Tempi passati

Tempi passati Tempi passati Il Natale di una grande opera — Cavour in Parlamento e... In Istrada — Le croci del potere — Turisti. Cinquantun anno fa — Il giorno di Natale — l'ing. Germano Sommciller riceveva a 'forino un dispaccio elettrico, cioè un telegSfcmma Conteneva qualche cosa di diverso dai consueti saluti e auguri natalizi. Il telegramma diceva: « In questo momento, ore 4,25 la sonda passa attraverso l'ultimo diaframma, di quattro metri, esattamente nel mezzo. Ci parliamo da una parte all'altra: il primo grido ripetuto dallo due parti fu W. l'Italia. - Grattoni i. Venti anni di studi, di lotte, di lavoro, avevano consacrazione liei più bei giorno cristiano. Il traforo del Frejus era compiuto. Quale strenna per l'Italia I n cinquantenario della grande opera 6 stato — come abbiamo visto — celebrato l'anno scordo nella consueta maniera: con lapidi, gite; discorsi chilometrici e svariati nonché succulenti banchétti. Molti particolari ed episodi riferenti6i a quell'opera sono rimasti però nel buio. Bisognerà, tra i suoi artefici an noverare pure il generale iMenabrea che 'caldeggio l'impresa in Francia'e'In Italia e Cavour che comprese subito l'utilità d'un allacciamento ferroviario colla Francia.' E'v ignorato un particolare: che il consenso del grande statista fu dato... in istrada. Cavour pensava, decideva e agiva ovunque, perché il suo paese gli era in cima ai suoi- pensieri sempre ed ovunque. Malgrado qualche divergenza in politica, il conte di Cavour onorava' della sua amicizia il generale Menabrea. Un giorno lo incontrò per istrada e passeggiando dinanzi al suo palazzo, nell'attuale via Cavour angolo di via Lagrange, gli parlò a lungo del progetto di Sommciller pregandolo di dirgli schiettamente la sua opinione. Menabrea rispose che il progetto gli sembrava di sicura riuscita, salvo qualche modificazione insignificante che l'esperienza avrebbe suggerito. — .Sia beile — disse il Conte — eppoichè tale è la vostra leale opinitene, non esito più oltre. Chièderò al Parlamento 80 mila lire per faro un'esperimento in grande e se anche occorresse di più, m'impegno di farlo riuscire ». La legge fu proposta e approvata. Le prove costarono più del doppio, ma riuscirono. Cavour quando voleva, voleva... He Vittorio quando nel 1850 gli proposero Cavour ministro ebbe a dire: —. Volontièri. ma badate signori miei che il padrone sarà, lui- ■ > Cosi fu. In cima ai progetti del grande Sta-; tista, stava quello dell'indipendenza -'d'Italia-e siccome sino-d'allora l'aiuto della Francia gliappariva il mezzo nifi idoneo per giungere allo scopo, a nessuno' più che a lui importava venissero rese facili e sicure le vie di comunicazione fra 1 due paesi, II Traforo implicava una grossa 'questione finanziària, ma quella non l'arrestò. 'Mollo abilmente vi provvide, com'è noto, mediante la concessione della via Ferrata dalla Savoia verso Torino ad una compagnia' francese. E fu un savio avviamento per interessare più direttamente i capitali francesi al futuro passaggio alpino ; ma dovette cbrnVàttere perchè vi fu chi, guardando con l'occhio della grettezza municipale, credette diyedsyejn.ella intromissTphé di' capitali "«steri "quasi iiìi' allty tradimento alia nntria indipendenza. La discussione nel vecchio parlamento subalpino durò tre giorni. Caldeggiarono l'opera uomini come Paléocapa, Sella, Menabrea; Sommeilier, Cavour. Il 29 ffjugnb di 186 deputati presenti, 98 votarono la legge per la esecuzione del traforo che fu "oi decretata il 15 agosto 1857. Ventotto deputati la respinsero! Chi ebbe per primo l'idea della grande opera? Un modesto montanaro, un camminatóre di quei luoghi. Percorrendoli, esplorando, si era accorto che il letto del fiume Arco e quello del torrente di rfardonecehia, affluente della Dora Hiparia, erano pressapóco allo .stesso livello fra Modane e Bardonecchia e che 11 colle del Fréjus, posto fra quei due paesi, era la parte più stretta della- catena di quelle alpi occidentali — « Oui facciamo il buco » -v alsse e con montanara perseveranza andò predicando. Ulteriori ricerche scientifiche confermarono l'appunto di quest'uomo modesto — P, Aiédail — che era passato per. visionario. I primi lavori furono angoscianti. Il 13 gennaio 1861 si cominciò a far lavorare la prima perforatrice e uno dei direttori scriveva: « Se tu avessi veduto che imbroglio !■ Basta, pesta di qua, punta di là, martella e'cambja scalpelli, aggiusta e spingi, si riuscì a fare qualche buco ». A marzo erano stati forati 9 metri di montagna! Cavour incoraggiava di-persona l'impresa che, come.quella d'Italia, non avrebbe visto compiuta. E scriveva a Sommelier: « Lo difficoltà che incontraste, i ritardi ch« doveste subire non mlhanno punto scoraggiato: le grandi co.e non si compiono senza l'aiuto dì lenti e grandi sforzi. Perseverate. La' vita ministeriale è piena d'inganni « d'amarezze: ne vado provando, di ogni sorta, ma se come ministro avrò coscienza di avere dotato 11 mio paese d'una scoperta che lo deve trasformare ed arricchire, sarò felice di essere rimasto al potere malgrado tutti I fastidi eoe esso infligge a chi ne è investito • • ■ Onde migliorare — scriveva P. Médail — la «trada da Torino a Chambery, a modo che nulla lasci a desiderare e possa rivaleggiaro in tutto le stagioni con quella dei nostri Ticini, conviene abbandonare la strada dal monto Geniste e forare ecc. ecc. ». L'ultima mina scoppiata quel giorno di Natale segnava la fine della strada del Cenislo come via di grandi comunicazioni. L'avevano percorsa ignoti e illustri viatori, In' ogni tempo. Mario e Catulo contro gli Ambronl e 1 Teutoni, più tardi Pompeo contro Sartorio che l'osteggiava in Spagna e Cesare nel 694 di Roma e l'imperatore Augusto nel 746 per recarsi nelle Gallle. Napoleone passò la prima volta il Geniste nel 1797 ritornando da Milana in Francia: lo ripassò per l'ultima volta nel 1808. Prigioniero del grande Imperatore, valicò quél colle Pio VII sostando affranto, malato, nell'ospizio che è sulla vetta. C'è ancora lassù la camera di Napoleone e si vedono — o si vedevano sino a qualche anno fa — i resti di una sua coperta da letto, lacerata nel 1859 dalle truppe di Napoleone III che scendevano in Iìalia, per portarne via fili e brandelli come ricordo. Da una relazione manoscritta di Anton Maria Ragona, segretario d'ambasciata veneto, ohe passò il Moncenisio nel 1582, si leggono notizie sui mezzi di locomozione di quel tempi e... sul paesaggio. Dice: « Varcato il Moncenis, si parla In tutto francese, ma il linguaggio villano et rozzo et puote altri a sua posta baciare le fantesche et con destrezza anco le padrone... ». Mica male l'idea: serve e padrone 1 E il segretario suddetto continua: « Dirò che Incontrammo il signor Horatio Rusco]lai ricchissimo mercatante fiorentino: essendosi arricchito in Francia con sali, se' ne ritornava in Italia con la moglie ed i figliuoli et in dispetto di quei monti asprissiml et della malagevolezza delle strade, menava due carrozze et quando incontrava Impediménto le face\a portare di peso ila villani che per questo aveva seco et- la moglie et i famigliari erano portali sopra Bedie con spesa da principi ». Emitm tì'AlioraJ M. vdrrpcsfccpnmdagsamcvvasbptfqpodgeccfblpudmtdfvcbrgp,