedeva è avvenuto, e con una drammaticità impressionante! Chang Tso-Lin, che fino a pochi giorni prima della sua partenza assicurava i Ministri esteri di non aver alcuna idea di abbandonare Pechino, dovette piegarsi all'evidenza, quando cioè seppe che anche nelle truppe della terza e quarta armata manciuriana — ritenute le migliori, e comandate da suo figlio, il «giovane Maresciallo» — lo spirito combattivo era scomparso, e non si chiedeva altro che di c tornare a casa » I Bisogna però, ad once del vero, dire che Chang Tso-Lin, a differenza dei suoi numerosi predecessori che a Pechino signoreggiarono, e che avevano effettuata la loro partenza di nascosto, volle invece ricevere il Corpo Diplomatico congedandosi nelle dovute forme, e non scappò. Cosi II «Dittatore», come lo chiamavano i giornali esteri di Pechino, capi l'avvertimento « paterno » datogli dal Giappone, e si avviò nuovamente verso le pianure manciuriane di dove era venuto quasi due anni or sono coll'idea di unificare la Cina colla potenza del suo esercito. L'osservatore imparziale deve riconoscere a Chang Tso-Lin il merito d'aver fatto la guerra al bolscevismo in Cina; e se anche fu poi costretto a ritirarsi, pressato dalla forza degli avvenimenti, è certo che, solo dopo la sua viva campagna, il Sud ha iniziato la lotta contro il bolscevismo. L'arrivo delle truppe nazionaliste, e propriamente di quelle dello Shansi, che sono entrate il giorno otto nella Capitale, segna la fine di antichi regimi basati sul predominio di una sola persona. E questa città, che fu muta spettatrice del succedersi di Sovrani dispotici e Presidenti di Repubblica più autoritarii degli Imperatori, ha salutato alla stessa maniera l'arrivo dei soldati nazionalisti colle loro bandiere a fondo rosso e il sole bianco a raggi. Fu cosi compita la famosa spedizione contro il Nord, predicata da tanti anni e mai portata a compimento da Sun Yat-Sen, che mori prima di vederla iniziata. Non è qui il caso- di ricordare la parte che questo ardente patriota prese alla caduta della monarchia mancese; ma è certo che egli passerà almeno tra la maggioranza dei giovani cinesi come l'uomo che colla sua tenace idea riuscì a formare intorno a sé un partito pieno di spiriti innovatori e come esponente del disinteressato patriot»! 'mo. Alla storia decidere sui meriti reali di questo grande agitatore, e specialmente ai suoi seguaci — ora che sono al potere — di fare in modo che i precetti da lui enunciati siano messi in pratica. Questo è quanto i veri amici di questo povero Paese si augurano. La spedizione nazionalista contro il Noni cominciò due anni or sono, quando Chiang Kai-Shih, con rapidità fulminea ed assistito dai russi, conquistò i territori che da Canton vanno a Nanchino dove nella primavera dell'anno scorso fu stabilita la sede del Governo nazionalista. Pareva allora che Chiang dovesse arrivare sino a Pechino, ma invece, per dissensi fra i diversi Capi del partito la marcia vittoriosa verso lo Shantung fu fermata dal generale nordista Sun Chuang-Fang che per poco non riprese Nanchino. D'allora comincia un periodo d'incertezza dovuta a molte ragioni, fra le quali la lotta fra l'elemento sano del partito nazionalista e quello comunista che con varie vicende continuava ad affermarsi ad Hankow e nella Provincia dell'Hunan. Questo conflitto portò Di ritiro di Chiang Kai-Shih, e solo al suo ritorno in scena, seguito dalla partecipazione attiva di Yen Hsi-Shan, come dalla ricomparsa di Fèng YùHsiang e delle sue numerose truppe, la spedizione contro Pechino — 0 meglio contro Chang Tso-Lin — fu ripresa con maggiore vigore, e portò, dopo varie vicende, al ritiro delle truppe manciuriane dalla Capitale. Pechino ch'era stata senza ragione indicata come il teatro di una lotta sanguinosa, vide invece l'otto giugno uscire da una porta della città l'ultima brigata delle truppe di ChangTso-Lin, rimasta per la tutela dell'ordine. E nello stesso tempo dalla porta opposta entrarono le truppe dello Shansi. Queste, a dire il vero, parevano un'accozzaglia di gente la più eterogenea. Accanto a vecchi erano del ragazzi, e l'insieme non era certo fatto per incutere paura. Ricordo che mentre ero anche io sulla strada principale per osservare la sfilata di queste truppe, dei cinesi ch'erano accanto a me e che non imaginavano comprendessi la loro lingua, nel vedere passare queila folla di soldati, in disordine, sporchi, male armati e senza quasi un ufficiale, dissero : « Certamente i forestieri che vedono soldati simili non possono che ridere 1 ». Questa b la vox populi e la riporto, ma debbo aggiungere, per la verità, che dacché quei soldati della Shansi sono a Pechino non si è verificato alcun atto di disordine. Cosi quei poveri spldati hanno dimostrato, almeno finora, di essere migliori di quello che Tappa renza dimostrava. Coll'entrata delle truppe nazionaliste nella capitale del nord si dovrebbe avere un periodo di tregua e ce lo auguriamo di cuore, sperando che sia lungo. Pe» fortuna l'attrito che correva voce esistesse fra YenrHsi-Shan e FengYu-Hsiang finora non si è manifestato ed è possibile non si manifesti più. E questa possibilità dipende dal fatto che era già previamente stabilito che Yen oltre a mantenere la sua posizione nello Shansi, fosse il comandante militare di Pechino e Tientsin. — I nazionalisti — mi dichiarava ieri (ncnlrulcecpvprcsprqq«CPnfrieEtnsvdipssriscssiGrarmrdapsan uno del loro leaders a Pechino — a differenza degli altri non hanno sete di potere, nè vogliono accentrare nelle mani di una sola persona il potere, perchè la storia della Repubblica dimostra che questa è stata forse la causa più importante delle nostro sventure. Data l'attuale costituzione del Governo nazionalista l'accentramento non è più possibile. E bisogna riconoscere che in questo ragionamento vi è del buono, e che esso risponde alla realtà. Lo stesso Chlang-Ksi-Shih, ch'era il comandante supremo della spedizione nordista, e che ora ha dato le dimissioni da questa carica perchè — secondo lui — la rivoluzione è compiuta, non ha in fondo l'autorità che si credeva avesse, e deve sottostare alle decisioni df un Comitato esecutivo che è abbastanza numeroso e che non è composto solo di militari. Questa organizzazione del Governo nazionalista, per quanto sotto certi aspetti sia un male, perchè ad esempio, non è sempre agevole prendere delle decisioni che a volte dovrebbero essere immediate, d'altra parta ò una garanzia che non si possa verificare la supremazia di una sola persona. La scelta poi di Yen-Hst-Shan come comandante delle truppe di Pechino e Tientsin non dimostra altro che l'idea da parte del Governo nazionalista di non allarmare le Potenze che ritengono Feng-Yu-Tsteng rosseggiante quantunque egli abbia scritto ai comandanti esteri di Tientsin smentendo la voce che egli sia comuniste. A Pechino sarà costituita una sezione del Governo di Nanchino, della quale farà parte certamente Yen-Hsi Shan, e forse Feng-Yu-Hsiang; ma come Chiang-Kai-Sheh non domina il Governo di Nanchino cosi nè Yen. r* Feng saranno arbitri del Governo qui stabilito. Forse a questa maniera si potranno evitare molti contrasti Del resto Yen-Hsi-Shan lo ha già detto chiaramente. L'esperienza dei diciassette anni {rascorsi ha provato che non era buona politica quella di affidare il Governo esclusivamente a dei militari, soprattutto Comandanti di numerose truppe. Ora ohe la rivoluzione sembra finita e che le truppe nazionaliste sono entrate a Pechino è necessario che «netta qui « cedami arma toga» ». Ma sarà proprio così? Pare certo, per le dichiarazioni tatto da membri di quel Governo, che te capitate della « Repubblica fiorita > rimarrà a Nanchino; e si ripete ora quello ohe si diceva diciassette wmrt or sono, quando fu fondato il regime repubblicano. Si voleva a&ora togliere la capitale da Pechino, perchè questa città è «Infetta» e in essa vivo la tradizione dei vecchi regimi e del mandarinato. ' La lotta fu viva e lo stesso YuanShih-Kai, ch'era stato eletto Presidente Provvisorio dopo il ritiro di SnnYat- Sen — che lo fece anche perchè Yuan « passasse all'altra sponda.» —. avrebbe dovuto recarsi alia capitale che — come ora — era a Nanchino. Yuan invoco non vi andò per motti motivi che sarebbe lungo raccontare: ma pure in quell'epoca si cominciò te campagna che è ora iniziata per 3 trasferimento della capitale. Si ripetono gli stessi paroloni vuoti di senso, perchè la corruzkvrue dipende dalla specie di Governo e non eerto dai monumenti storici che sono a Pechino. Vi è poi una ragione che consiglia di lasciare la capitale della Cina riuniflcata a Pechino, e questa ragione è di notevole Importanza. Il disinteressarsi in parte del Nord — come sarebbe se la capitale fosse stabilita a Nanchino — darebbe maggiore facilità, al nemici dei nazionalisti d'intrigare colà. Ora i nemici dei nazionalisti sono ridotti a pochi, ma dietro di essi vi è una mano potente — dicono-1 nazionaisti, e non sappiamo sa sia proprio esatto — ed è il Giappone che ha manifestato negli ultimi masi delle mira che prima non osava completamento enunciare. Per vigilare questi «nemici » e per le altre considerazioni sopra accennate non crediamo che U Governo tolga la capitale da Pechino. E' probabile quindi che si abbia un periodo di transizione, e che per ora la capitale resti a Nanchino fino a ohe sarà convocata un'Assemblea che dorrà decidere di tutu i problemi della . ricostruzione nazionale; e durante questo tempo 1 ministri esteri faranno qualche viaggio a Nanchino per prender contatto » con quel Governo. Come decisione finale siamo d'Idea che Pechino — che ora è piena di bandiere nazionaliste, con uno sfoggio tale che arebbe davvero credere alla popolarità del nuovo regime — continuerà ad ssere la capitale della Cina unificata. E cosi questa città, dopo di aver subio il dominio di dinastie mongole ciesi e mancesi, assisterà anche al conolidamento della Repubblica. La responsabilità assunta dal Goerno nazionalista è enorme: esso ha ichiarato di essere sempre pronto ad nchinarsi dinanzi alla volontà del popolo e di governare con esso e per eso. Si annunzia che si farà guerra pietata al comunismo, che si sbandeanno le truppe superflue, che non si mporranno balzelli onerosi, ecc. Ma oprattutto si afferma con volontà reisa che non saranno permesse dimotrazioni inutili e pericolose e che non arà il volere di una persona che si mporrà nel decidere la politica del Governo. Auguriamoci che ciò si avvei, ed il risultato sarà che la Cina vrà finalmente quella pace che meita, daja l'indole tranquilla della maggioranza della popolazione. Alloa — come conseguenza logica le iverse Nazioni non avranno interesse lcuno a mantenere delle truppe in un aese che dimostrerà coi fatti di oservare l'ordine e tutelare le vite e gli veri dei numerosi stranieri. Ma riuscirà il Governo nazionalista ell'arduo compito? L. N. DI GIURA, .