Giubaland e frontiera orientale della Libia

Giubaland e frontiera orientale della LibiaGiubaland e frontiera orientale della Libia Le tacenti- dichiarazioni al scucito dell'Oli. Aviendoia, ex-ministro delle Colonie danno' maggior prcg-io di attualità a questo -articolo illustrativo della Questione del Giubaland, 1 comunicati ufficiali pubblicati sui colloquii.. tenuti a Londra dal nostro ministro degli Affari Esteri con il primo ministro britannico e con il ministro interinale degli Affari Esteri, lord Balfour, hanno annunciato che un accordo di massima è etato raggiunto sulla questione dei Giubalaiid. Alcuni giornali hanno ascritto a Buccesso personale del nostro ministro desili Affari Esteri l'aver ottenuto che la cfuestiorie del Giubaland venisse disgiunta da quella delle Capitolazioni e della difesa degli interessi italiani in Egitto, da cui prima, pur nelle trattative iifrìràali, si era fatta dipendere. Non è stato detto però so. la cessione, o almeno alcune modalità della cessione del Giubaland, il Governo inglese faccia ancora dipendere da una rettifica della .frontiera orientale della Libia, che importerebbe la nostra rinuncia alla parte occupata del golfo, di Solum e l'arretramento della nostra linea ;dl confine al 25.o meridiano (est da Gre.), vln proposito, in un assai sibillino coinuni: ceto si è detto solo che la risoluzione del'le questioni relative alla frontiera orientale della Libia sarà studiata da ima Commissione italo-anglo-egiziana. E' opportuno ricordare che la connessione dei due argomenti, non è stata mai affermata neKli accordi ufficiali per la cessione del Giubaland, o solo in seguito il Governo in«lese — ignoriamo con quale fondamento — ha voluto subordinare tale cessione alla nostra rinuncia al golfo di Solimi. .■'In materia dii compensi coloniali l'Italia non ha avuto dalla guerra vittoriosa maggiori vantàggi che in altri campi. Lart. 13 del Patto di Londra aveva si stabilito che, •nel caso in cui la Francia e l'Inghilterra .avessero aumentato i 'loro domini! coloniali d'Africa a spese della Germania, queste due Potenze avrebbero riconosciuto come principio qualche « equo compenso » iall'Italia, specialmente nella sistemazione in suo favore delle questioni concementi le frontiere delle Colonie italiane dell'Ejjritrea, della Somali a o della Libia, e delle f -Colonie1 vicine della Francia o dell'Inghilterra. Ma quando si è trattato di determinare gli « equi compensi », la Francia, con l'accordo del 12 "settembre 1919, ha consentito ad una rettifica della frontiera occidentale della Libia, che se ha 'eliminato gli angoli rientranti che alcune carte tracciavano, senza troppo fondamento, nel territorio della Tripolitania. tra Ghadàmee e Ghat e tra Ghat e i monti Tutnmo, ha però ricondotto il confine alla linea che, per l'accordo franco-turco dejt, 01906, segnava il- limite della zona neutra 'dalla parte della Turchia, tale zona assegnando presso che interamente al sud Ai igerino; l'Inghilterra, per l'accordo Tittoni Milner. del settembre 1919, migliorato per le trattative Scialoja-Milner del marzo 0920. ha consentito che il confine occidentale della Somalia italiana del thalweg del Giuba venisse spostato largamente verso occidente, secondo una linea, che, partendo da Dolo, al confluente del Daua col Giuba, piega a sud-ovest fino a raggiungere i pozzi Delgado, i più orientali dell'oasi di El Uach, e scende poi verso sud, seguendo all'incirca il 41-.Ò meridiano (est di Gre.) fino a Ras Chiamboni sull'Ocoano Indiano, includendo un territorio di circa dOO.000 chilometri quadrati ed una linea costiera di circa 120 chilometri, con Chisimaio e Port Durnford. \ Bui- valore delle concessioni fatte dalla (Francia non è qui il caso di intiattenercisi Basterà affermare che la rettifica della frontiera occidentale della Libia si è compiuta più nell'interesse dell'Algeria che 'della nostra colonia, rimandando per la dimostrazione di tale asserto ad un chiaro e convincente articolo pubblicato dalla prof. Feliciangeli nella «Rassegna itaiia na del Mediterraneo » (Anno I, fase. 2.o, ■febbraio 1921). Intendiamo invece soffermatici a considerare il valore della concessione fatta dall'Inghilterra, per dimostrare come anch'essa sia ben lontana da [quelle che potevano essere le nostre legittime aspirazioni. Chi volesse fare un processo alle intensióni potrebbe affermare che l'Inghilterra, ^cedendo il Giubaland, si ò liberata di un {'inutile peso, in quanto ci ha ceduto un territorio che di fatto sfuggiva, almeno in gran parie alla sua dominazione. Non soltanto tra i Somali nomadi, ma anche tra gli Uagoscia agricoltori, si è sempre mantenuta viva agitazione contro il dominio inglese; ed il lievito della rivolta è rimasto anche dopo le fiere repressioni seguite allo insurrezioni sanguinose del 1910 e del A916. Cosicché, in questi ultimi tempi, gli ■Inglesi residènti nel vasto territorio somjnavano appena a tre o quattro diecine — tutti o quasi a Chisimaio — e la regione rimaneva quasi completamente fuori del loro, .controllo. ■ E forse in questa mancanza di sicurezza, più che in una scarsa fiducia nella produttività della colonia è da ricercarci la causa per cui l'Inghilterra non ha fatto quasi nulla per la organizzazione di essa. Ma, a parte ciò, esaminiamo obbiettivamente e senza preconcetti il valore intrinseco della concessione. Vantaggio indubbio sarà per noi, il possesso di tutta la ricca valle del Giuba da Dolo o Lugli alla foce, valle costituita da terreni alluvionali fertilissimi, che si mostrano, a giudizio dei competenti, adatti alla più svariate culture tropicali. Nò minor vantaggio potrà venirci dal possesso do] porto di Chisimaio., Ma anche a proposito di tali vantaggi non bisogna esagerare. Gli studi più recenti (vedi per tutti l'ottima monografia riassuntiva di Ruggero Gani, pubblicata a cura delia Società africana d'Italia) hanno sfatato la leggenda del valore del Giuba come grande via di comunicazione. Un fiume navigabile solo per ìalcuni. tratti del suo corso — da Gobuin a Sereni! —, e per alcuni mesi dell'anno — quattro o cinque al massimo — da vapori | 'di minimo tonnellaggio è indubbiamente una via di comunicazione assai mediocre, r come quella che non può assicurare un I traffico continuo tra le zone rivierasche e * 'il mare. Esclusa la importanza del Giuba come via di comunicazione, se ne afferma Invece il Erande valore come canale di Irrigazione: ed il valoroso direttore dell'Istituto agricolo coloniale, dott. Mazzocchi •Alemanni, che ha studiato sul posto e quindi ben conosce la regione, in una monografia pubblicata nel 1919, .ha illustrato «n suo progetto sullo sbarramento del Giuba per irrigare grandi estensioni di terreno fertilissimo, attualmente inutilizzabili ner la aridità del clima, e permettere così su larga scala la coltivazione del cotone, da cui potrebbe ricavarsi un prodotto ottimo come qualità, ed in quantità tale da raggiungere il quarto del nostro fabbisogno. Se non che l'azienda coloniale richiede, come ogni altra azienda, oltre al capitale d'esercizio, un notevole capitole d'impianto; e questo nel caso nostro dovrebbe essere cosi alto, che, indipendentemente dalla crisi economica attuale, e da dubitare se così da parte dello Stato per le opere pubbliche indispensabili, coinè da parte .di privati per le opere dirette à o e e e e o e di messa in valore, potrà essere compiuto 10 sforzo economico necessario. Anche ammettendo che il capitale straniero possa intervenire direttamente o indirettamente nella me3sa in valore della colonia, deve ritenersi che tale possibilità non potrà verificarsi se non quando sia garantita là sicurezza della regione, quando sia escluso 11 pericolo del ripetersi di ribellioni dalle quali, come da fiamma devastatrice, possa andare distrutta l'opera di colonizzazione ed essere annullato lo sforzo economico compiuto. Ora, per quanto possa essere prematura ogni previsione sul modo come gli indigeni si acconceranno alla nostra dominazione, non è possibile liberarsi da un ragionevole pessimismo, ricordando le vicende non liete nè fortunate della dominazione inglese. Voler trarre argomento a bene sperare dal confronto tra le condìzioni interne delia Somalia italiana e quel, le del Giubaland — cosi scarsamente conosciute questo ultime — e dalle affinità per razza e religione delle popolazioni che vivono nei rispettivi territori, e ritenere che i Somali del Giubaland, se pur non gradiranno la nostra occupazione, rimarranno tuttavia tranquillamente soggetti corno i Somali del nostro territorio sulla sinistra del fiume, può essere soverchio ot. timismo e forse causa di dolorose delusioni. Certo molto dipenderà.dalla politica indigena che sapremo seguire. Ma, si realizzino pure le più rosee speranze circa i risultati della nostra politica; si giunga veramente ad assicurare quelle condizioni di sicurezaz indispensabili perchè il capitale italiano o straniero venga impiegato nella messa in valore della colonia, sarà possibile valersi a tal fine della mano d'opera indigena? Questo problema della mano d'opera in una regione che non può divenire colonia di popolamento, e dove gli indigeni sono ancora — nella grande maggioranza — dediti alla pastorizia e rifuggono dai lavori agricoli, è veramente uno dei più gravi e di più difficile soluzione. Nel Giubaland, su 140 o 150 mila abitanti •— largamente calcolati — quolli dediti alla agricoltura non oltrepassano i 30 mila. Seno gli Uagoscia, un agglomerato di popolazioni di diversa origine, stanziate sulla riva destra del fiume da Mfudu a Gobuin, gli unici dediti alla agricoltura, e da essi unicamente potrà trarsi la mano d'opera necessaria alla colonizzazione. Le tre grandi tribù somale stanziate nel territorio — da sud a nord, Harti, Ogaden, Merehàn — rifuggono da qualsiasi lavoro manuale e sono dedite esclusivamente alla pastorizia, come pure alla pastorizia sono dediti i Borana e i Garra, stanziati nella parte nord della colonia, dai pozzi di El Uach al Daua, e lungo questo fiume. Che queste popolazioni possano abbandonare i loro istinti nomadi e trasformarsi in tranquilli agricoltori non sembra possibile; ad ogni modo l'opera di colonizzazione non può fare su ciò assegnamento. E polche la immigrazione di mano d'opera indigenada altre regioni dell'Africa, come ad esempio dalla Abissinia meridionale, appare estremamente difficile se non addirittura impossibile, il problema della colonizzazione si presenterà per molti aspetti insolubile, anche perchè non sempre nè dappertutto sarà possibile sostituire alla lavorazione manuale la lavorazione meccanica. Maggiore importanza che non l'agricoltura potrà avere l'allevamento del bestiame. Invero^ l'accrescimento del patrimonio zootecnico della nuova colonia più che dalle varie malattie da cui il bestiame è periodicamente e largamente decimato, sarà limitato, come nella Somalia italiana, dalla aridità del clima, dalla scarsezza dei pozzi, dalla impossibilità di sfruttare in ogni tempo i pascoli nelle prossimità delle paludi e corei d'acqua infestati dalla mosca tzè tzè. Tuttavia anche escludendo la possibilità di un grande accrescimento del bestiame attualmente esistente, questo sembra costituire un patrimonio zootecnico assai ricco e del quale potrà trarsi notevole vantaggio. Ma è perciò necessario clie non vengano esclusi dal territorio a noi ceduto quei gruppi di pozzi intorno ai quali, nei periodi di siccità, va a raccogliersi il bestiame della colonia. ì principali di questi gruppùsono, da sud e nord, Afmadu o Afmedò, Uageir ed El Uach. Di essi solo il primo, che trovasi a circa 150 chilometri da Chisimaio, e la parte niù orientale del terzo, cioè i pozzi DelKado. sarebbero compresi nel territorio, secondo è stato delimitato dagli accoro Scialoia-Milner. Ora il possesso di tutti e tre questi gruppi di pozzi è necessario non solo per il mantenimento e lo sviluppo del patrimonio zootecnico della colonia, ma anche per lo sviluppo di quel modesto traffico che dalle regioni dell'Etiopia me.ridionale sarà possibile avviare verso i nostri porti sull'Oceano indiano. E' necessario, a tal fine che le vie carovaniere stabilite o attuate dall'Inghilterra per collegare quelle regioni a Chisimaio rimangano tutte in nostro possesso. In caso diverso, potrebbe rinnovarsi ner noi, nei riguardi del retroterra del Giubaland la delusione provata quindici o vent'anni addietro nei riguardi dell'hinterland del Benadir. Avevamo creduto che, per la via Dolo-Lugli, il traffico delle regioni dell'Etiopia meridionale si sarebbe diretto ai porti del Benadir, ma in breve tempo l'Inghilterra seppe operare in modo da deviare le linee commerciali verso la sua colonia, sia con la istituzione di stazioni lungo la destra del Giuba, in opposizione alle nostre della riva sinistra, sia con l'attrarre nella sua sfera d'influenza alcune delle regioni di transito, come il paese dei Borana, sia finalmente iniziando la creazione di una carovaniera che per Movale (Fort Harriugton) e per El Uach raggiungeva Sereni! — la stazione inglese del Giuba in opposizione alla nostra di Barderà — e di una linea fluviale che da Serenli giungeva a Gobuin alla foce del fiume. Perchè il Giubaland possa avere una funzione commerciale e mantenere e svihmpare le corlenti di traffico col retroterra, è necessàrio che sia tutta in nostro territorio la suindicata carovaniera Moyale-Serenli. Solo quando comode e sicure carov niere convergeranno dal retroterra della colonia verso Chisimaio, questo porto, antica e costante aspirazione dei colonialisti italiani, acquisterà veramente un notevole valore. Perchè — è bone intendersi anche a questo riguardo — la rada di Chisimaio, anebe quando, con spese non indifferenti, potrà essere ridotta a comodo e sicuro ancoraggio, non potrà essere mai altro che lo sbocco della valle del Giuba e ddl suo retroterra. E' errore assai diffuso quello di ritenere che il possesso di Chisimaio possa risolvere il problema degli approdi nella nostra Somalia. Basta gettare un'occhiata su una carta della nostra colonia per convincersene.. Una colonia i cui con; fini sono disposti all'ingrosso come i lati di un trapezio, con la base più lunga sull'Oceano indiano, non può certamente avvantaggiarsi di un porto, per quanto comodo e sicuro, che si trovi all'estremità meridionale di questo lato più lungo, tanto più quando siano assai scarsi i mezzi di comunicazione. Chisimaio rimarrà dunque Io sbocco naturale della valle del Giuba, dcssdpddspLcQlhTmi gosaspatlcdppvsncgdsvgzpstccSanmLsasdgopss(1ALvfghcpur e potrà in avvenire acquistare vera importanza se verso di esso sapremo far coufluire le linee di traffico con le ricche regioni dell'Etiopia meridionale. Ad assicurare olla nuova colonia le suindicate condizioni di sviluppo economico e commerciale, speriamo siano- riusciti' gì, sforzi del Giostro ministro degli affari esteri e la sapienza dei periti del Ministero delle colonie, da lui chiamati, a Londra per aver lumi sulla questione. Una carta di grande valore del nostro giuoco è indubbiamente la aspirazione inglese al possesso dell'intera baia di Solum. La ragione per cui l'Inghilterra aspira a stabilirsi saldamente su questa baia, ai fini della sua politica presente o futura verso l'Egitto, facilmente si intende. Ora noi potremo secondare tale sua aspirazione, cederle Burdi Sleiman (Porto Bardia) e le altre località da noi occupate: sul Golfo tlfc-Solum, arretrando il confine orientale della Libia al 25o. meridiano (est di Gre), secondo lo hanno già tracciato con eccessiva precipitazione alcuni atlanti? italiani (vedi L. Visiritin - Nuovo.atlante per tutti), ma a condiziono d'i ottenere in cambio apprezzabili e reali vantaggi. RUMI.