Il Parlamento

Il ParlamentoIl Parlamento (Nostra corrispondenza particolare) PARIGI, settembre. Le teste più forti del secolo, Comte, Le Play, Balzac, Taine, Renan, l'avevano condannato. Lemaitre aveva gridato: «Il Parlamento finisce nel fango, sollevando dal seno del popolo quello che contiene di peggio ». La commedia, il vaudeville, la tragedia aspra ne avevan fatto, per vent'anni, ludibrio. E di tutte le colonne della Repubblica questa appariva la più vacillante. Tutte le colpe del regime da quarant'anni le pesavano addosso. Che cosa aveva fatto il Parlamento ? Aveva incessantemente lavorato ad indebolire il paese ; ed incapace d'assumere la giusta coscienza delle necessità nazionali aveva recalcitrato contro le guide prudenti, esperte ogni volta che erano apparse venti, cento volte, trascinando la Francia sulle sponde dell'abisso. Giullari: aveva gridato Déroulède. Teste di morti ! aveva stampato De Vogué. E Barre, scossa la cappa di piombo della, su», prosa, s'era lanciato contro leurs figures. Alla vigilia, poi, del conflitto Canio Matirr.as aveva lanciata la sua sintesi critica: Abbasso il Parlamento ! Ora, nel quarto anno della, guerra, il giacobinismo, l'antipatriottismo, l'oligarchia finanziaria con tutti i loro succedanei son divenute fole. Ed il Parlamento resta. Resta., più vivo di prima. — Volete la pace ? — dice Wilson ai tedeschi. — Ecco la via ! — E mostra loro la Repubblica parlamentare come il tipo della società di domani. Eppure, l'altra settimana ancora, il più autorevole degli universitari francesi, Ernesto Lavisse, aveva, in una lettera al Temps, rinnovata contro il Parlamento la vecchia requisitoria e chiesto che il Governo fosse lasciato libero e solo, e che i deputati restassero ad attendere lo squillo finale della vittoria per tornare a legiferare. Nessuno è parso udire quell'invito, che è caduto nel vuoto. Il fenomeno della riabilitazione dell'istituto non era tra quelli che i profeti prevedevano. Ma chi negherà, oggi, che la guerra ha messo del sangue nuovo nelle vene avvizzite ? Le ragioni son parecchie. .C'è quella, che Wilson ha. messo principalmente in luce: l'innocenza della democrazia di fronte all'autocrazia criminale, carica, di tutte le responsabilità della guerra. Poi vi sono altre cause, più pai'ticolari alla Francia. Se De Musset potesse oggi affacciarsi al parapetto d'una delle tribune dell'aula parlamentare, non riuscirebbe veramente a scovrirvi più le cose che vi scorgeva sessantanni fa: Vieiix gallons de nonsseaiu attroques de Voltaire! Cnrmagnoles en hatllons. volées d Robespierre.... 5 e peggio ancora. Oggi ha tutto un altro viso il Parlamento francese. Ciarla, scalpita, rumoreggia, tem pesta, sissignore come pel passato in mol te ore, ma in molte altre lavora con uno spirito metodico ed una tenacia, alla quale bisogna tributar lode. *** La guerra l'aveva spazzato col suo primo soffio. A sopportare il compito immenso della direzione della lotta il Governo era rimasto solo. Era il tempo, in cui l'illusione dell'i guerra breve èciuir.ava le menti... Ma quando le proporzioni crebbero ed il sacrifizio necessario cominciò ad apparire nelle sue dimensioni reali, gli stessi governanti scutirono di non poter bastare ; e dopo cinGut mesi di prova il Parlamento tornò a riunirsi a Parigi. Riunirsi, ma per che cofa"? Per discorrere, discorrere, discorrere come pel passato ? Lr. costituzione del pere Wallon aveva dimenticato di organizzare i poteri pubblici pel tempo di guerra. Bisognò, quindi, risolvere un problema di adattamento. Piegare l'organo alle condizioni strairdmarie c.cl momento. E senza spogliarlo dei suoi caratteri originali, dargli modo di far di meglio di quello che faceva alla vigilia. La necessità impose la sua legge, la funzione creò l'organo. L'assemblea dalle seicento teste si frantumò, per agire nella mclteplicità delle « commissioni ». I! regime parlamentare devt a queste se ò riunito, in Francia, a passare intatto come la salamandra, attra\eiso il fuoco. Gabriele Tarde si dichiarava colpito dal fatto, che le assemblee parlamentari sono in materia di prolcedura terribilmente sofistiche e quindi sterili, mentre gl'Individui che lè compongono non lo sono. « Un minor numero di teste a consiglio frutteranno meglio » aveva scritto il filosofo. La prova fatta gli ha dato ragione. Assemblea varia, eterogenea, come tutte le altre, quella di Palazzo Borbone. Accanto alle mediocrità, ai cervelli modesti, non accessibili alle speculazioni intellettuali, c'è gente di alta coltura, di. spirito critico, ci sono eruditi e ci sono uomini che vantano un senso pratico acuto o una larga esperienza delle cose umane. L'aula magna non è fatta per metterli tutti in valore, ma le sale delle Commissioni, sì. Così si son visti spuntare tra i parlamentari francesi, durante questi tre anni di guerra, ingegni e competenze non sospettati prima. Deputati che sedevano da lunghi anni alla Camera, dove mai avevano aperto le labbra, si son rivelati, nel segreto delle Commissioni, nei testi rii relazioni, che son modelli di tecnicismo. Un professore di liceo, per esempio, ha studiato coi suoi propri mezzi, la materia dei sottomarini. E vi si è talmente addottrinato che un'interrogazione sua sul teina incute oggi ai ministri un sa. ero terrore. Ora, quando mai, prima della guerra, il pubblico francese aveva sentito parlare dell'onorevole Cels? O dell'Anglès, o del Marin, o dell'Eynac. tutti oratori formatisi nelle aulette delle Commissioni? E' gente che ha il difetto di non saper praticare la grande mimica e che non ha gran voce e che non riesce quindi ad abbagliare l'uditorio coi giochi ottici della tribuna. I discorsi, pronunciati dall'alto dei rostri, proiettano l'ombra sulla realtà più grave. Non accade lo stesso di quelli che suonano tara la J#)jrji chiuse civile CouyaUjeioai, mhascvmsSmtgdtintttp r e a o , ' e e , . o Ce ne sono una ventina, più o meno numerose, più o meno importanti. Alcune hanno assunto un compito più essenziale, altre una. funzione minore. Tra le prime sono le Commissioni degli esteri, del bilancio, dell'esercito e della marina, designate volgarmente come le «quattro grandi Commissioni ». E quelle che hanno più da fare si ramificano in Sotto-Commissioni. E' una Sotto-Commissione quella della 'narlna mercantile, che ha per presidente il deputato Guernier, un universitario al quale gli armatori francesi dovranno la salvezza dei loro mezzi di traffico, e che ha compiuto in Inghilterra un'opera che gli armatori italiani potranno invidiare. La Commissione dell'esercito è ripartita in un numero tale di sezioni (armi portatili, scudi, proiettili, effettivi, artiglieria da campagna, artiglieria pesante, aeronautica, automobili, proiettori, ecc.), la cui enumerazione soltanto basta ad indicare lo sforzo di specializzazione, a cui i loro membri devono essersi piegati. Elette a sistema proporzionale, comprendenti le rappresentanze di tutti i partiti, le Commissioni offrono tutte — anche nelle ore in cui l'uragano delle passioni partigiane torna a scatenarsi furioso — una zona salutare di attività ordinata, e composta, nell'atmosfera di Palazzo Borbone. Sono organi di controllo e di informazione, insieme. Già si sa, le due funzioni sono indissolubili. Per controllare gli atti del potere esecutivo, occorre essere informati. E per informarsi, due metodi soli sono possibili. Quello antico consiste nel chiedere elementi alla burocrazia dei Ministeri, come fanno da tempo immemorabile i relatori dei bilanci di tutti i Parlamenti del mondo. E c'è, poi, un metodo nuovo che permette ai deputati di aprir gli occhi e di costringere i ministri ad aprirli, sopra un gran numero di verità nascoste: consiste nell'informarsi con mezzi e per vie diverse, da quefle di cui dispone il Governo. Questo secondo metodo hanno adottato i parlamentari nelle Commissioni. Le questioni di politica di guerra non sono, in generala, talmente segrete e così rigidamente tecniche, che la massa dei mortali non riesca a formarsi da se stessa un'opinione, quando gli elementi per formarsela non gli siano celati. Nelle stesse questioni di politica estera non ha guari riservata ancora ai diplomatici, i deputati francesi han finito col persuadersi che non occorre più essere dei Talleyrand per comprenderle e trattarle bene. La fede nella diplomazia è scomparsa in tre quarti del mondo ; ma a farla tramontare in Francia credo abbiano contribuito i deputati della Commissione degli esteri dal giorno, in cui si son messi ad indagare per scovrire, in molti angoli del' globo, il vero stato delle cose. Han mandato in giro missioni, hanno sollecitato colloqui, han tentato di penetrare dappertutto, attingendo alle fonti più dirette; ed han mostrato come i diplomatici, sia facendo sia disfacendo, battevano spesso una falsa strada. Storie d'ieri che gioverà rievocare più tardi ! E restano palpitanti, nella memoria degli iniziati, certe sedute della Commissione degli esteri, di due anni fa, nelle quali Delcassé, a lungo riluttante, si trovò di fronte Giorgio Leygues, pronto a sciorinargli sulla situazione balcanica tutta una serie di fatti, i quali, se fossero stati conosciuti o meglio valutati in tempo, avrebbero risparmiato agli alleati parecchi errori... E il caso della Commissione dell'esercito? Quante grida, quante proteste tonanti il giorno, in cui Clemenceau al Senato e Maginot alla Camera chiesero pei commissari parlamentari il diritto dti andare a veder© quel che accadeva sulle linee dell fuoco! Lo spettro dei commissari rivoluzionari, dei comimissari civili del '93 balenò pauroso. Scoppiarono polemiche, vennero pronunciate minaccie, si parlò persino, per questo, di citisi dell'alto Comando... Poi, senza chiasso, tranquiillamente, i commissari, l'uno dietro l'altro, sono andati. Ce n'erano a Verdun, nei primi giorni dell'assalto terribile, ad incoraggiare alla resistenza, a studiar sul vivo, a consigliar nuovi piani. Un po' di discrezione è bastata poi ad impedire il risorgere dei vecchi timori dell'abuso imperativo del «Cedant arma»... Ed inoltre, là, come altrove, il crogiuolo delle Commissioni si è dimostrato particolarmente adatto alla formazione delle competenze. Si è visto, disfatti, Andrea Tardieu, semplice giornalista, divenire dopo pochi mesi d'i studio, come relatore della Commissione dell'esercito, il più quotato tra quelli che discorrono di artiglieria. Esempi che sarebbe facile moltiplicare. Rammento lo stupore, colorito d'ammirazione, di un deputato siciliano che, saranno dieoi mesi, mi confidava le sue impressioni all'uscire da una seduta, ove un commissario, il Long, esponeva ,lo stato delle riserve al'imentari degli Alleati, e contraidicendo all'ottimismo generale, prospettava pericoli ed invocava rimedi. Ohi mai credeva allora alla possibilità di una carestia pei popoli dell'Intesa? I ministni erano rosei, i giornali idem- Solo la Commissione degli approvigionamenti di Palazzo Borbone raccoglieva dati, tirava somme e redigeva statistiche. Senza il grido d'allarme, partito dal suo seno, i francesi starebbero ancora ad attendere dalla morte per fame del popolo tedesco il ritorno della abbondanza nei loro granai. Il fenomeno in fondo, si riduce a questo. La guerra ha trovato in Francia dei governanti arditi coscienti delle responsabilità spaventose dell'ora drammatica, disposti ad operare secondo l'esempio di quei loro antenati i quali, centovent'anni fa, salvarono contro la più formidabile delle coalizioni militari, il loro paese. Ma di contro ad essi stava una muraglia, la muraglia delle tradizioni burocratiche e diplomatiche, la barriera della « routine » e dei pregiudizi, tu tatti i campi militare, politico, economico, morale. Alle prime prove gli uomini di Governo si mostrarono impotènti ad atterrane. L'fisemaio djl più XQli&te&m &a> gjjfjfr ffi

Luoghi citati: Francia, Inghilterra, Parigi, Verdun