La visione della vita nel teatro di Andreieff

La visione della vita nel teatro di Andreieff mondo di Andreieff non vi è posto per ferdBdi caratteri malvagi. La sua intuizione della vita è radicalmente dualistica. «In Iqpjale nebbia viviamo? Ascolta tutto le parole che l'uomo ha pronunciato dal storno della sua creazione, e tu dirai : orIì e Dio 1 Getto uno sguardo su tutte le sue azioni, dai primi suoi giorni, ed esclamerai con repufenanza: egli è una bestia! ». Ognuno o un !« piccolo Dio sperduto clic mai non troverà *- in terra — la via del cielo». Il bene è il favore concesso per un attimo dal destino, * l'ideale vagheggiato in sogno, e il ricordo 'd'uno stato d'innocenza e di purezza che D'anima godo Torse prima di scendere in questa vita, in un inondo di celesti splendori nel Iemale col desiderio si rifugia dalle brutture 'di onesto; non ò mai la volontà buona di chi «asdiardamente lotta per affermare sulla dutra ribelle realtà un ordine superiore di valori. Al di qua del bene il male, irreconciliabile con esso perchè ad esso estraneo e indifferente: caos amorfo di forze brute, che non è possibile disciplinare e sul quale ò impossibile costruire. Il male è più nelle cose chc'iegli uomini. Coloro che no sono pli artefici sono i primi a soffrirne, condannati come sono anch'essi alla finale disfatta: Savicb che ruba a Storizin paco o onore è un fallito roso dall'invidia e clic alla fine Rli schiaffi di un ragazzo metteranno a posto; il Signore che'ha rubato a Quello amoro e fama vede ovunque l'ombra dell'odiato rivale e non ha pace; lakow di Non ucciderai! che solo perchè Wassilissa ne lo prega, uccide un uomo e accetta dinanzi a Dio di accollare sull'anima sua tutto intero il peso del peccato, o tutto ciò non porche ami Wassilissa o chiunque siasi al mondo o per bramosia di denaro, anzi, ni contrario, perchè tìisprezza tutti e si sento superióre, a l'itti gli jomini e n tutto ciò che per essi forma oggetto Irli apprezzamento, amore onore vita, o che per lui non ha peso alcuno: e pure, alla lunga, Il rimorso di avere ucciso lo vince e manda in rovin». Rimorso che non è lievito di purificazione e di superamento spirituale, non ri riassorbe noi bene come suo momento dialettico, non lo prepara come sua condizione negativa. Tra bone e male vaneggia l'abisso. Il inalo è una grigia pallido le cui acquo vnarce lambiscono le mura di ciò che la volontà buona ha costruito: alla lunga, nulla resiste a quella viscida carezza e gli edifìcii più saldi finiscono per franare. E' la tragedia della solitudine e della rinunzia, il più disperato grido dell'impossibilità di vivere senza sognare e di sognare vivendo. I drammi di Leonida Andreieff sono i drammi dello sgretolamento, dello sfacelo, della liquefazione e dissoluzione interiore: l'uomo si dibatte un poco, poi tiniscc per sprofondare. E se tenta una nuova costruzione, anche questa finisce per minare. E' il •• cosi fu così sarà » monotono dell'orologio della Rivoluzione. Oli è perciò che in ossi malica del tutto l'intreccio, la tesi, il carattere: tutto ciò che dando direzione dà significato alla iVita. La vita non ha nò significato uh direzione, è un agitarsi vano su di liti caos nel quale finalmente' si sprofonda. Gli e perciò che l'arte di Andreieff ha l'apparenza di essere totalmente analitica, tutta fatta, di particolari staccati, che il suo syv .do fissa con intensità allucinatoria, sotto il quale essi assumono le proporzioni smisurate e grottesche delle immagini dell'incubo. Cogliendo 3 personaggi nel processo di dissolvimento, l'arte di Andreieff non posa finché quel processo non sia compiuto, c passioni sentimenti azioni non siansi disciolti nei loro elementi primordiali. E nondimeno Andreieff non è un pèsisimista radicale. Appunto perchè il fondo dell'essere gli appare un ribollente caos, che nemmeno concettualmente si lascia chiudere in certi c definiti confini, un piccolo spiraglio rimane aperto attraverso il quale la cperanza filtra la sua luce. Speranza crepuscolare ma che pure spando un fioco chiarore sulle tenebre di questo mondo desolato, e che se non consola dell'orrore dolila vita reale, \ale almeno u renderlo un no' ipin sopportabile. Ma quesia speranza hing| (dall'essere la proiezione nell'assolato di forze Che già agiscono nel seno della realtà attuale. Sungi dall'inscrirsi in questa o dal conitnuarla superandola, si l.bra al disopra di essa, da essa separata da un abisso: è una speranza che nulla congiunge alla realtà attuale, che per nessun Ilio nd c^sa si riattacca, e che perciò appare totalmente arbitraria. Messianismo senza convinzione né entusiasmo. E cosi necessariamente dov'essere. E' la realtà in quanto tale che ripugna nd Andreieff, e non già questa o quella forma di realtà. La speranza in tanto può arridergli in quanto si libra al disopra della realtì, separata da questa da uri vuotoi non congiunta ad essa da filamento alcuno. Il giorno in cui l'ideale cominciasse a prender corpo e forma per questo solo fatto Andreieff lo rinnegherebbe. Egli è lo scontento e l'inquieto, destinato in eterno a rimaner tale. Il dramma nel quale forse Androieff ha meglio espresso la sua intuizione dualistica della vita e del mondo è l'Oceano: opera di comprensione difficilissima; che, accanto a zone di oscurità profonda, ha pagine di abbagliante fascinatrice. bellezza. Il centro di questo dramma bizzarro ed oscuro è nell'antagonismo fra l'Oceano e l'Organo: l'Oceano, simbolo del selvaggio furibondo isterico cefòs che è al' fondo ultimo delle cose, o l'Organo, clic con i suoni Talliti alla tempesta' tenta parlare a Dio c ricondurre a lui l'anima umana, simbolo de(gli sforzi e delle costruzioni onde l'anima cerca domare, il caos selvaggio elio sente ruggire in se o realizzare una pallida immagine della vita, divina. Xorre, tibbriacone incosciente e amorale, è l'uomo dell'Oceano: d'Oceano è il suo padrone e il suo dio; sceso ti terra con Haggarth dalla nave pirata di cui è il nostromo, egli ne ha la nostalgia profonda. Disprezza i pescatori che non si avventurano su di esso che quando è in calma, che lo amano, si, ma come una capra che mungono, e in cuor loro lo odiano e temono. Dano e l'uomo dell'Organo, e quando l'Oceano con la voce delle onde esala tutta . la sua profonda e tenebrosa angoscia, con 1 suoni dell'Organo gli contrappone l'angoscia appassionata dell'anima umana e parla la Dio delle cose più gravi. Egli odia e disprezza l'Oceano « brutta, tìschiante, furibonda pozzanghera, salato sputo di Satana », lo maledice e ne ha paura. Tra i due uomini, incarnazione di due principi metafisici della realtà, della natura amorale incoerente e folle e dello spirito, slancio appassionato c dolente verso Dio, regna odio e incomprensione reciproca. Tra i due, Haggarth, il capo della nave pirata, è l'uomo che l'Oceano e l'Organo si contendono. Egli è fuggito dall'Oceano di fii ha vissuto la folle sfrenata tenebrosa vita, le acque del quale ha illuminato con l'incendio delle navi da lui "ondate: dal rimorso dei suoi delitti ha ce,■•■ scampo a terra, noH'ubbriaenczza prima, poineMavoro e nella famiglia e non l'ha trovato. Che sempre l'Oceano gli parla con voci di mistero e di dolore, lo tenta, lo affasc: ìa e, infine, lo riprende nel suo gorgo spaventoso: egli uccide un uomo. Ma nella notte dell'assassinio si leva il canto dell'Organo ed Hagfeartb, con le mani insanguinai©, corre pres¬ sesptdnnqMscdrIfcilpwrnclgraed1rèfl so la chiesa ad ascoltarne la voc; misteriosa e solenne, e l'anima |11 «Morce. in un ln-sopportabile spasimo. E mllne egli si slrap-pa alla terra dove si sognano sogni spaven-tosi, i sogni del bene, dell'ideale, di Dio, edefinitivamente si restituisce, col cuore pie-no di profondo immortale dolore, alVÒcea-no, al caos selvaggio e folle. Trionfa. ^^quo, definitivamente 1 Oceano, la Natura, NMale? No, che mentre riaggarlh s'imbardsulla nave pirata, a terra Dano raccoglie lecanne dell'organo che Xorre, partendo, hadistrutto con rabbia feroce: l'Organo ^ricostruito e di nuovo 1 uomo parlerà a Dio.In eterno i due principi dell essere starannofronte a fronte; in eterno si disputeranno itcuore dell'uomo; in eterno la lotta rimarriVindeeisa e la battaglia eira ripresa. nniia «ftafe nosi7innn di spirito chtDalla stessa posizione di spirilo l Oceano è nato il dramma Sawa. Dei rlnrprotagonisti in conflitto chi ha ragione: Sa wa o Lipa? La domanda non riceve nò punricovero risposta. In Sawa. l'anarchico, i'niohilista che selvaggiamente nega tutto eieche l'uomo ha fatto finora, tutto ciò l'uomo ha fatto finora non essendo che l>rigiono in cui lo spirito muore, e che vuo'iridare libertà all'uomo restituendo la terre alia sua nudità primitiva, Andreieff h.-espresso la sua nostalgia di attività Pilt*&di libertà infinita che non si sazia che O^1 illimitato e dell'indeterminato, e che lrrealtà, ogni realtà, rifiuta pel solo fatto chijè realtà, cioè, necessariamente, detorminnzione e limitazione. Tutto ciò eh, è, pel solcafatto di esistere è passato, morte, errore r!follia che bisogna distruggere co. ferro «col fuoco. E so dalluomo verrà rifiutala 'itlibcrtà ohe Sawa gli oltre, ebbene scompai.'dalla terra o sia finita con la vita. Egli dil solitario eh: non ama e non odia nessun#in particolare: i, suo odio è tutto mot olisi oje supeiempirico, odio di tutto ciò che è, po?solo fatto di essere e di essere cosi e cosi.Ma il feroce razionalismo di Sawa pel quaile natura ragione libertà distruzione assolutta sono termini equivalenti non impegna peso che un lato solo dell'animo di AndreinIn Lina egli rappresenta 1 altra mela de|1 umilia sua fatta d intinito amore per gliuomini, (l'infinita pietà per i loro errori, Sloro dolori cosi grandi e cosi inutili, le lorfitlusioni anche se puerili, i loro sforzi aitche «p mal rlii&iri n militi r ini si «ont !1L -, 1lahul 0'.!aun • tP.a si sen. rabbrividire quando Sawa le manifesta lfvolontà di distruggere le vecchie care crcj(lenze in cui rumano dolore ha trovalo inDsecoli rifugio e conforto. Egli si è mess!d'accorao col monaco Condrali per far stójOre in aria 1 icone sacra, oggetto della esall;pta adorazione dello plebi, nel momento srrlonne del pellogriiiiiggio. Lipa dissuade Cottdrati dal l'associarsi all'.mpresa e Córidratfpentito, rivela ni priore il piano criminoscf..priore furbo, motto in salvo .'icone ^scia che 1 esplosione avvenga, poi ricoiidurcrtminfigino sacra al suo posto, dove appatìintatta. Il volgo credulo grida al miracolisMa al miracolo gridano anche Lina e Coddrnti. che pure sanno benissimo com'è nndiQìa la cosa. La volontà di credere è così p.L, i , Wtenie e irresistibile in loro che travolge ogrJostacolo dinanzi a sé e si prostra in ndonpzionc dinanzi a ciò che conosce porteli.■mmente come.il più volgare dei trucchi. Se !Sragione e In libertà di Sawa non è che fìCstruzlone e morte, la fede di Lipa non S, . , . .„ . t. eche cosciente autoillusione. Se Sawa vu-crosiitnire l'uomo alla nudità primiiivn. zrifugio che Lipa gli offre si edifica sull'i. Cariò3 au^r^^^ morte. Se sconfitto ò Sawa che. altraverfVti fvnrlP dot nriorn vpcIp ribaditp ai nolsl delta norie rlol pnoic \ ole rmauilc ai polsi <l. U1 umanità le catone che voleva spezzare e psuo gesto di rivolta divenire indiretto art fico di nuova servitù, sconfitta è pure Lir Sche non pi»o offrire alla miseria umana r prita tieiia tàiU «o non a natio ili accecar |silo acni uno se non a imi io tu .n.c.i.rti svolontariamente dinanzi alla frode su cui Vfede si tonda e farsene complice. UIn verità, il dolore umano è infinito, som frimedio e senza speranza o al suo confron ctuttoò nulla: e Andreieff .proietta questo sigStato d'animo In ;S5«r Irort il contadi,|che ha involontaviamentc ucciso il figlio. tdopo d'iiljora va in giro pel mondo gelpsWmente stringendo al cuore il suo smisura pdolore Tutto, dunque, è dubbio c arcaiftranne il nostro dolore'/ Forse anche il ÓolKre. è una illusione, un sogno come tutto ^fdie appare. L forse noi stessi non esitiain uIn Spenniseli! Andreieff proietta questo sicdubhio d'illusionismo universale. «Le mnilini ! Volano: e che m'importa di questilForse queste rondini non ci sono. E tut ^, L i ■ ... .. aquesto o soltanto un sogno... Ando, vado su palla stanchezza, sino allo sfinimento, pi torno in me e di nuovo sono qui. MounsterfIoni: le ore passano. Tutto — come sogn cChiudo gli occhi: più nulla. Li apro; ^niinvn r.^ni nnnarp mminliP vnitn vniJ?nuoMi ogni cosa appare, uuriieiie volta .^'gin un campo, di notte, e chiudo gli occl ao mi tiare che non ci sia più nulla. Solo il nprovvisamente qualcosa piango, un cai ppassa sjjl selciato: poi di nuovo paro ìhdi lutatacer c allora sarà la verità. Solo i morti. Sav£sdgju^Perche. se le orecchie sono chiù: dallWnon odi nulla lo morrò. ^o^er*Iegoròyic, sanno la verità ». jdPerciò Sperauselii non lavora n tutào«li è indifferente. Perciò a Tiuca, C ceirli ha comunicato il «tio dubbio l'umani aegli na comunicato 11 ..no aunoio, umani qapparo come un'immensa stilata di anni cteschi musi: musi, tutti musi. Tra Spera.csclii-Tiuca, Sawa e Lipa, per chi pren ppartito Andreieff ?-Per nessuno di essi. Sor|/quei personaggi ire Jnti del suo sibilo scambio di posizioni, integrazione '.rcipriicn, superamento, sviluppo dialetti! Sma solo un moto pendolare che dall'uno i ,spirìffe all'altro l'animo del poeta, in utcvicenda di scontentezza e d'irrequietudii [che non ha fine. Sono posizioni gpii'lluj stilizzatc e immobili, non individualità e'ssi affermino vigorosamente e realizzino i] fme unità di carattere attraverso il flusso ,' finito degli evénti particolari. j APRIAMO TILGHER : 'vf ? 'Per nessuno ni essi. Sor I, tr« proiezioni immobili f' „. ' „ . „ „t.,. -, tanimo e Ha essi non è P"..a La visione della vita nel teatro di Andreieff

Persone citate: Leonida Andreieff, Sawa