Il marchese Garroni e von Wangenheim

Il marchese Garroni e von Wangenheim Il marchese Garroni e von Wangenheim Una confidenza, una leggenda ed una enormità della Censura e a o o o e i o o o A proposito di una rivelazione del Times sul convegno che avrebbe avuto luogo a Potsdam il 5 luglio, e nel quale virtualmente sarebbe stata decisa la guerra europea, alcuni giornali ripetono per la millesima volta l'accusa al nostro ex-ambasciatore a Costantinopoli, marchese Garroni, di non avere riferito al Governo un importante colloquio avuto il 15 luglio 1914 coll'ambasciatore germanico presso la Sublime Porta, von Warigcnhcim. L'accusa è cosi specificatamente formulata da un giornale milanese: Quando, dopo la dichiarazione di guerra dell'Italia alla Turchia nell'agosto '1015, ài marchese Ciarloni, nostro ambasciatore a Cotantlnopoli, ritornò in Italia, nelle visite di obbligo a', ministro degli Esteri, on. Sonnino, al Presidente del Consiglio, on. Sadandrà, all'uno a all'altro narrò che essendo egli le gato di personale intima amica zi a all'ambasciatore tedesco "-Ji Turchia, il baione von Wàngenheim, aveva saputo cho questo diplomatico, dopo l'uccisione dell'Arridile» ereditàrio di Austria a Serajevo, era partito Improvvisamente per Berlino. Al suo ritorno a Costantinopoli, in data 15 luglio 1914, Garroni aveva riveduto von Wangenheim. il quale, fattogli enno di un convegno di personalità dirigenti la politica dell'Impero a cui egli era intervenuto, gli soggiunse senz'altro: « Siamo alila guerra! ». Il marchese Garroni avrebbe osservato al suo amico che il conflitto si sarebbe probabilmente evitato, perchè '.a Serbia avrebbe ceduto alle domande di riparazione che si preparavano da pane della Monarchia austro-ungarica. AQ che von Wangenheim avrebbe risposto recisamente : « No, le domande saranno tali che la Serbia nou potrà accettarle ». Questo di preciso racconto del sen. Garroni. Gli onorevoli Sonnino e Salandra non mancarono di esprimergli la loro sorpresa ■percihè eglt non (aveva creduto necessario dare immediata notizia alia Consunta di una conversazione di cosi suprema importanza. II Garroni si scusò debolmente, osservando che - egh riteneva la Consulta informata dal nostro ambasoiatore a Berlino. Ma pare che il Bollati nulla avesse saputo del convegno; ad ogni modo nulla ne seppe da Consulta- L'inesplicabile omissione ibel Garroni, cui insufficientemente egli riparava col suo postumo racconto, fu forse principale ragione del suo collocamento a riposo. Ma non si può dubitare della veridiaità del racconto stesso, che tornava do] resto a danno del Garroni che lo faceva. Ci risulta inoltre che la conversazione era nota anche a qualche altro componente doill'Ambasciata italiana a Costantinopoli1. Ma la mancata comunicazione in tempo utile alila Consivlta, privando il Governo italiano di qualsiasi prova documentale, lo mise nella condizione di non potersi servire ufficialmente dii una notizia che avrebbe decisa la questione della responsabilità della guerra .. Chiunque avesse esaminato queste circostanze con una qualche obbiettività, ne avrebbe subito compreso l'inverosimiglianza: l'ambasciatore Garroni non solo avrebbe mancato al suo dovere non riferendo al Governo del suo Paese notizie importantissime, ma avrebbe anche dimostrato una grande ingenuità nel comunicarle al Ministero oltre un anno dopo, dando nel 1915 la documentazione esplicita della imperdonabile mancanza ai suoi immediati superiori, i quali non erano certo disposti ad essere indulgenti verso il marchese GarmiA per ovvie ragioni che non sviluppiamo iin omaggio alla concordia nazionale. La verità è che l'accusa è destituita di qualsiasi fondamento, come lo dimostrano i fatti che narriamo, fatti che erano a nostra conqscenza da molto tempo, e che forse nemmeno oggi avremmo rivelati se l'insistenza partigiana con cui si riaffermano le accuse stesse non ci imponesse il preciso dovere di smentire nel modo più reciso la fantastica narrazione che abbiamo più sopra citata. Il marchese Garroni ebbe il noto colloquio coll'ambasciatore germanico von Wangenheim il 15 o il 16 luglio. Comprese immediatamente l'eccezionale importanza delle confidenze avute, e ne riferì subito al Ministero con un ampio, dettagliato rapporto cifrato. 11 rapporto doveva essere telegrafato la sera stessa del 15 o del 16 luglio: ma, dopo maturo esame, e con meditata e discussa deliberazione, si convenne che fosse più prudente spedirlo col piroscafo italiano in partenza — per combinazione — il giorno stesso, che non affidarlo al telegrafo. Infatti il rapporto cifrato fu chiuso nella valigia diplomatica, debitamente sigillata con bollo dei- l'Ambasciata ed affidata al capitano Italia-o no dell'italiano piroscafo. 11 motivo per cui fu scelto il piroscafo anziché il telegrafo consisteva nel dubbio che qualche Ambasciata estera potesse in tutto o in porte avere il nostro cifrario (tanto che il cifrario fu peti mutato). Inoltre, come accadde in altre circostanze, il telegrafo invece che accelerare, poteva ritardare la comunicazione o giungere al nostro Governo in tutto o in parte non decifrabile, come avvenne di fatto altre volte o per errore materiale del trasmettitore, o per qualche indnzionenon elettrica di qualche Stato che abbia interesse a ritardare l'arrivo di notizie importanti. II piroscafo da Costantinopoli in Italia impiega tre giorni: per cui l'Ambasciata italiana a- Costantinopoli poteva fare sicuro assegnamento che il 19 luglio 1914 la Consulta avrebbe ricevuto sicuramente e integralmente e senza pericolose induzioni il rapporto cifrato. L'ultimatum alla Serbia sarebbe stato presentato il 31 luglio: riteneva perciò l'Ambasciata di Costantinopoli che, giungendo sicuramente-il rapporto il 19 luglio, il nostro Governo avrebbe nvuto tempo, di prendere quei provvedimerdl che riteneva necessari. Della spedizione del rapporto fanno fede e il registro protocollo dell'Ambasciala italiana ti Costantinopoli, conservato ora presso l'Ambasciata americana, e formali dichiarazioni di alti funzionari dell'Ambasciata stessa, ai quali non era Ignota l'esistenza ilei rapporto, anche perchè ne avevano aiutato la cifrazione. Per spiegare come mai i successori dPll'on Di San Giuliano, e in genere i Ministeri che si sono succeduti al potere, abbiano potuto permettere che una cosi ilnd?gna, ed immeritata leggenda corresse su un alto funzionarlo italiano, qualcuno pr. f- {irebbe pensare che l'on. D: San Giuliano aJaJtJia« Bl* £u*£ W- V$P& ¥f,(>ftal(* % rapporto. Ma nemmeno questa ipotesu cegge. Poiché, a prescindere dal fatto che il marchese DI) San Giuliano non poteva commettere una scorrettezza, quale sarebbe stata quella di considerare come di sua proprietà un documento importante di nou dubbia natura politica e pubblica, sta 18 fatto che alla Consulta pervenne nel 1915 la «minuta» del rapporto originale che ad essa era stato spedito il 15 o il 16 lugliia de) 1914. Quando i nostri rapporti colla Turchia, nel 1913, cominciarono a guastarsi e culminarono poi nella, dichiarazione di guerra, l'ambasciatore Garroni credette opportuno, qualche mese prima che la guerra fosse dichiarata, dimandare a Roma tutti i documenti più importanti esistenti alla nostra Ambasciata di Costantinopoli, fra cui la minuta del famoso col-, loquio con Wangenheim.ì E' evidente quindi che prima del ritomo a Roma deirambasciatore Garroni, e del suo colloquio col ministro degli esteri, onorevole Sonnino, e col presidente del Consiglio, on. Salandra, alla Consulta dovevano trovarsi e l'originale spedito nel luglio del 1914 al marchese, Ili San Giuliano, allora ministro degli esteri, e la minuta spedita nel 1915, quando già alla Consulta era insediato Fon. Sonnino. Nel colloquio avuto poi in Roma coll'on. Sonnino, nel quale il marchese Garroni riferi su tutta la sua opera a Costantinopoli e quindi anche sul colloquio Wangenheim, T'on. Sonnino non fece in nessun modo rimprovero all'ambasciatore Garroni di non avere riferito la conversazione col Wangenheim. E' per contro verissimo che nel colloquio avuto col presidente del Consiglio di allora, onorevole Salandra, questi, il quale evidentemente non'era al corrente dell'opera del marchese Garroni, rimpYoverò l'ambasciatore di non avere riferito la nota informazione: ma è altresì verissimo che al presidente del Consiglio l'ambasciatore Garroni rispose di averlo fatto immediatamente. Questo incidente dimostra che il presidente del Consiglio ignorava l'è- > sistchza eli documenti importanti. Quando le prime accuse di non avere riferito furono lanciate, non -sappiamo 'da chi — usiamo questa espressione anche se avessimo fondata, ragione di saperlo — l'ambasciatore Garroni non doveva nò poteva smentire i giornali: mantenne un 'doveroso riserbo; ma quando l'accusa fu formulata da un deputata in una interpellanza parlamentare, egi.1 diresse al presidente del Consiglio di allora — siamo nell'ottobre 1915 — una lettera nella quale si invitava il Governo, a cui la verità doveva esser nota, a difendere alla Camera il buon nome eli un funzionario, e col buon nome del funzionario, i 'diritti della verità. Non sappiamo se vi fu risposta a questa lettera: certo è però che l'interpellanza non fu svolta, e fu lasciata cadere, segno evidente che il (presidente del Consiglio "Interpellato non avrebbe potuto rispondere che negativamente alla interpellanza, ma che forse, per ragioni che .4 'comprendoma benissimo, non credeva dover dare meritata soddisfazione a chi aveva avuto l'altissimo onore vii rappresentare l'Italia all'estero. Negli ambienti di Montecitorio si disse allora che l'interpellanza era mancata perchè l'accusa fatta al Garroni era completamente infondata. E se non andiamo errati, in seguitò alla persistenza dell'accusa, il marchese Gari'on/i si sarebbe in questi .giorni rivolto al presidente del Consiglio, inteil'nalmen teministro degli esteri., perchè tuteli,, come ne ha lo stretto dovere, e la verità e il funzionario- Riguardo poi al cenno fatto dall'allora ministro Barzilai nel suo <J> scorso di Napoli, che la mancata relazione del colloquio con Wangenheim aveva fatto sì che i grossi avvenimenti dell'agosto 191-4 .avrebbero preso impreparato il Governo, si può dire che l'affermaziione è doppiamente infondata: Lo perchè il marchese Garroni ha fatto il rapporto ; 2.o perchè, indipendentemente da questo rapporto, il marchese Di San Giuliano era informate» da altra fonte della stessa, stessissima notizia di cui era oggetto la comunicazione Gh croni. Ecco una leggenda che cade: crediamo ciù non uscire dal riserbo che abbiamo impo* sto a noi stessi, narrando la verità su que-< sto fatto, che ha servito alla stampa interventista e guerrafondaia per gettare una) 1 gravissima, quanto infondata accusa, ad uni alto funzionario dello Stato. Non. è ancora venuto il momento di sfa- aire altre leggende; perchè non- dimentichiamo che siamo in tempo di guerra, a che ta verità trionferà ugualmente, anche» se si dovrà attendere qualche mese. Abbiamo voluto illustrare un. episodio; il lettore» intelligente comprende più cose che noi non abbiamo detto, e che non credi a mr» ancora opportuno dire. Quando si potrà parlare senza, danno del paese, questo saprà che alcuni -ambasciatori — e non fi solo marchese Garroni — hanno fatto maenincarnente :1 loro dovere, e. che non ess<3 di • certo possono essere accusati di- noni avere avuto una. intuizione precisa del terttbil' avvenimenti che da oltre tre anni iru sanguinano l'Europa.