Se Mastrella ha rubato a man salva è per la negligenza degli ispettori di Guido Guidi

Se Mastrella ha rubato a man salva è per la negligenza degli ispettori Il testo della sentenza contro il «doganiere-miliardo» Se Mastrella ha rubato a man salva è per la negligenza degli ispettori La significativa ammissione del Presiderite del Tribunale di Terni che ha redatto il documento Esso è stilato in oltre cinquecento pagine dattiloscritte - Sottolineato ciò che per la Giustizia è rimasto un mistero: in qual modo il funzionario disonesto abbia speso le ingenti somme sottratte DAL NOSTRO INVIATO Terni, lunedi mattina. Non sono colpevoli le leggi se Cesare Mastrella ha avuta la possibilità di rubare un miliardo, ma coloro ai quali era stato affidato il compito di esercitare un controllo. La legislazione doganale vigente può essere migliorata perché venga adeguata alle esigenze moderne, ma nulla a Terni sarebbe accaduto di tanto clamoroso, di tanto scandalosamente clamoroso, per cui un l h tut tt allo Stato una somma tantoingente nel giro di sei anni senza la negligenza degli ispettori che trascurarono di compiere qualsiasi sorveglianza, lasciando, invece, che Cesare Mastrella svolgesse nello stesso tempo funzioni palesemente incompatibili quali quella di, dirìgente della sezione doganale e quella di capo cassiere della medesima sezione. A queste severe conclusioni è giunto il Tribunale nello spiegare ora per quale motivo quattro mesi or sono, dopo un dibattimento prolungatosi per oltre 40 udienze, si indusse a ritenere Cesare Mastrella responsabile di peculato, appropriazione indebita e falso condannandolo a 20 anni di reclusione di cui uno condonato, e a condannare, sìa pur soltanto per ricettazione, sua moglie Aletta Artioli a un anno e 6 mesi e la sua ex amante, Anna Maria Tomasselli a un anno di reclusione. Che sia colpa degli ispettori, soprattutto, se a Terni si è potuto verificare il più grave e vasto ammanco di tutta la storia della burocrazia italiana è indicato, secondo il presidente del Tribunale dott. Giovanni Taglienti che ha redatto la motivazione della sentenza, in un episodio: nel 1959, quando cioè Cesare Mastrella aveva da poco tempo iniziato la sua « attività » per cui avrebbe « macinato » oltre un miliardo di lire, una lettera anonima mise sull'avviso ì superiori del funzionario doganale il cui tenore di vita sproporzionato allo stipendio era tale da giustificare molti sospetti; ma l'indagine svolta in quella o occasione fu superficiale ed i i i a i o o n r a , o , n , è e a . , a o i n a ; a inefficiente, tale comunque da far comprendere a Cesare Mastrella che gli sarebbe stato possibile « agire » con tutta tranquillità. Chi è Cesare Mastrella? La prima preoccupazione dei magistrati è stata quella di inquadrare il personaggio nella vicenda di cui è stato clamoroso protagonista. «E' un gaudente — ha spiegato il dott Giovanni Taglienti anche a nome degli altri suoi due colleghi — ostinato nel vizio e nel gioco, la cui condotta è stata costantemente ' ispirata da sentimenti egoistici. Queste sue caratteristiche, insìe» me con la preoccupazione costante di nascondere l'appropriazione di danaro, contrastano insanabilmente con l'aspetto di vittima che egli ha voluto assumere durante il processo e provano che Mastrella è permeato di istinti deteriori e di malsani desideri non frenati dall'asserito sentimento religioso del quale egli ha voluto ammantarsi». Questo giudizio, cosi severamente negativo, chiarisce il motivo per cui il tribunale si è indotto a non concedere le attenuanti generiche a questo singolare e clamoroso personaggio definito, soprattutto per il suo comportamento dinanzi alla giustizia, «un delinquente Esulto ed incallito». I magistrati hanno infatti escluso, senza essere sfiorati dal minimo dubbio, che sia attendibile la versione fornita da Cesare Mastrella per giustificarsi e giustificare la ragione per cui avrebbe cominciato a sottrarre danaro allo Stato. «La colpa — ha sempre sostenuto l'ex direttore della sezione doganale di Terni — è tutta di alcuni ricattatori che hanno preteso da me del danaro in cambio della vita dei miei figli ». E dopo vari tentennamenti, Cesare Mastrella fece capire che questi suoi ricattatori fossero da identificarsi in alcuni misteriosi personaggi legati al mondo dei trafficanti dì stupefacenti. «Cesare Mastrella — è l'opinione che il Tribunale ha espresso nella sentenza resa pubblica oggi — ha sostenuto di essere stato ricattato dai protagonisti di una operazione antidroga da lui compiuta all'aeroporto di Ciampino a Roma anni prima quando, cioè, due americani avrebbero cercato inutilmente di lasciare passare senza controllo l'italo-americano Vincent Trupia. Egli ha però citato per avvallare questa sua tesi delle circostanze di fatto assolutamente incredibili; egli non è stato in grado di fornire neanche una delle numerose lettere ricattatorie che avrebbe ricevuto. E queste considerazioni hanno portato 1 giudici a ritenere che la versione fornita da Cesare Mastrella non sia attendibile.. « La verità è che egli non ha mai saputo - giustificare — ha spiegato il dott. Giovanni Taglienti nelle 550 pagine dattiloscritte in cui è stata riassunta la opinione del tribunale — come e dove siano finiti ì 400 o i 500 milioni che mancano nel bilancio della attività svolta in sei anni dal direttore della sezione doganale di Terni. E' stato possibile ricostruire, infatti, come egli abbia speso il resto della somma sino ad un miliardo: sovvenzioni all'amante, gioielli, pellicce e automobili, gioco. Ma non è stato possibile sapere dove egli abbia speso gli altri 400 o 500 milioni che ha sottratto allo Stato ». Dopo avere sottolineato che i rapporti intercorsi fra Cesare Mastrella e la società «Terni» sono da ritenersi quanto meno anormali e comunque tali da essere considerati « singolari » da un osservatore obiettivo, il quale non può rimanere sorpreso nel constatare come la società « compensasse » un funzionario dello Stato con la somma di 50 mila lire mensili, il tribunale è passato ad esaminare la posizione di Aletta Artioli, la moglie, e di Anna Maria Tomasselli, l'amante, che entrambe incriminate per avere concorso con Cesare Mastrella nel sottrarre danaro all'Erario sono state ritenute responsabili soltanto di ricettazione per avere cioè accettato del danaro di provenienza illecita. In sostanza i giudici hanno ritenuto che le due donne sapessero quale fosse la reale origine di tanta ricchezza del modesto funzionario doganale e hanno ceduto al fascino del danaro: Aletta Artioli inoltre non avrebbe mai potuto opporsi alla forte personalità del marito: Anna Maria Tommasselli, invece, obbedì soltanto al suo desiderio di trovare una sistemazione tranquilla sotto il profilo economico. i Guido Guidi

Luoghi citati: Ciampino, Roma