Il piccolo topo

Il piccolo topo Il piccolo topo Girava per la casa, grigio, piccolo, con una codina dritta che faceva triangolo^ con le orecchie lunghe. Svelassimo era in ogni àngolo della casa e guardava Camilla con gli occhietti lucidi e allegri.. Ormai era diventato un amico. Rimasta sola nei paesino di montagna i primi di ottobre, ormai senza nessun amico, Camilla la mattina sedeva sul balcone a prendere il sole: il topino si affacciava sull'uscio con in bocca un' pezzo di biscotto. Per paura che soffrendo la fame il topo andasse à prendere quello che non doveva, magari infilandosi nelle credenze, aveva- sparso in casa dei pezzi di biscotto e di formaggio. II topo, quasi la ringraziasse, andava .a farsi vedere col boccone: 1,; guardava allegro, scappava sotto a un mobile. Era un'occupazione nutrire il topo e anche il vecchio' Beppe, il padrone di casa del quale, solamente da quando non usciva più dalla mattina alla sera per arrampicarsi sulle' montagne, si era accorta. Beppe aveva settant'anni e, dome dicevano in paese, < si era bevuto » tutte le case intorno, più una distesa grandissima, di prato e di bosco. Gli era rimasta solamente la casa che aveva affittato a Camilla: lui e la moglie, la vecchia Giovanna, si erano ritirati a pian terreno ih una stanza' che era prima la legnaia. Giovanna gravemente ammalata era in quei giorni ricoverata in ospedale, non poteva più preparare da mangiare al vecchio. Camilla, dal suo balcone lo vide per qualche giorno seduto davanti alla porta di casa, a! sole con un vecchio cappello in testa, un giornale in mano e un fiasco di vino davanti alla sedia. Non si muoveva di lì i parlava di continuo. Aveva fame : se lo raccontava : « Io, Beppe Quarzieri, padrone di questo paese, non posso certo mct termi in cucina e farmi la minestra che è un lavoro da donne. La Giovanna deve tornare a casa almeno per prepararmi da mangiare e adesso la vado a prendere ». Beveva dal collo del fiasco e si lamentava : « Non mi leva la fame. Mi basterebbe an che poco, una minestra e sarei a posto ». Camilla scese: tinse di dover guardare l'automobile ferma vi cino a Beppe, gli domandò co me stava. Male, malissimo, rispose il vecchio piagnucolando Sua moglie — disse — si era portati via i soldi, non aveva una lira, neanche per comperarsi un pezzo di pane. Appéna ebbe in mano le mille lire, si alzò traballando, si avviò al paese. Il giorno dopo: Beppe bussava alla porta di Camilla. Sorrideva ebete, sdentato, gli occhi bianchi e acquosi tra le palpebre rosse e gonfie: aveva in mano un uovo che porgeva. Ogni giorno, anche due volte, Bcppo bussava, porgeva l'uovo a Camilla, aspettava la mi nostra, il pane, la carne e il denaro per scendere in paese a bere. Nutrire Beppe, Camilla 10 considerava un dovere, ma 11 vecchio megalomane distrutto dall'alcool le dava disgusto e l'annoiava dover. ascoltare le sue lamentele piagnucolanti pri ma di avere il denaro, subito dopo aver ricevuto .cibo e de naro, il suo riso sdentato e acquoso, la sua corsa, per quanto gli consentivano le gambe malandate, verso il paese. Invece il topino era proprio grazioso : una compagnia casa. Camilla lo cercava girati do gli occhi negli angoli, gli sorrideva compiaciuta di come sapeva spostarsi veloce da un angolo all'altro, da una stanza a quell'altra. Ammiccava furbo e allegro c soprattutto le sere diventate deserte e lunghe, senza nemmeno più la voce farfugliante di Beppe sotto le fine stre, il topino le faceva compagnia, la divertiva vedere quanti pezzi di biscotto e di formaggio riusciva a mangiare. Una mattina, Camilla entrava nella stanzetta della caldaia del termosifone, non c'era il sole, voleva accendere. In mezzo alla stanza, vide il suo topino morto. Lo prese con delicatezza, lo portò fuori nel prato. Rientrata in casa si accorse che con gli occhi lo cercava e damtoilcoavmil pvnvscmcridmcLogriscusmvvtnstfnaqtPldcnrdnvtptlelsntglc e le mancava la presenza viva del topino sveltissimo che le ammiccava. Doveva .essere morto verso mattina: ■ aveva avuto il tempo di mangiare tutti i bocconi che, come al solito, gli aveva preparato ovunque. Venne Beppe con . l'uòvo in mano, ancora caldo: gli dette il brodo, il solito denaro. Beppe disse che il domani la Giovanna sarebbe tornata a casa. Infatti,, il giorno dopo, Beppe non venne con l'uovo in mano bussare. Era scuro fuori e il vento portava nuvole nere verso paese. Forse era tempo di lasciare la montagna, pensava Camilla: si guardava intorno calcolando gli oggetti che doveva riporre, i libri, i dischi, i vasi di fiori. Il topino che aveva buttato morto sul prato, a un tratto comparve da sotto la credenza. La guardava con la coda e le orecchie ritte: aspettava che gli desse il biscotto. Si nascose ricomparve sbucando da sotto un altro mobile. Era di nuovo scomparso e già ricompariva in un altro punto della stanza svelto, veloce anzi e allegro come sempre in quei giorni. Le venne in mente di andare a vedere in dispensa dove da molto non era stata. I topi avevano saccheggiato. Le uova rovesciate per terra e poi' succhiate, i salami rosicchiati, così il formaggio e la frutta. Aveva la casa ,piena di topi non era un topino grazioso e amico per la morte del quale quasi avrebbe pianto, ma tanti topini, una nidiata, tutti uguali. Poco dopo, Camilla bussava al la porta di Beppe. Non disse dei topi: non disse, e se ne accorgeva in quel momento, che non era partita prima, che era rimasta solamente perché dar da mangiare a Beppe e al topino le dava un gran piacere, ma vivere con la casa invasa dai topi le era intollerabile. A un tratto le tornava la repulsione che aveva sempre avuta per quelle bestie. Disse solamente che era venuto freddo e doveva partire. Lo diceva alla Giovanna dandole del denaro Dalla sua sedia vicino alla stufa, Beppe non vo|s,e nemmeno la testa quando lei lo salutò. Farfugliava con la lingua grossa raccontando a se stesso le sue grandezze: era più ubria co del solito. Lea Quaretti

Persone citate: Beppe Quarzieri, Lea Quaretti