Simla

Simla Fra le montagne dell' Hymalaya Simla (Dal nostro inviato speciale nelle Indie) SIMLA, luglio. ( /Molliamo .di smontarci un poco. Questa spaventosa India, « mi pare che l'aggettivo sia giusto perchè l'India d'oggi alla fine vi sbigottisce, bisogna prenderla con una eptcie di deliberata indiiì'erenza. Non che in India sia tutto epico e di proporzioni superiori, le miserie come le grandezze, le idte come gli errori, le catastrofi come i feromeni fisici. Ma infine l'India, < this big, big country » è sempre l'India e non v'e scetticismo o povertà di attitudine a stupii si che la possano ridurre ad un paese come gli altri. Qui, per esempio, a Simla, dinanzi alla veduta della catena principale dei l'Hymalaya. ( Juando sono giunto a Simla, l'Hymalaya noi si vedeva. Era nascosta dai vapori. Si va levano le anticateno precedenti lo spartiacque, ma becche da tutte le parti il quadro fosse d'una grandiosità inimmaginabile, sentivo che se non avessi potuto contemplare la muraglia dietro la quale vi è il Pibet e la Cina, sarei ripartito deluso. Mi» stamane! Stamane le montagne più alte del mondo, le titaniche Alpi d'Asia, che vanno dal Caschemire alla Birmania, erano lì i toccarsi. E davano intera la sensazione della loro incomparabile altezza. Mi avevano detto che da Simla, che è a quasi 3000 metri sul mare (le abitazioni sui cocu zzoli più elevati dell'indefinibile città sorpaisano quell'altezza) l'aspetto dell'Hymalaj ria non era così opprimente come si potè 73. immaginare. Viceversa, non esiste para gono di panorami alpini che regga al confronto. E poi! E poi è il pensiero del Pf «se che si è lasciato alle spalle, di quella sterminata torrida piana coperta di civiltà, coperta, di strade ferrate, densa di metropeli innumerevoli, metropoli della morte, metropoli degli studi, metropoli dell'industria, coperta di barbarie ancora, di deserti e di foreste; è, ripeto, il pensiero del subcofntinente che vi fa apparire l'Hymalaya come il ciclopico muro degno della Terra :cHo chiude. Muro, muraglia, non montagne. Settemila, ottomila metri d'altezza media, ma muraglie, non montagne. Questa idea della muraglia contrapposta alla montagna mi è nel pensiero come se contenesse il significato, l'espressione e la funzione dell'Hymalaya rispetto all'India. Tutti hanno letto in qualche libro che l'Hymalaya è un suggello, che non v'è per la sua sterminata estensione una valle che s'apra a consolare con la frescura dei venti delle grandi altezze le piane dell'India e del Gange. Valli longitudinali tutte, quelle dell'Hymalaya, che fanno dell'immensa regione ur. Paese a sè, un ostacolo egoistico, una; barriera avara dei suoi privilegi. A Kalka,' ai piedi dei monti, da dove parte la piccola ferrovia che per otto ore s'inerpica sin quassù, si è oppressi durante l'estate indiana che va da marzo a novembre, dalla stessa torrida temperatura di Delhi, di Labore, di Allahabad. L'Hymalaya sbarra le vie al vento e gli uomini bianchi per trovar la frescura hanno dovuto salire, salire sino al limite dove i battiti accelerati dei loro cuori potevano consentire .un soggiorno permanente. E così e nata Simla, Simla in vista, dell'Hymalaya, Simla fresca per fòla virtù barometrica, Simla arida e boscosa. Non musica di scorrenti ruscelli o di cascate qui, non distese di pascoli di smeraldo a Simla, ma altezza,, unicamente aJ.iezza. Sole fulminante, notti asmatiche elle sanno la pena delle acclimatazioni, aspetti d'eila'natura taglienti, violenti, estremi. Da .una parte, al nord, il ciclopico blocco ghiacciato che nessun piede d'animale toccò mai, dall'altra, verso l'India, la caligine perenne che grava sulle piane. Sul più alto «innacolo nascosto dalle densissime chiome i quercie colossali, un tempio, il tempio delle scimmie, dove questi animali, a migliaia, fanno la guardia, attorco all'edi: icio. Bisogna salire sin lassù per coglier* i 1 senso di Simla, capitale senza fisor.omia, <;ittà perduta, naufraga nella foresta, metropoli che solo le aquile dalla testa dorata "iescono a vedere riunita. Lassai, dinanzi illa pòrta aperta del tempio, sulle pietra :he portano impresse le orme dei piedi degli iddii per indicar loro il posto dove discendere in mezzo ai sacri babbuini, fra »li squarci del fogliame, la bianca muraglia appare come il termine definir'v.-> .lei desideri, starei per dire, come il 'imite dei mondo. La salita è stata ardua. Fermiamoci viino al tempio. Non troppo vicino però, che e scimmie, le dieci, ventimila scimmie custodi, sono cattive e se si accorgono che avete intenzione di sedervi sulle pietre di Siva discenderanno dagli alberi come diabolici grappoli di carne immonda e vi assaliranno e non avrete scampo che nella fuga, iù per il ripidissimo sentiero. Correrete ìer cinque minuti, non più; il dominio elle scimmie del tempio non è vasto. Altre ribù di babbuini, nemiche delle custodi, occupano la foresta sotto la sommità ed impediscono alle prime di invadere il loro dominio. Ma oggi non è giorno di battaglie di scimmie, ne io ho intenzione di sedermi sulle pietro di Siva. Voglio solo veder meglio l'Hymalaya, convincermi che quel rigido bianco sospeso nel cielo non è una grande nube sormontata da cirri di più alte nubi. Uno dei membri indiani del Consiglio dell'Impero, il Supremo Consiglio presieduto dal Viceré e composto di sei persone oltre lord Eeading, tre inglesi e tre indiani, ha in questi giorni protestato violentemente sui giornali contro l'ostinazione britannica di mantenere la sede del Governo a Simla. Dico che questa capitale alpestre c un attentato permanente all' esistenza degli uomini. Afferma che l'altezza esagerata abbrevia la vita degli europei e più ancora quella degli indiani. Denuncia all'opinione l'assurde del conglomerato artificioso di Simla dove l'India si oblia. Condanna la Amministrazione centrale che si isola, per timore del caldo, sui cocuzzoli della boscosamontagna e finisco per perdere ogni effettivo controllo sul paese. Per ultimo dà pubblicamente le dimissioni dall'alta carica e scende al piano vaticinando a breve scadenza la catastrofe inglese. La protesta, naturalmente, ha fatto chiasso, la stampa da un oapo all'altro dell'Impero, i giornali di Allahabad, di Calcutta, di Labore, di Madras, di Bombay, dove i notturni 115.o Farenheit non impediscono le nitide impaginature e il vorticoso giro delle rotative, trovano che il dimissionario ha tutte le ragioni, Simla dev'essere condannata, il Go¬ verno deve finirla di considerarsi permanentemente in villeggiatura e gli inglesi persuadersi a cambiar di abitudini. Non ne sono capaci? E allora si preparino ad una sorpresa di questo ger.ere : Un giorno (la profezia non è mia, la tolgo da un periodico indiano d'opposizione) Simla attenderà invano il faticoso treno postale che sale da Kalka. I suoi uffici telegrafici e radiotelegrafici informeranno i governanti che il paese giù è in fiamme, che i grandi ponti sui fiumi sono crollati, che le sterminate Provincie, come altrettanti pezzi di un serpente reciso, sussultano nello spasimo rivoluzionario. Si sentiranno sicuri gli inglesi a Simla perchè la capitale è un nido d'aquila imprendibile e le belle batterie da montagna dai muli possenti sono numerose, ma il cervello dell'impero sarà stato digià, al primo giorno- di sommossa, separato dal corpo... Profezie di allucinati. A parte la questione dell'altezza che veramente è un po' eccessiva per un soggiorno permanente, Simla è d'una seduzione e di un'originalità uniche al mondo. Gli inglesi sono riusciti in trent'anni a farvi convergere genti di tutto l'impero e a. darle delle proporzioni degne del continente. Distanze iperboliche e differenze di livello di migliaia di piedi, separano le sue località estreme, ma, malgrado la crisi nei mestieri più faticosi, le vetturette trainate dai montanri indù sono numerose ed è ancora possibile con 300 rupie al mese possedere un risksciow elegante e quattro sampans vestiti a modo, uniformemente, con la fascia e il turbante rossi od azzurri. Poiché Simla è una città di lusso, di grande lusso e chi si provasse a giudicare i dominatori, cioè gli inglesi, da quanto avviene a Simla rischierebbe di crederli occupati unicamente a inebbriarsi per tutto il giorno e ner le notti ancora nella fittizia dolcezza del clima, nell'oblio dell'India, cattiva, crudele terra, per tanti mesi dell'anno. Corse di cavalli all'ippodromo che è qui in una buca di cratere. Cento stradicciuole fra i boschi vi convergono ed e uno spettacolo senza l'eguale assistere dal basso al precipitare vertiginoso per le chine delle vetturette scampanellanti che portano alle corse ombrellini multicolori di tutte le foggio d'A3Ìa e d'Europa. Sotto gli ombrellini donne di tutti i colori dell'epidermide europee ed indiane ed uomini pure, di tutte le razze. Alla sera balli, grandi balli negli hoteìs alla moda. Simla ha degli hotels che possono stare a pari cor. i migliori d'Europa ed appartengono tutti o quasi ad italiani. Sono gli italiani che nelle Indie hanno insegnato agli inglesi a vivere con raffinatezza, a cibarsi meno rozzamente di quello che facessero un tempo'. E' falso che gli inglesi, nelle Indie, abbondassero di comfort e si preoccupassero di trasportarvelo. Sino ad una decina di anni fa, non esisteva nell'interno dell'India un solo albergo deconte. L'industria alberghiera indiana e un'importazione unicamente italiana, tanto che ad un albergatore italiano il governo affidò il vettovagliamento della Corte del Principe di Galles nel suo recentissimo viaggio. Ancho i grandi marajà quando aprono le loro Corti agli invitati europei, compreso quello di Gwalior, che ospitò per la caccia alle tigri il vecchio Clemenoeau — le cattive lingue raccontano che le tigri uccìse dall'ex-presidente francese avessero gli anelli alle zampe, cioè fossero state « introdotte » nella Yungla qualche ora prima della caccia — chiamano per il servizio delle cibarie albergatori italiani. Non sarà una grande gloria cotesta, ma è con una certa sorpresa che vi sentite raccontare dagli inglesi che senza gli italiani nelle Indie si dormirebbe ancora sui letti di corda, si sarebbe sventolanti .dai b pancals » invece che dai ventilatori, si farebbe la doccia con un secchio forato sospeso sul capo e a tavola si mangerebbero conserve e riso e riso e conserve... l bll h l i Ieri sera al ballo ho scoperto la ragione principale di questa apparentemente gaia e leggera fisonomia di Simla. La vcapitale estiva dell'Impero è una città abitata essenzialmente da donne. Voglio dire che fra gli europei la maggioranza è costituitala signore ingle-si che i mariti mandano quassù a passare i mesi più torridi. Non è un inconveniente grave per gli uomini, tutt'altro, per gli uomini, dico, confinati a Simla. Essi hanno molto da- ascoltare da queste anime femminili che l'India altera e disordina un poco. Ballano, ballano con una frenesia da Tabarin, preferiscono i jazz-band suonati blandamente all'indiana da musicanti goanesi con dei fischi da pitono dell'Hymalaya. E dopo il ballo, con le mani sul cuore, clic proprio questa esagerata altezza di Simla fa scoppiare il cuore nella danza, vi offrono il medesimo con la spontaneità e la semplicità con la quale si dona un fiore. E' probabile che voi, per varie ragioni, di quel cuore femminile anglo-indiano non sappiate cosa farne, ma se riuscite a persuaderlo che con l'India non c'entrate proprio nulla, che siete ur. uccello di passàggio, il cuore vi farà delle confidenze interessanti. E vi svelerà che il 90 per cento di quelle signore inglesi che partecipano al ballo rappresentano bensì la fin flcur di Simla, ma sono nate ir. India e finirà per raccontarvi il suo piccolo romanzo sentimentale innestato all'ultima rivolta nel Pungiab... « Ero ad Amristar, racconta la giovane miledy. I « siks » si sollevano, noi europei ci rifugiamo nel Forte, nel vecchio forte dei Mogol, ancora validissimo contro le sommosse. La guarnigione non contava che undici inglesi con due ufficiali. La città, duecentomila indiani. Abbiamo resistito un1 mese, sinché vennero a liberarci le truppe portate dai treni blindati. Io poi ho sposato uno degli ufficiali che diresse la resistenza. Del resto anch'io sono nata in India e ho succhiato il primo latte da una balia indù e ho avuto come bambinaia un barbuto uomo del Berar che spingeva la mia carrozzina con solennità da Sacerdote ». «E questo cosa vuol dire? n o Moltissimo perchè noi siamo degli inglesi speciali che sappiamo come si fa a governare pli indiani ! Se fossimo molto numerosi la Inghilterra non correrebbe nessun pericolo disperdere le Indie! Viceversa siamo pochi e di nuovi inglesi disposti a stabilirsi nel paese non ve ne sono quasi più. Trovano che il soggiorno è ingrato, che gli indiani sono troppo diffìcili da governarsi, che le paghe sono basse in confronto dei sacrifici e dei pericoli. E così a poco a poco gli indiani si sostituiscono agli inglesi. D'altra parte che cosa volete che facciano le migliaia e migliaia di laureati indiani che ogni anno le università fabbricano? Entrano nell'Amministrazione, poiché la suprema aspirazione di ogni indiano è diventare funzionario... Sono questi che hanno decretato l'ostracismo a Simla; dicono che ci fa freddo, immaginate! » « Ma chi la spunterà in questa specie di lotta fra gli inglesi che vogliono rimanere in montagna e gli indiani che preferiscono il piano? » « Oh, gli indiani, senza dubbio. L'India è oramai degli inglesi solo per modo di dire »... Sul viale principale di Simla, fra i giardini della dimora del Viceré sino alla piazza della cattedrale anglicana per un percorso di una decina di chilometri il passeggio vespertino è animatissimo. Panorami iperbolici da ogni parte. Agli angoli delle strade che si distaccano da quell'arteria che è la spina dorsale della capitale, per precipitare nel fondo delle valli, sono collocati cartelli indicatori dei labirinti che conducono agli innumerevoli « bangalow » privati nascosti sotto la foresta che copre i fianchi dei monti. Il sogno di ogni inglese alle Indie: possedere un « bangalow » fra i boschi di Simla, una casa fra i fiori e i canti degli uccelli, sul tetto di lamiera della quale, d'invorno, si poserà la neve. Cioè questo era il sogno antico che molti hanno realizzato, cooperando all'ingrandimento della città alpestre, era il desiderio degli uomini che avendo passato la metà della loro esistenza nel sub continente dove il bianco era il padrone, preferivano finirvela nell'illusione di soggiornare in clima temperato. Rinunciavano Così a tornare nella vecchia patria inglese, dove nou si potevano certo conservare con mezzi modesti dieci servi per il proprio personale servizio e i « ponies » per giocare al poolo e una muta di cavalli da sella. Ma oggi ! Oggi, nessuno fabbrica più « bangalow • che costano dieci volte di più di quanto costassero un tempo e nessuno compra quelli in vendita. Il colonizzatore è diventato uno speculatore -malsicuro dell'avvenire, ansioso di svignarsela appena ha raccolto un po' di denaro e privo di ogni amore per la sterminata terra, ragione prima della ricchezza inglese. Perciò Simla che gli inglesi consideravano come una specie di miracolo perchè realizza al massimo, sotto i tropici, l'illusione di un soggiorno europeo, va perdendo le sue qualità di stabilità, per tendere alla stazione climatica e più ancora all'accampamento. Il suo quartiere indigeno dove convengono genti del Tibet, del Nepal, del Cash;mire, pieno di medici ambulanti ir.dù che danno consulti sul modo di diminuire !'accelerazione dei battiti del cuore alle i. delle pianure, è un ammasso di CHh'".'-o-.jie che ogni tempesta dell'Hymalaya demolisce. Oltrepassate dopo la piazza della chiesa anglicana le casupole degli artefici del legno che vi offrono lavori d'un sorprendente buon gusto, raggiunta la sede dell'arcivescovado cattolico dove un vecchio prelato epicureo medita fra nidi d'aquile sull'ostinazione della Chiesa di Roma a sperare nelle conversioni indiane (dieci in vent'anni nella diocesi di Simla) arrivate finalmente ad una estremità della capitale. Non avete visto nulla lungo i margini della strada che vi abbia particolarmente colpito. Gli organi più delicati e complicati dell'Impero, i ministeri, gli uffici, i comandi, tutto è nascosto, tutto è perduto nei dedali dei sentieri coperti dai boschi. E quel che è più singolare a brevissima distanza dalle ultime case della capitale, la montagna è completamente deserta. Di modo che Simla vi appare come l'estrema espressione della civiltà occidentale in Asia. Essa c l'ultima città che genti europee abbiano elevato verso il nord, nel cuor© del continente. E' forse per questo che gli indiani dicono che sarà la prima a perire. ARNALDO CIPOLLA

Persone citate: Mogol, Sacerdote