Confronti negativi con il bandito Peotta

Confronti negativi con il bandito Peotta Confronti negativi con il bandito Peotta | Nessuno riconosce in lui l'uomo fermatosi all'osteria di l iTorreberretti prima dell'assassinio dei due carabinieri r Milano, 10, .notte. Pochi sano coloro che la sefa del 18 Klugno 1926 videro nella trattoria Roma Idi Torre berretti la truce comitiva che In quella notte, sullo stradale che confluce a Mede LomeUina, trucidò i oadabin-ieri Vincenzo Terzane e France6cc Bell inzona. I quattro assassini erano giunti da Milano alle 21. Fecero a piedi 1 mille metri che dalla stazione conducono alla trattoria Roma; vi entrarono e presero posto ad imi tavolo, appoggiando per terra una valigetta <U fibra vulcanizzata nella quale — cotte poi si scopri — erano custoditi 1 ferri destinali a facilitare l'impresa ladresca verso cui si suppose fossero ifllretti: lo sventramento della cassaforte della succursale di Mede della Banca Popolare dd Novara. Attraversato il giardinetto che è davanti alla trattoria, la losca comitiva entrò nella Gaietta principale. A quell'ora gli avventori del luogo erano scarsi. Ai quattro olienti forestieri si presentò la signorina Carolina Brignoli, una delle figlie dell'oste Pietro Brignoli, alla Ijuale essi chiesero cosa ci fosse da taangiare. I piatti del giorno erano terminati. Non c'era che da fare uno Spuntino con pane e salame. Se ne accontentarono. | La cena ohe precedette il delitto La giovane Carolina servì loro anche del formaggio ed una bottiglia di ivino. Non c'era molta allegria tra i quattro sconosciuti. Parlottavano ira loro a bassa voce, e neppure degnarono di uno sguardo o di un complimento la giovane e piacente figliuola dell'oste. Carolina nel servirli li osservò di sfuggita, ma non abbastanza perchè potessero rimanerle bene impresse le fisionomie. Non poteva certo prevedere di quanta importanza sarebbe stato In seguito poterne sicuramente indicare i connotati. Mentre i quattro consumavano la (frugale cenetta entrarono nell'osteria pochi altri avventori. Il signor Ernesto Semino, allora capo manipolo della Milizia, in .compagnia di un amico, certo Minoia, prese posto ad un tavolo di fianco a quello della comitiva. Dal punto in cui si trovava non vide In volto che due dei quattro delinquenti. Gli altri gli voltavano le spalle. Ad un certo punto uno dei quattro si alzò ed usci sulla strada. Non fece ritorno che dopo circa un quarto d'ora. Dove era andato? £J» potè in seguito precisare che lo Sconosciuto aveva chiesto ad una donna del paese dove avrebbe potuto trovare una vettura. GII fu detto di recarsi presso il mediatore Cravera, che aveva due cavalli, ti giovanotto si presentò infatti nell'abitazione del Cravera. p narlò con la figlia di costui, Giovannina, la quale, alla richif -*» di un mezzo di trasporto per an^arp a Mode- rispose che non poteva fornirgliene alcuno: i cavalli erano già. impegnati per altro servizio. Palesemente contrariato il giovane fece ritorno all'osteria. i U parsone che notarono I banditi " Nell'angusta saletta erano entrati in tanto il ferroviere Carlo Baldi, in compagnia di un suo collega, certo Bonelli, ed un giovanotto, Giuseppe Pasquarolli, che si fermò a bere un bicchiere di birra. Nessuno rie' trp si trattenne molto, e pure avendo guardato con Istintiva curiosità la comitiva forestiera, nessuno dei tre vi fece gran caso. L'oste Brignoli, attraversando la sala per recarsi all'attigua cucina, vide an che lui la comitiva, ma non fissò su di essa che uno sguardo rapido e proseguì per le sue faccende. Verso le 22 comparvero sulla porta dell'osteria i carabinieri Bellinzona e l'appuntato Tarzano, di pattuglia quella sera da Torreberrettl a Frascarolo. Entrarono per pochi minuti e non fecero caso ai 4 sconosciuti. Si allontanarono poi, per proseguire in bicicletta verso Frascarolo, di dove poi ripassando per lo stradale di Torreberretti, avrebbero dovuto far ritorno a Mede. Ritorno che purtroppo non avvenne. La truce comitiva, lasciata l'osteria, si diresse a Mede; ma a metà strada fu raggiunta dalla pattuglia dei due crabinieri. La sorpresa fu fatale ai due militi, che caddero freddati dai banditi. Gli assassini non furono visti dunque da altre persone ali'infuori di quelle che abbiamo nominato, e cioè l'oste Brignoli, sua figlia Carolina, il signor Ernesto Semino, il ferroviere Baldi, Giuseppe Pasquarelli. il Minoia ed il Bonelli. La signorina Cravera non ne vide che uno: colui che andò alla ricerca di una vettura che li trasportasse a Mede. Oggi verso le 11, in due comitive, --l^arte in automobile, parte in ferrovia, le persone che abbiamo indicato, tranne il Minoia ed il Bonelli, sono venute a Milano. Sperdute nella folla cittadina — le signorine non erano mai state nella nostra città — hanno girovagato W. po' in attesa che giungessero le 14,30, ora in cui avrebbero dovuto presentarsi al Cellulare. Erano state invitate dal consigliere istruttore comin. Montanari, che infatti alle 14,30, accompagnato dal suo cancelliere, è giunto a San Vittore. n comm. Montanari li ha fatti en irare in una saletta della direzione, .ed ha loro spiegato brevemente lo scopo di quell'invito. Mostrare ad essi, tra alcuni altri detenuti, il bandito Luigi Peotta, perchè dicessero in piena libertà di coscienza- se lo riconoscevano per uno di quelli che facevano parte della comitiva che in miella lontana sera del giugno 1926 entrò nell'osteria di Torreberretti, e più tardi sullo stradale trucidò i due carabinieri. I confronti Primo ad entrare nella saletta deannata al drammatico confronto al ouale assistevano, oltre al comm. Montanari con il suo cancelliere, anche il Direttore delle Carceri comm. Ardisson. ed un avvocato della difesa del Peotta. è stato il signor Semino. Tre detenuti vestiti in borghese, uno in marron, uno in nero ed il terzo in grigio, completamente rasaci, erano in piedi dinanzi al magistrato. Pallidissimi in volto, nessuno dei tre però tradiva alcuna emozione. Il Semino, dono averli lungamente osservati chiedendo anche che fossero fatti cammi.nare e sedere, ha dichiarato che in nessuno dei tre riconosceva uno dei due individui da lui osservati nella trattoria Roma (gli altri due, come abbiamo detto, non era riuscito a vederli in viso). Nè il ferroviere Baldi, né il Pasquarelli, introdotti dopo il Semino, sono stati in grado di riconoscere il Peotta per uno degli avventori di quella sera. La signorina Cravera ha escluso che tra i detenuti a lei mostrati vi fosse lo sconosciuto che si recò da lei a chieder- la vettura per Mede. Entrato poi nella saletta l'oste Pietro Brignoli. 11 confronto non ha avuto diverso esito. Anche il Brignoli ha escluso di riconosnere il Peotta, soggiungendo d'altra parte che. avendo visto gli avventori di auella sera solo di sfuggita, non si sentiva in grado di riconoscerne alcuno. Ultima ad essere introdotta è stata la signorina Carolina Brignoli la figlia dell'oste, la quale, avendo servito auella sera la comitiva, è certo la persona che notò maggiormente gli assassini. Dopo avere a lungo osser vato i tre detenuti, la signorina Bri gnoli ha dichiarato di non essere in erado di riconoscerne alcuno. Nessu no dei tre le ricordava le persone eh* vide auella sera. Neppure era visibu.' net tre detenuti che uno — il Peotta — direttamente interessato, fosse più emozionato degli altri; solo una maggiore intensità nello sguardo tradiva fotesccoresureunvahconnLvlatrstIqilupdfotaaglafedbtrtap30sestEvscgadrtgdvencqrrPtadcibacpcssfbnpdddmiAomtbdlccgmlodddeaapcdtdIgdgsc1ndntsvvgtT e e o e . e, o i, o eoaa ldi ieal m. nm. a forse la sua inquietudine perfettamente dissimulata dietro una fredda maschera di impassibilità. In conclusione, il confronto di oggi con le sei persone giunte da Torreberretti è stato favorevole al Peotta. Nessuno si è sentito in grado di affermare di avere riconosciuto il bandito per uno dei quattro della tragica comitiva di assassini. Gli stessi testimoni hanno in altre occasioni e in altri confronti ecluso che tra gli arrestati ner il delitto di Mede — l'Annarratone. il Vitali, il Ferrari, il Marini e il Lesini — e già rinviati alle Assise, vi fosse crualcuno dei partecipanti alla frugale cena di quella sera nella trattoria Roma. L'appassionante mistero dunque permane. I delitti della banda nella Lunigiana H bandito Luigi Peotta, contro il quale si va svolgendo l'istruttoria per il delitto di Mede Lomellina e per la uccisione dell'orefice Zanetti, fu pero protagonista di altri e ben gravi delitti dei quali dovrà pure rispondere. Una fosca e talvolta tragica attività il Peotta ha svolta nel periodo che va dal 1921 al 1923, nella regione spezzina, capeggiando una banda scaltra e audace. I delitti compiuti nella Lunigiana dalla banda Peotta si iniziano con una feroce rapina. Un venerdì dell'ottobre del 1921 il cassiere dell'iutificio — stabilimento situato a parecchi chilometri dalla Spezia lungo il litorale orientale del golfo — tornava dalla città dopo aver prelevato dalla Banca d'Italia 30.000 lire, somma che avrebbe dovuto servire per il pagamento delle maestranze addette al vasto stabilimento. Erano i tempi torbidi e gravidi di avvenimenti del 1921: infatti di li a poco succedeva l'occupazione delle fabbriche. Ma la banda Peotta, che raccoglieva anarchici rome il suo capo, non aveva nessun scrupolo, neppur quello di rubare il danaro destinalo agli operai, li cassiere, che dalla città era stato seguito da una automobile, quando giunse presso lo stabilimento, scese dai tram. Dopp aver fatto pochi pàssi venne aggredito da parecqhi individui e colpito da una rivoltellata. Sanguinante lasciò la borsa con le 30.000 lire, che fu presa da due dei rapinatori, i quali fuggirono nei dintorni del polverificio della R. Marina. Inseguiti, spa rarono contro il carabiniere Nicolò Poreu: ma questi, un sardo ben piantato, benché ferito tre volte rispondeva al fuoco e nel conflitto uccideva uno dei rapinatori e feritori, certo Fini. La romanzesca vicenda non era ancora compiuta. Altri della banda, fra i quali il Peotta, fuggivano in automobile mentre certo Genzo Billi veniva arrestato dai carabinieri nell'atto in cui, dopo aver abbandonata la borsa preziosa, saltava dalla finestra di una casetta. Ma seppure drammatica, la gesta dello Iutificio che doveva chiudersi con un bilancio di un morto e due feriti, non fu l'unica organizzata dalla banda che tramava nell'ombra ai danni di tutta la Regione. Le imprese pre parate, ed a volte riuscite, dalla banda diretta da Luigi Peotia a tanti anni di distanza sono ancora nella memoria di chi ebbe ad interessarsene, special mente per ragioni giornalistiche, come il collega Duilio Biaggini di Spezia. Aggressioni a mano armata, mancati omicidi in persone di privati cittadini, mancati omicidi verso carabinieri, contro i quali vennero lanciate due bombe, mancato omicidio nella persona di un brigadiere dei carabinieri, violenza privata contro una giovanetta costretta a togliersi le insegne fasciste che patriotticamente indossava, svaligiamento di chiese, tentato svaligiamento di una villa presso Parma: ecco l'attività tristemente famosa della ben organizzata banda che agiva agli ordini del compare di Sante Pollastro. Per una parte dei menzionati delitti, diversi componenti l'organizzazione a delinquere furono processati nel 1923 e condannati a 21 anno di reclusione; altro processo venne svolto nel, 1927 alla Corte d'Assise della Spezia, ma per l'assenza del Peotta — allora ancora all'estero — e di qualche altro, il dibattimento ebbe a riguardare soltanto Genzo Billi, complice di Peotta, die fu infatti severamente condannato. II bandito Peotta, ora assicurato alla giustizia italiana, deve quindi rispondere anche di gesta compiute nella regione spezzina-lunigianese. Forti sacrileghi II bandito Peotta può considerarsi specialista nello svaligiamento delle chiese. Nella notte dal 29 al 30 marzo 1922, con la complicità di altri, entrava nella chiesa parrocchiale del comune di Arcola, mediante scalata di una finestra alta sei metri, e rubava cinque tele antiche ad olio, rappresentanti soggetti sacri, riconosciute di ingente valore. Le tele raffiguravano la « Natività di Maria Vergine », la « Strage degli Innocenti », « Santo Stefano », « Santa Margherita » e « San Bartolomeo ». Tali quadri furono accuratamente fotografati ed il più grande ed il più costoso fu portato a Milano precisamente dal Peotta, allora conosciuto come l'« anarchico ». Non è tutto qui. Il Peotta deve rispondere anche di un altro furto sacrilego compiuto in correità con altri sempre in Arcola, ma in altra chiesa. Infatti i magistrati hanno rubricato un furto qualificato di metri 162 di damasco metri 40 di velluto e metri 50 di toghe in oro, furto ingente, portato a felice compimento nella notte dal 6 al 7 luglio 1922 nella chiesa di S. Maria degli Angeli. Il Peotta ed alcuni suoi compagni in serata si erano fatti rin chiudere nel Santuario e cosi poterono lavorare... tranquillamente e prima dell'alba allontanarsi col prezioso bottino Ne può sorprendere che il Peotta divenuto negli anni successivi tristemente famoso, sia stato negli anni 1921-22 a capo di una banda nella re ilhtimwmsgmtofePsctalofilomRlouQVfa90intiFClamdliaalegtutplasupsn*FpLdCcELn33tgb9Fgiònè spezzina. A quel tempo, purtrop00. la Lunigiana era il rifugio degli po, . anarchici più spinti cmnsaPsdAollCamiobKlgms