Ascoltare confidenze del pubblico può anche essere un atto di carità

Ascoltare confidenze del pubblico può anche essere un atto di carità UN PROBLEMA DEL NOSTRO TEMPO: LE' LETTERE DEI LETTORI Ascoltare confidenze del pubblico può anche essere un atto di carità Sovente uno scambio di idee è un grosso regalo che si fa a uno sconosciuto interlocutore ■ Il ricevere centinaia e centinaia di missive crea una specie di seconda vista, di intuito segreto per cui si riesce a distinguere lo scritto sincero da quello falso Toccanti e tenere testimonianze, dolorose e amare confessioni rivelano il bisogno di ottenere calore, simpatia, familiarità Milano, novembre. Tempo fa, su un qurtidiano milanese, lessi la educata protesta di una lettrice contro le rubriche di Sconfidenze » col pubblico. Essa scriveva: < Leggendo i settimanali vedo che tutti o quasi tutti hanno una rubrica nella quale si raccolgono le confidenze dei lettori, anzi, più precisamente, delle lettrici e a tali confidenze — spesso preoccupantemente intime e deil^u.le — c'è sempre una risposta, la quale non so quanto possa essere vàlida dato che tra lettrice e giornalista non c'è la minima conoscenza ». Io stessa firmo una rubrica su un settimanale, ricevo decine di lettere alla settimana, sono, quindi, nella posizione adatta per spiegare alla signora — e con lei a tutti coloro che fararyno le sue obiezioni — le ragioni del, chiamiamolo, fenomeno. P.rima di tutto faccio una osservazione generica: nulla che, sia diffuso, che sia approvato da molti e seguilo da molti è ozioso o inutile. Un motivo segreto c'è sempre. Se tutti i settimanali in rotocalco, se molti quotidiani, hanno una rubrica di lettere col pubblico^ significa che una « ragione* c'è. Chi fa il difficile mestiere del giornalismo, incominciando dal direttore del quotidiano o del settimanale, non sceglie una rubrica o un argomento così, per spocchio cervellotico, ma perche nbbedisce alle esigenze dei tempi e del costume. Ora, le rubriche di confidenze col pubblico sono una espressione dei tempi. Mi spiego. Una volta leggevano soltanto le persone istruite e oziose. Il quotidiano stesso era letto da pochi. Oggi leggono molti, moltissimi: non vi è uomo, non vi è donna con un grano di sale in testa. che non vogliano essere al corrente di quello che accade nel mondo. Diffondendosi il gusto e il bisogno della lettura, tutti i ceti sono entrati a formare lo stuolo dei lettori. Fra questi molti, moltissimi lettori di quotidiani e di settimanali (lettori ancora sprovveduti, che non sentono il bisogno del libro), vi sono quelli del tutto ignari di lettura, del tutto privi di istruzione, addirittura privi di una base spirituale. Tra questi molti nuovi lettori, vi sono coloro che balbettano la nostra lingua, che non sanno ancora riconoscere in se stessi i pensieri dai sentimenti, I ricordi dalle aspirazioni, le parole dql gergo. A questi lettori (e dire soltanto lettrici sarebbe grave errore) una rubrica che consenta loro uno scambio di idee o soltanto di abbozzi di pensieri, è un grosso regalo, è una grossa con- quista. Questi lettori alle prime balbettanti parole, che ovviamente vent'anni fa non leggevano nulla, a poco a poco impareranno e sapranno districare i propri» pensieri. Impareranno attraverso la rubrica più accessibile, quella che « parla di loro » e dei loro problemi. Inoltre la rubrica delle confidenze col pubblico permette ai solitari, agli ammalati, ai timidi, ai disperati di gridare o di confidare una loro pena e di ricevere in cambio una parola di conforto e di comprensione. Si pensi alle zone depresse del Sud, per esempio, ai paesini sperduti nelle vaste campagne dove non succede mai nulla. Una volta alla settimana arriva un rotocalco che si presenta bene, che ha disegni dai vivi colori, che ha articoli di varietà, di moda, di costume, di sport, di musica, di medicine e anche una rubrichetta poco appariscente dal titolo per nulla letterario. La ragazza, il ragazzo, la giovane sposa, la madre di famiglia, il vecchio ammalato, il soldato lontano dai suoi, il bracciante che sfacchina tutto il giorno, corrono a comperarlo. Per una settimana hanno qualche cosa da fare: leggono. Leggono lentamente, rubrica per rubrica, articolo per articolo e, se se la sentono, scrivono i Icro pensieri, i loro sfoghi alla persona senza viso che firma la rubrica dal titolo così poco letterario. La persona senza viso risponde. La sua risposta è aspettata con ansia, anima un'altra settimana, rende le giornate più vive. E quando la ragazza, il ragazzo, la giovane sposa, ecc., leggono la risposta che parla proprio a loro, si sentono ' importanti, per nulla delusi di non conoscere di persona il firmatario o la firmataria. Il' fatto è che chi tiene da anni una rubrica di confidenze col pubblico non risponde' frasi generiche, ma bensì il consiglio più adatto al caso. Ricevere centinaia di lettere all'anno crea anche a chi non vorrebbe una specie di seconda vista, di intuito segreto, di psicologia particolare, per cui è capace di riconoscere la lettera since da quella falsa, il problema sentito da quello giocato, la richiesta giusta da quella inutile o menzognera. Rispondere è già una conoscenza. < Confidenze spesso preoccupantemente intime e delicate », scriveva la lettrice che protestava. Sì, è vero, vi sono confidenze intime e delicate. Sono le confidenze più toccanti, più. disarmanti, quelle che testimoniano la carenza della nostra società, e della nostra educazione. Quelle ragazze, quelle giovani donne che devono ricorrere a un'anonima per sapere come sgrovigliare certi sentimenti o riconoscere malattie o capire dati fenomeni del proprio animo e del proprio corpo, sono donne solitarie o ridotte alla paura di parlare, di pensare quasi, da abitudini familiari antiquate. Ho ricevuto lettere di ragazze incinte che non osavano dirlo ai genitori e mi scrivevano che « preferivano la morte », Il fatto di scrivere significava che si aggrappavano con tutte le forze alla vita, che volevano vivere. Come non aiutarle t Ho ricevuto lettere di fidanzate in lagrime, disperate per un piccolo gesto impuro compiuto durante i giochi dell'infanzia e paurose di noti essere più « integre ». Come non spiegare loro ciò che le riportava alla logica tranquillità? Non accenno alla carità che si può fare attraverso le rubriche dì « confidenze ». Oppure sì; dirò che è la cosa più difficile. La carità è un fatto pratico, un'offerta di una cosa concreta. Fare la carità anonima è pericoloso. Tra i buoni, tra i miseri, vi sono sempre, ahimè, i truffatori e i mentitori. Spesso una carità anonima è andata a chi non la meritava. Ma molto più spesso è andata a chi la meritava. Per un gesto di carità sbagliata, due, tre giusti; ebbene, i conti tornano, conviene fare anche la carità anonima. E infine la rubrica delle lettere. col pubblico insegna molte cose a chi la scrive et la firma. A me, per esempio, ha insegnato che uno degli sconforti che più travagliano l'animo umano è la solitudine. Soltanto le anime forti sanno e possono vivere sole. Ma vi sono pochissime anime forti. Il bisogno di avere qualcuno vicino, qualcuno da amare o che ami, è il bisogno umano più prepotente, più profondo. Non amore, ma comunicazione, conversazione, solidarietà, alleanza, insomma. Quella ricerca cieca e infinita della parola in comune, dei pensieri in comune, che arriva ad accontentarsi di qualsiasi surrogato pure di ricevere un po' di calore, un po' Ai simpatia, un po' di familiarità. E, a questo proposito, proprio attraverso le lettere che ricevo « confidenzialmente » ho constatato che anche nelle grandi città molte donne sentono il peso della solitudine. E mi chiedono se esistono dei clubs dove ritrovarsi e fare conoscenze. Ecco un bisogno della nostra società; ecco un vuoto che deve essere colmato. Le donne che lavorano, che vanno dalle cittadine di provincia o dai paesi nelle grandi città, hanno bisogno di un luogo di ritrovo. Un luogo sano, confortevole, dove potere riposare, leggere, chiacchierare, scrivere, rifare la propria toilette, all'occorrenza mangiare o prendere un. tè. In Inghilterra, in America, vi sono centinaia di clubs per donne, tutti frequentati. Una città come Roma., come Milano, come Torino, dove esistono migliaia di donne che lavorano fuori di casa, deve avere i suoi clubs. Clubs proprio per le classi lavoratrici, dove non vi sia niente di snobistico o di mondano, dove le donne che lavorano e vanno ogni giorno in città dalla lontana periferia o dal paesi limitrofi possano trovare una tavola e magari una camera nelle notti di tempo gelido o nevoso. Ormai le nostre donne sono abituate a lavorare fuori di casa, la società deve rendere la condizione del loro lavoro meno faticósa. Mari se Ferro

Luoghi citati: America, Inghilterra, Milano, Roma, Torino