"Combattenti e siluraati,,

"Combattenti e siluraati,, "Combattenti e siluraati,, Laasa editrice Taddei di Ferrara sta per pubblicare un interessante volume-. Combattenti e silurati, di, Antonio Monti. Dalle bozzc di stampa ci è consentito riprodurre queste pagine relative al «caso Brusati*. 11 "traditore,, Nella tranquilla stanza di via Depretis, dove la Commissione soleva radunarsi da parecchi mesi ormai, si presentava ai primi di maggio del 1918 un vecchio generale il cui nome, nell'opinione pubblica, era sinonimo di traditore. Della maschia fierezza che tanto simpaticamente distingue i nostri ■ vecchi ufficiali non era possibile scorgere alcuna caratteristica in quell'uomo curvo, dall'occhio velato di rassegnazione 1 come per una abitudine inveterata, dal nessun risalto che un inelegante abito nero dava alla sua persona. Il colore dei capelli e dei baffi, sui quali sembrava che il- tempo e le avversità non avessero lasciata alcuna traccia visibile, poteva concorrere a far passare quell'uomo inosservato e oscuro fra mille, e sottrarlo al senso di rispetto, che ogni vecchio suscita in chi lo avvicini. Era un sopravvissuto alla sua vita ed alla storia Infamata della sua vita. Per il glosso pubblico egli — come narrava da due anni la leggenda creata dalla malignità della gente, ignara e fantastica — era .fisicamente morto, fucilato per ordine del generale Cadorna, di cui si ebbe anche la spudoratezza d'affermare che in una riunione di alti comandanti, pochi giorni dopo lo scoppio dell'offensiva del Trentino, aveva percosso quel generale col suo frustino dicendo: «Ecco come si puniscono i traditori! ». L'onor suo poi, la sua riputazione, la vita civile erano miseramente naufragati — secondo quanto narrava un'altra stupida leggenda molto accreditata — il giorno in cui egli era stato visto in una stazione ammanettato fra i carabinieri, fatto segno, [l e a . ò o , e n i i a o a l n o a e sl i o i ai : di sa, e lise u¬ cèrne Gesù Cristo alla colonna nella casa di Ponzio Pilato, agli sputi ed alle imprecazioni de' patrioti, alle maledizioni delle madri e delle spose de' combattenti. Il generale Roberto Brasati, già comandante della Prima Armata. Che altro aveva narrato la trista leggenda? Ch'egli aveva una moglie austriaca, che. un suo figlio combatteva in Austria, che a Ve-' rona si dilettava con le canzonettiste invece di preoccuparsi dei preparativi del nemico... La guerra egli l'aveva finita il giorno 8 maggio del 1916, sette giorni prima che il nemico sferrasse sugli Altipiani la sua offensiva; ma da quel giorno un'altra guerra ben-più terribile e spasmodica era incominciata contro di lui, traditore della patria. Nell'oscuro rifugio sul lago, dove aveva creduto nascondersi, lo perseguitava l'astio" della gente; nella grande metropoli lombarda, dove aveva pensato di poter meglio sfuggire ai suoi segugi, il comandante militare gli faceva dire d'andarsene, come si bandisce un essere rognoso o pericoloso. Sulla sua casa veniva scritta di notte una parola, la sola parola, che ormai il vocabolario portasse per lui: traditone ! Lettere anonime gli giungevano, lo scovavano spesso, per lacerargli l'animo con quella parola. Il Codice penale militare punisce gravemente la propalazione di ingiurie e di calunnie contro i superiori ; ma divulgare- cotall calunnie contro un tal uomo, che aveva messo a repentaglio la sicurezza del pac:e, era giudicata colpa lieve e mitemente colpita. Gli ufficiali ed i soldati che eransi resi colpevoli di quelle denigrazioni avevano in loro favore l'attenuante fortissima dell'esacerbato dolore che ogni Italiano provava per 11 danno subito dal paese. La riabilitazione Ognuno può rendersi ragione del complesso caso Brusati leggendo il volume del generale Vigano, il capitolo V del volume primo delle memorie del generale Cadorna, che .dedica all'offensiva del Trentino ben 92 pagine, e< quanto scrisse testé uno dei più strenui difensori di Cadorna, Angelo Gatti, il quale valendosi di una finzione letteraria assai comune, consacrò 34 pagine del suo volume Uomini e folle di guerra a scagionare l'ex-comandante supremo dalle accuse che gli vennero mosse per l'offensiva austriaca nel Trentino, ed in modo speciale dall'accusa di non averla preveduta. Ne va trascurala dagli studiosi la relazione della inchiesta relativa a Caporetto, dove il contrasto tra il Comando supremo e il comandante della l.a Armata circa la possibilità di un attacco nemico dalla parte del Trentino costituisce una delle documentazioni più interessanti delle varie fasi della nostra guerra. Finalmente, può essere utile consultare la Storia militare della nostra guerra (Ino a Caporetto del- Barone, che però non potè valersi dei risultati dell'inchiesta di Caporetto. .- 11 Brusati, vuoi perchè consigliato da un !• senso di lodevolissima prudenza, vuol perchè da buon soldato non abbia ancora credulo giunto il momento di mettere in azione tutte quante le sue batterie, non ha finora partecipato alla polemica. Infatti è assai notevole la circostanza che il Brasati sia stato completamente riabilitato solo in conseguenza di Iniziative estranee alla propria volontà, vale a dire dallji Commiissione Mazza e dal Ministero, il quale, dopo aver trasmesso a Cadorna, come afferma il generale Vigano, il lungo verbale steso da quella Commissione; ne mantenne le conclusioni, nonostante la replica dello stesso Cadorna. Il 2 settembre 1919 venne emanato il decreto reale in forza del quale si revocava il Decreto luogotenenziale del 25 maggio 1910 che aveva messo il Brusatii a riposo d'autorità ; egli veniva nuovamente inscritto nei ruoli dello esercito permanente. Come era stata pubblica e solenne la condanna nel 1910, così fu pubblica e solenne la riparazione, che l'autorità militare e politica diede al Brasati. Questa, almeno, era l'intenzione. Ma nel 1919 l'opinione pubblica non Si interessava più con grande ardore alle questioni della guerra, almeno il grosso p'ubbliico le aveva dimenticate. La enorme massa de' combattenti, nella quale figurava un milione all'incirca di contadini analfabeti, era ritornata al proprio oscuro lavoro sulle montagne, nelle lontane 'valli, nei piccoli paesi, dove non giungono 1 giornali e dove il tempo libero dal lavoro si passa in chiesa o all'osteria. La vittoria aveva predisposto generosamente gli animi degli altri, di quelli che sanno leggere e scrivere, all'indulgenza ed all'oblio. — E che? — dicevano essi — ora che abbiamo vinto, si debbono riaprire le piaghe da tempo rimarginate? — Ma l'o bllo è spesso uno dei più fieri nemioi dell'uomo; esso gli sottrae 1 tesori dell'esperienza, lo fa dimentico degli errori e delle colpe commesse, lo fa ritrovare ignaro ed inesperto davanti alle serie contingenze della vita. Il facile oblio dei dolori che la guerra ha portato nel mondo preparerà il terreno propizio per nuove guerre. Cosi la riabilitazione del Brusati rimaneva circoscritta nell'ambito dei militari di carriera, degli uomini politici, degli illuminati lettori di giornali. Ma il grosso pubbMco continuava a credere — e tuttora lo crede — che nel 1916 ci sia stato m comandante di armata che per compiacere la moglie austriaca e per non fare uccidere il proprio figlio combattente nelle file austriache, abbia aperto al nemico le porte d'Italia. E dire che quest'uomo aveva una moglie americana e che il figlio si guadagnò una medaglia al valore sul campo Italiano! ' Orrore! C'è più ingiustizia e malvagità, c'è maggior indice di perturbazione del nostro senso morale in codesto sottacere parte della verità, oggi, di quanto non ce ne sia stato anni or sono, quando per l'eccesso delle accuse e delle calunnie si poteva almeno invocare l'attenuante della passione patriottica per i rovesci militari nel Trentino. Carlorna-Napoleone Benché da punti di vista diversi, la relazione dell'inchiesta su Caporetto, il Gatti, il Baroni, i! Vigano concordano sostaozialmente nello spiegare la. genesi del contrasto fra quei due uomini: Cadorna e Brusati. Un errore dii apprezzamento della posizione dell'avversario, un'esagerata fiducia nella propria superiorità d'intelletto e nella propria conoscenza dell'arte della guerra quella stessa grande fiducia che può far dire a un comandante nelle circostanze più gravi : « Se Napoleone si trovasse nei miei panni., non [ Sj diporterebbe diversamente » — come se o i o u a a , i a — e o Napoleone fosse un termine di paragone di valore assoluto In ogni circostanza — pare abbiano Indotto Istintivamente il nostro Comando a preoccuparsi delle mosse del nemico forse più In base al plani che esso avrebbe attuato se si fosse trovato dall'altra parie, che irtn in base ai propositi, che chiaramente il nemico manifestava. Che Cadorna dovesse vincere la guerra, e non mai perderla, era, più ancora che una volontà fortissima, una sua convinzione assoluta — convinzione certamente necessaria e preziosa in un comandante, perchè è tanta parte della sua forza effettiva — ma. a detta del Vigano e della Commissione d'inchiesta su Caporetto (pagine rispettivamente, 332 e 14). tale convinzione il Comandante Supremo la manifestava in un modo curioso, perchè riteneva idioti i ministri e. precorrendo gli avvenimenti, si vedeva già davanti « quei signori, dopo la vittoria, in atto di offrirgli in elemosina una ricompensa, che egli avrebbe rifiutato ritirandosi in uno sdegnoso silenzio ». Entrato in campagna con la convinzione precisa che non si dovessero mitrire preoccupazioni circa la probabilità di un attacco nemico dal Trentino, ma tuttavia col proposito di fronteggiarlo, se si fosse avverato, mediante un fulmineo spostamento di truppe da altri settori.facendole volare nel Trentino con rapidissimi mezzi di comunicazione, sembrava naturale, data la sua mentalità, che egli si trovasse disposto ad assumere un atteggiamento di furberia davanti ai preparativi nemici col non prenderli sul serio, quando questi preparativi venivanglt segnalati. Ma in realtà non era una prova di furberia il ritenere l'avversario troppo sapiente, il non crederlo capace di avventurarsi In imprese pazze ed azzurde.' che talvclta sono quelle appunto che fanno piegare la Vittoria. La guerra è un'arte, e certamente! più arte che scienza, perchè consiste nell'ottenere il massimo risultato col minimo impiego di mezzi e nel far agire convenientemente nell'uomo tutte le molle che, ben tese, sono più forti dell'istinto di- conservazione. La mossa presunta assurda e intempestiva si rivela geniale quando essa, cogliendo il nemico di sorpresa, o quando è reso debole dalla sua incredulità, gli arreca un danno grave, cioè una sconfitta. Il generale Vigano, che nel suo non sempre sereno volume ha delle pagine molto giuste e dominate da una logica ferrea per la questione del Trentino, sorride della giustificazione, che si vuole imporre della incredulità da parte di Cardona circa l'attacco dal Trentirio: e infatti non sarà mai possibile dire: io non potevo credere il nemico tanto bestia da pensare in quel momento a quell'attacco, senza che non si possa trionfalmente rispondere: se il nemico ha attaccato, vuol dire che la cosa era possibile. L'accaduto uccide il dubbio. Il generale Cadorna, non contento di consigliare gli altri a convenire con lui che un buon comandante non poteva attribuire al nemico l'assurdo piano effettivamente seguito, cioè ossessionato dal bisogno di togliere ogni valore alla sua ormai proverbiale incredulità, chiede rer bocca del suo difensore Gatti : — Mi! so*no io spogliato tanto, nell'azione, della mia personal© convinzione da rompere il tentativo nemico? La realtà è stata da. me. al momento giusto, giudicata e fronteggiata con animo preparato e con mezzi adeguati? Il nemico ha conseguito la sua meta?.... — Questo è veramente il punto della questione. Il generale Vigano risponde che il tentativo nemico fu frenato ma non rotto, che in parte la mèta fu dal nemico conseguita, perchè noi perdemmo alcuni monti che hanno tanta iimportanza nel giunco della, difesa dell'Altipiano dei Settp Comuni, e che non riprendemmo se non con Vittorio Veneto. Grave questione, sulla quale sarebbe temerario interloquire da parte mia, che sulla scorta dei: eia citati volumi e da privato cittadino vado ripensando al passato. Ma giacché ora, per fortuna dell'Italia, ogni pericolo è scomparso e' si possono fare delle innocenti esercitazioni, si può chiedere: K se il Comando Supremo avesse fin dall'inizio della guerra riconosciuta la possibilità di uri attacco nemico dal Trentino, ed avesse creduto alle continue premure In proposito del generale Brusati ; s'egli avesse predisposto per tempo in quel punto truppe adeguate invece di scaraventarvi in poche ore più di 200.000 uomini per ferrovia e mediante camions, parecchi de' quali si trovarono senz'accorgersi in territorio nemico; se codesti uomini — comandanti e soldati — avessero avuto tempo di conoscersi fra di loro e di conoscere bene il terreno sul quale si U'ovur<*uo gai ». dover combattere ; m. In¬ somdelnonnemricsivpermarazspesortormicatdegcortipMvoldalil miTul'imyonecodimpoe credivdale napiemotrodeprtasdi staCalafreponefiubidereprlodipugotindone« NcostdistpldicasasocogepralginlaringavfigrforibpnrefomstsuqAqCrmcrusvcmvecdbCrmclimaascsmplrmnfnlcdqeEsdssa t a a a e! n è a o a o a e l e e , à a n a a elel p n ae mi al a, e en sd oeee eae — di le n¬ somma, egli avesse creduto di più all'asinità del nemico e meno alla propria sapienza, non sarebbe stato meglio? E' vero che il nemico fu fermato e fino ad un certo punto ricacciato, ma è pur vero che in quell'offensiva e in quella contr'offensiva molti italiani perdettero la vita, e molto materiale cadde in mano del nemico. Ma questa è una considerazione che fanno gli uomini come me, inesperti dell'arte della guerra, e forse i tecnici sorridono di compassione verso questo scrittorello che sta qui a preoccuparsi di qualche migliaio di piastrini di riconoscimento staccata per cura dei portaferiti dalle giubbe degli uccisi sulle Insanguinate pendici della corona di monti appunto, che circonda l'Altipiano dei Sette Comuni. Realtà fantastica Ma il generale Vigano e il Gatti coi loro volumoni, mi hanno condotto un po' lontano dalla tranquilla stanza di via Depretis, dove il Brusati mostrava alla impenetrabile Commissione i suoi venti chili di documenti. Tutta codesta carta venne a finire dopo quell'impressionante interrogatorio sul mio iayolo, standovi per molti giorni, quanto fu necessario perchè io mi digerissi tutto quel complesso di direttive e di ordini, di specchi dimostrativi e di elenchi, d!i lettere e di deposizioni, di memorie e di ricorsi, di carte e di schizzi d'ogni dimensione. Alla fine io credevo di maneggiare 1 corpi d'armata e le divisioni con una disinvoltura da disgradarne lo stesso Brusati, sapevo a mente tutte le batterie, le brigate, li quintali di filo spi nato, i paletti da reticolati e le p\ ze da piedi, che gli avevano tolto durante il pri mo anno di guerra per mandarle sull'Isonzo, trovavo immediatamente sulla carta i segni delle varie linee di difesa... Ma alla notte si produceva nella mia mente una ridda fantastica di comandanti silurati e di siluratori, di granatieri che s'immolavano alla conquista di una posizione, di generali ai quali Cadorna affidava l'alto onore di comandare la Serenissima, purché si impegnassero a frenare l'offensiva nemica. Allora faceva capolino nella mia mente in subbuglio un generale alto e magro che faceva il gran rifiuto, dicendo di non poter firmare la cambiale, e perciò veniva rimandato al comando della sua zona; dietro a quel generale trotte rellava l'amico Bastianin, il notissimo proprietario del ristorante Alfieri in Torino, allora soldato semplice e compagno di svaghi di quel bravo generale — ahi, morto lui pure! Poi mi pareva di trovarmi in un Vagon-Salon, di ritorno da una visita in Trentino col generale Cadorna il quale, riferendosi ai timori di Brusati e ai preparativi del nemico, diceva guardandomi severamente : « Non mi attaccheranno! Fanno troppi reticolati !» Io mi confondevo, non potevo so stenere lo sguardo di quel superiore, e mi disperavo pensando che certamente sarei stato silurato. Silurato io, capitano di com plemento, autore innocente d'innocenti libri di storia!... Che cosa curiosa sono i sogni Se ci fossero stati da esaminare altri due caso come quelli del Brusati, io credo, che sarei finito al manicomio. Però fu una bella soddisfazione il giorno in cui il verbale, compilato sotto la diretta ed abile guida del generale Mazza, anzi in gran parte da lui predisposto, venne presentato e letto agli altri due membri per la firma. La dattilogr-ifa aveva fatto i titoli dei diversi capitoli in inchiostro rosso, aveva, secondo l'ordine lasciato uno spazio bianco ogni volta che ricorreva il nome del Brusati, perchè essa non doveva sapere cfci chi si trattasse — segreto d'ufficio! — ed 11 generale Cantoni aveva scritto dentro di suo pugno quel nome, firmando poi egli pure il verbale come segretarie della Commissione e per copia con forme. Ora, quando ci ripenso, mi vien da ridere. Copia conforme di che, se quel verbale era l'originale? Mah! Contraddizione... capórettianà Molti altri comandanti non credettero ai preparativi che il nemico faceva per una nuova grande offensiva dalla parte di Caporetto. Speravano che anche quell'attacco fosse un bluff, uno dei soliti bluff del nemico, al quale bisognava dimostrare la nostra maggie.e intelligenza col non prendere sul serio i suoi preparativi. Ma quel bluff quanto danno ha arrecato al nostro paese!... Alcune eminenti personalità militari, e fra queste il Barone, fanno carico al" generalo Cadorna di non essersi dimesso dopo le operazioni della metà del 1917: altri, e specialmente il Gatti, pare sostengano il contrario, cioè affermano che a Cadorna spetta il merito di averci condotti lui al Piave, come ad una meta strategicamente vitale, donde l'esercito ha potuto sferrare l'attacco finito vittoriosamente a Vittorio Veneto. Nel loro concetto sembra che Caporetto sia stato un male necessario, provvidenziale e par che vadano ripetendo l'antico adagio : nccesse est ut eveniant scandalo. I miseri profani come noi non sanno, fra tanta antinomia d'opinioni autorevoli, come risolvere il dubbio che li tormenta, poiché è chiaro che se Cadorna si fosse dimesso prima di Caporetto, forse il disastro ci sarebbe stato ugualmente e a noi sarebbe mancato il generale capace di .condurci al Piave. — Noi, Italiani, al Riave! — cioè ci siamo andati per iniziativa di Cadorna, dice il Gatti. Ma il merito di averci condotti al Piave non è per avventura distrutto dal demerito di non aver saputo prevenire la rotta di Caporetto? Torse coloro che fanno consistere tutto il segreto della nostra vittoria nell'aver indicata ed organizzata la linea del Piave, non s'avvedono di questa contraddizione, che mentre per spiegare la rotta militare di Caporetto non tengono conto di altre cause ,all'infuori del disfattismo, cioè della mancata resistenza delle truppe, non danno poi alla magnifica resistenza dell'esercito sul Piave 11 necessario valore. In sostanza essi tengono a far passare questo poco convincente ragionamento: la colpa di Caporetto è di tutti all'infuori di Cadorna; il merito di aver scelto come linea cJi difesa il Piave è solo di Cadorna. Ma è merito maggiore l'aver scelta quella linea o l'avervi saputo resistere? Non era forse miglior linea quella dell'Isonzo?... Ed allora, chi esamina i fatti con serena coscienza può aver l'impressione che si cerchi di separare ad arte, nell'operato di quel nostro sfortunato generale, il bene dal male, sia per il Trentino come per Caporetto, e che il bene si attribuisca solo a lui. ed il male a tu»'altri sue » iv». antonio uqnti VCV