L'antica pieve di San Pietro in Pianezza

L'antica pieve di San Pietro in Pianezza Una chiesa -piemontese del medioevo L'antica pieve di San Pietro in Pianezza Questo r.osiro rude vecchio Piemonte è consideralo da molti come..quasi estraneo alle vicende dell'arte nei secoli. Terra antica di combattenti, la nostra regione, a detta del grosso pubblico, non possiede un cospicuo patrimonio artistico ed i pochi monumenti di arte antica esistenti nel suo territorio sarebbero di scarso valore, sia come intrinseci pregi artistici, sia come documenti della storia dell'arte. Contro questa troppo facilmente accettala asserzione, sta orinai una ricca biblioteca di studi e di ricerche sull'arie nell'antico Rievnor.i.c. Ma ciò non 6 bastato ancora a «.fatare ìa leggenda. La. diffusa ignoranza intorno a- pregevoli monumenti antichi del Piemonte facilita il permanere, dell'errata credenza, e l'opera degli studiosi riesce vana, cfrcoserilta com'è ad un ristretto cerchio di lettori. . Eppure, per non citare che i templi della fede, il Piemonte possiede chiese antichissime, nelle quali il talento artistico del medioevo hr. lasciato impronte degne di considerazione La Badia di Santa Moria di Vezzelano, Sant'Antonio di Ran.vexso, parecchie chiese di Vercelli, San Giorgio in Bagnasco d'Asti, San Martino di Ciriè, San Pietro di Avigliana. Santa Fede di Cavagnolo. San Giulio d'Ortoed altri molti sono edifici che presentano molto interesse e che furono costruiti nell'undecimo o dodicesimo secolo. Ora l'ing. Eugenio Olivero pubblica, sotto il patronato della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti, un bel volume, adorno di numerose e nitide tavole illustrative, intorno all'antica Pieve di San Pietro in Pianezza, il simpatico paesello prossimo a Torino e già caro ai geologi per il masso errai ico Gastaldi. I Saraceni in Piemonte La storia del Piemonte, a cui quella delle sue chiese è strettamente collegata, ricorda l'invasione che i Saraceni vi fecero nel secolo X. Gli invasori misero a soqquadro tutta la valle di Susa e la. pianura attorno a Torino. Nei primi anni di quel secolo, l'Abbazia della NoValesa fu rovinata dai Saraceni che ne! loro furore di distruzione si compiacquero specialmente di atterrare gli edifici religiosi. Dai 931 al 950 la potenza araba si mantenne al suo apogeo nel Piemonte, ohe avevai occupalo cpiasi tutto, eccetto l'Astigiano e il Noverare. Nel 934 i Saraceni danno il sacco a* Genova, ma poco dopo toccano una terribile sconfitta sotto Acqui. Ritiratisi, poi. dalla pianura piemontese essi conservano molto probabilmente Susa e la sua. valle, quelle del Chisone e del Pellice e forse anche il Saluzzese. Dopo il 950 comincia rapida la loro decadenza. Arduino il Glabro, marchese di Torino, li caccia dalla valle della Dora e nel 979 essi sgombrano il Piemonte.. Nel 975 Manfredo I marchese di Torino fece riedificare, in vai di Susa, le chiese distratte dai Mori. Dopo la distruzione della, loro abbazia, i monaci della Novalesa si rifugiarono a Torino, luogo fortificato, dove il marchese Adalberto, padre di Berengario II di Ivrea, donò loro la chiesa di Sant'Andrea (l'attuale chiesa della Consolata). Pianezza stette lungo tempo sotto la giurjsdizione dell'abbazia novaliciense. Un diploma dell'imperatore Corrado II (Breme, api-ile 102G) dona, al monastero di San Pietro in Breme la giurisdizione su molte terre, tra cui Pianezza (Planicia). Questo monastero dì S. Pietro in Breme, successore nei diritti dell'abbazia novaliciense, riceveva l'H maggio 985 in donazione da certo Simmundo del fu Geneverto, professante legge longobarda (in vai Germanasca, attigua a quelle del Pellice e del Chisone. esiste un monte conosciuto col nome di Ghiniveit), un campo situato in Pianezza, presso la Dora, sul quale probabilmente venne eretta la pieve, od era ad essa confinante. Poco dopo, alla giurisdizione del monastero di Breme su .Pianezza succede quella del vescovo di Torino,- la cui potenza temporale su molte terre piemontesi risale certamente al tOOO; contrastata però dai conti di Savoia. Carlo vescovo di Torino ottenne dall'imperatóre Federico Barbarossa un diploma, datato da Occludano 26 gennaio 1159, in cui questi confermava al vescovo tutte le donazioni fattegli, tra cui : « Curtem de Planicia cum castello et districto et plebe ». Per effetto di questo diploma il conte di Savoia, Umberto III detto il Santo, ifu spogliato nominalmente del castello di Pianezza, ina di fatto continuò ad occuparlo. Malgrado i contrari decreti imperiali, i conti di Savoia tennero ancora il luogo. Nel 1188 era morto Umberto III. A lui successe Tomaso I che cede Pianezza al suo primogenito che la dona alla figlia andata sposa di Bonifacio marchese di Monferrato (18 gennaio 1228). Al marchese la toglie Amedeo V conte di Savoia nel 1290 impadronendosi del castello Nè qui finisce.lo sballottamento della piccola Planicia dall'uno all'altro possessore. Nel 1294 fu concessa al principe d'Acaja, poi passò a Edoardo d'Acaja principe di Piemotiite ;i339) poi, ancora, ad Anselmo d'Urtières e a sua moglie Alice di Savoia, infine li 29 maggio 1360, Amedeo VI la vende con termine di riscatto, a Stefano Provana. La famiglia. Provana tenne Pianezza da allora fino al 1578, nel quale anno fu venduta al duca Emanuele Filibeilo che ne fece dono alla sua favorita Beatrice di Langosco. Ecco in raDida sintesi, la movimentata storia del vetusto Comunello. La primitiva chiesa lombarda L'antica pieve di San Pietro è documento interessantissimo pev i cultori della storia dell'arte e dell'architettura, tanto che di essa si occuoarono valenti e noti studiosi italiani e stranieri. L'i'ng. Olivero la descrive minutamente e diligentemente. La chiesetta consta di una sola navata che deve ascriversi allo stile lombardo, alla quale ini. prosieguo di tempo e in relazione alle vicende storiche di cui abbiam fatto cenno, furono aggiunte due navatelle laterali nel periodo gotico. La chiesetta — come quasi tutte quelle appartenenti allo stile lombardo — è orientata nel senso che la facciata guarda a ponente ed il presbitero a levante. La faceiaU è semplice e severa, tale da ricordare abbastanza il nostro duomo. E' scomparirla verticalmente da quatti-o lesene, due d'angolo più larghe e due interne più piccole che inquadrano la porta d'ingresso e si spingono come le allve sino all'archeggiatura terminale incotto che, secondo l'uso lombardo, corona l'edificio. Sulla verticale sopra la porta d'ingresso v) è un u occhio » circolare a strombatura di metri 1.15 di diametro e su di esso una croce traforata nel muro. I materiali impiegati sono i mattoni e i ciottoli della vicina Dori. Pietre e mattoni i otevano essere indiffereitement3 usati a Pianezza perchè c'è la Dora che provvede le prime e da tempo remoto l'industria laterizia fu esercitata a Pianezza' continuando ancora ai nostri giorni. Nell'insieme, l'impressione che suscita la facciata è duella di « una ruvida e semplice severità pur tuttavia armonica e solenne. \l caldo tono del sole cadente essa si aniina; risalta il rosso vivo dei suoi laterizi sul nero dei licheni che verniciano le piede, neutre l'azzurro del cielo s'intona in bell'aecordo col rosso acceso dei mattoni e l'orizzonte sfuma nella lontananza cilestrina »» verde brillante della campagna. All'intorno il terreno incolto è ingomhro di erbe selvafiche, il verbasco eleva tra grandi foglie le sue pialle pannocchie e la menta selvatica spond» all'intorno il suo acuto profumo. La solitudine del sito concentra l'emozione del ri'.'Hnrd Hit" e la visione pstetica è accomnaimnlA r':,l sordo brontolio riPlla Dora e dal pispigliare dei passeri, ehe . si posano sulla 'facciata quasi ;i Iniziare le guancie rugose della vec-'hli madre »■ La " musica gelata „ Accettando il pensiero di Federico Schlegel che definisce l'arehittetura « una musica gelata » e quello di Schelling che la chiama « musica pietrificata » l'autore dice che la solennità e ruvidezza della facciata corrisponde assai benie alle note gravi e solenni del canto gregoriano che sintetizzano cosi bene l'ideale religioso dell'epoca. La iwshetM iotsnia della cavati ferlacj- pale è dt metri IP., la larghezza di metri 6,20 e l'altezza di circa 6,50. La navata probabilmente era terminata da un abside semicircolare, come si osserva in quasi tutte le chiese di stile lombardo, essa dovette esser demolita sostituendosi il presbitero quadrato, quando si addivenne all'ampliamento della chiesa nel periodo gotico. L'antica pieve di San Pietro non ebbe mai campanile, trattandosi, in origine, di un edificio modesto ed in paese, allora, non ricco. Forse fin dall'epoca lombarda fungeva da campanile l'apparecchio in muratura costruito sopra l'arco santo. Questi apparecchi per campane sono molto diffusi in .Francia (cloc/iers-arcades oppure ctocaursmurs). E' tipico il clochers-arcades alla foggia francese, molto alto e sviluppato della cappella di S. Eusebio in Casteldelflno. Le due navatelle laterali furono aggiunte alla navata lombarda nel periodo goticn. Quella a nord presenta i più interessami caratteri dello stile gotico piemontese. Essa ha esternamente motivi ornamentali graziosiswini. Una porla archiacuta è quivi aperta e forse costituiva, un tempo, l'ingresso principale al sacro edificio. . „ . Nella navatell« sud vi è la cappella dei Provana, coperta da una graziosa volta go fica a quattro lunette. Il presbiterio xoneo che sostituisce l'antica abside ha una) bellissima volta tutta dipinta, fortemente rialzata. L'aitar maggiore dt muratura massiccia è coperto da una grande e rozza pietra su cui è incisa una croce curvilinea. Frammenti ^inscrizioni antiche e .simboli offrono materia d'interessanti indagini agn studiosi, n pavimento è in p?.rte di mattoni in parte di pianelle in cotto, che risalgono probabilmente al secolo XVI a sono identiche ai quelle che si trovano nella cappella di San Giovanni in Villafranca Piemonte, nel S. Sebastiano di Pecetto, nel S. Giovanni e nella casa Cavassa di Saluzzo. Nel pavimento della navata centrale e aperto un avello copèrte* da lastra su cui è scolpita rozzamente una testa dt morto con 11scrizione: « Fratrum tumulum — Societatis Jesus» cioè: tumulo dei confratelli del Sb. Nome di Gesù. La separazione dei sessi Un particolare curioso ed interessante 6 quello delle ineguali dimensioni delle due navatelle laterali, aggiunte nel periodo gotico alla navata lombarda. Mentre quella a nord è larga metri 2,70, quella a sud misura 3,10, differenza che si riscontra in quasi tutte le chiese lombarda e gotiche. Questa diversità è attribuita da alcuni autori alla tendenza dell'arte medioevale di disdegnare la simmetria. Ma numerosi autori son di diverso ^avviso. Rivoira, Enlart, Lemaire, Ricci, Maffei, Ozanam e Porter affermano che la navateLa più grande era destinata alle donne, quella più stretta agli uomini (pars virorum) secondo le disposizioni dell'Ordine romano. Sacondo il Porter questa antica usanza sopravvive ancora in Lombardia. Nel 1584 monsignor Angelo Peruzzi. vescovo di Sarsina, fu inviato da Papa Gregorio XTH come generale visitatore del Piemonte col titolo di delegato apostolico. Relativamente a Pianezza si legge la visita a San Rocco, alla cappella di San Fabiano, e San Sebastiano, alla chiesa: di San Paolo. La'pieve di San Pietro, sotto il dominio temporale della marchesa Beatrice, era retta allora da Riccardo Agnello. I! visitatore loda che nel tempo pasquale la sacra comunione vanga somministrata, separatamente, agli uomini e alle donne: « sacra commnnioi satie vite popùlo ministrami' et separatimi viris a mulieribus ». E perlustrando tutta lai.chiesa se ne mostrò in generale soddisfatto; ma avendo saputa che si scavava il suolo della chiesa per seppellire cadaveri, lo proibì, pena la scomunica, se non si costruissero avelli di buon laterizio con coperchio lapideo che chiudesse bene. Le relazioni della visita vescovile sono comparse in 44 ca.pitoli. stampati a Torino da Nicolò Bevilacqrra nel 1586. Questa piccola chiesa così ricca di memorie storiche ed artistiche possiede anche dipinti murali e vetri istoriati. All'esterno si vede un affresco sbiadito nella lunetta della porta archiacuta; rappresenta «Cristo nel sarcofago ». Nell'interno attrae e rallegra lo sguardo del visitatore la pittura suggestiva della cappella Provana. I dipinti della volta e delle pareTT sono tutta una glorificazione di San Giovanni Battista. Anche la volto del presbiterio è ornata di pitture. In una parete vi è un S. Sebastiano finemente disegnato dall'espressiva figura.semitica colla barbetta; è vestita di rosso, in testa ha una specie di turbante ed i piedi sono calzati a punta. Ouesta iconografia rji S. Sebastiano è piuttosto rara essendo cgu generalmente rappresentato ignudo e col corpo trapassata da treccie. Nel Museo Civico di Torino sono conservati due bellissimPvetrì a colori del secolo XVI che chiudevano le finestre gòtiche del presbitero. Trasportati un tempo nella Basilica di Superga, verniero poi donati da Casa Reale al Museo Torinese. Essi sono composti da pezzi piuttasta grossi, cioè il dipinto su vetro non tv più trattato à mosaico come nei secoli XII e XIII, secoli d'oro dell'arte vetraria francese, ma come un quadro. Questi vetri sono rare reliquie dell'arte vetraria medioevale piemontese che dovette assumere largo sviltìp"po per le memorie che si htono di pittori su vetro. Quest'arte pervenne in Piemonte dalla Francia. Si sa che nel secolo XVI il duomo di Torino fu ornalo, con vetrate a colori, e nel santuario di Crea su di una vetrata è rappresentata un' « Annunciazione » attribuita a Martino Spanzotti piemontese. Al termine della sua diligentissima desori zione l'autore riporta il giudizio di Riccarda Brayda che nel 1885 in un suo studio sul « Medioevo in Val di Susa » scrisse che « nella bellissima chiesa di S. Pietro in Pianezza molto vi serehbe da meditare per l'artista per, l'archeologo e per l'architetto». P'er conto suo l'autore nel prender èom miato dal lettori esprime l'augurio che l'o pera sua valga: a commovere gli ammiratori dell'arte e. dei fasti storici della nostra regione, affinchè sia tjns»rvat0i ai posteri il nobile e suggestivo edificio. Nobile augurio, al quale si associano quanti hanno in onore le memorie storiche ed artistiche del Piemoinite e per la cui realizzazione l'ing. Eugenio Olivero ha con questa, sua pregevole opera portato un valido contributo di dignità e di competenza. L. B