Un assassino cinico, apatico, dalle mani poderose

Un assassino cinico, apatico, dalle mani poderose Un assassino cinico, apatico, dalle mani poderose Così lo descrivono in paese - Era giunto dalla Calabria due anni fa con i genitori e due fratelli - Non aveva voglia di lavorare - Era senza amici - In questi ultimi tempi passava le giornate a passeggiare davanti al portone dell'amante (Dal nostro Inviato speciale) S. Ambrogio di Susa, 28 die. «E' cinico, apatico, silenzioso» dice, di Giuseppe Gulli, il custode del carcere di Avigliana. Forse questa sintetica definizione è esatta: l'uccisore di Rita Fino e dei suoi due bambini, Eddie di 5 anni e Pierangelo di 3 mesi, riassume tutto il proprio carattere e il proprio animo, oltre che nel gesto delittuoso, nel comportamento che tiene nel carcere. Alle domande che già stanotte gli rivolgeva il tenente Saracino nella caserma dei carabinieri di Avigliana, rispondeva a fatica, con distacco. Mani poderose, di un uomo tarchiato, che pesa quasi un quintale. Giuseppe Gulli, di Rocco e Barresi Giuseppa, nato il 12 maggio 193S a Villa San Giovanni (Reggio Calabria), celibe, falegname, alto 1,79, capelli bruni, occhi castagni, dice la carta d'identità. Questo è l'uomo fisico, quello che ha le mani possenti, che uccidono con una stretta sola. Dentro a quest'uomo cosa c'è, quali idee gli ronzavano in testa, come agiva comune-, mente, nella vita di ogni giorno, prima di commettere questo orribile triplice delitto f Anagraficamente Giuseppe Gulli figura nei registri del comune di Sant'Ambrogio a partire dalla data del primo febbraio 1362. In realtà egli immigrò alcuni mesi prima. Suo fratello,.Albano, 21 anni, fu il primo della famiglia ad iscriversi all'anagrafe: il 1° luglio 1961; poi nel maggio scorso venne il padre, Rocco, 53 anni, e nel giugno l'altro fratello, Orazio di 24 anni. La madre dell'assassino sta di fatto a Sant'Ambrogio, ma ufficialmente non figura all'anagrafe. L'abitazione è poco più che misera, al numero 6 di via Umberto I: una camera sola divisa da una tramezza di tela. Vi si accede da una scala ohe parte dal cortile comune 'presso le Ferrovie, alla stazio anche alla casa della famiglia Clemente. Il Gulli venne a Sant'Ambrogio con la qualifica di falegname perché al paese suo lavorava in un laboratorio di questo genere. Si cercò un lavoro e lo trovò da un artigiano del posto, Oreste Barale. Racconta questo falegname: «Devo dire che non aveva voglia di lavorare. Qualcosa sapeva fare, molto superficialmente, comunque qui avrebbe potuto imparare di più, farsi una piccola posizione. Invece no: veniva a bottega un giorno poi ne stava a casa due. E quando tornava non dava giustificazioni della sua assenza, tutt'al più diceva che gli aveva fatto comodo stare a casa. Era di carattere chiuso, non scambiava una parola, non scherzava e accettava malamente anche le minime osservazioni ». Un giorno non si fece più vedere nella falegnameria. Aveva trovato da occuparsi presso la fabbrica di motorette « Itom », un posto da manovale specializzato, che gli fruttava 14 mila lire la settimana. Parla il capofficina Leandro Rastello che lo aveva alle sue dirette dipendenze: « E' stato con noi dal 7 marzo '63 al 16 novembre. Il suo lavoro lo aveva imparato alla svelta, del resto era una cosa facile, doveva soltanto stare davanti a una macchina automatica che faceva quasi tutto da sola. Gli mancava la volontà e la costanza. Di tanto in tanto stava a casa, mezza giornata, due-tre giornate, una volta rimase assente addirittura una settimana. Perché lasciò il posto t Per essere più vicino, all'amante; per poterle far visita anche di giorno, quando il turno di lavoro teneva fuori casa il marito. Il padre di Giuseppe, Rocco, che lavora come manovale ne di Collegno, era allarmato per questa decisione del figlio. « E adesso che ti sei licenziato, cosa farai, per vivere? » gli chiedeva. «Non ti preoccupare, ci penserò ». Trovò la soluzione del lavoro indipendente: prese in affitto una bottega al numero le della stessa via Umberto I, a due passi dall'abitazione sua e di quella dell'amante, e affisse fuori un cartello con questa dicitura: « Verniciatura mobili, anche a domicilio ». Ma dentro non c'era niente, neanche una bottiglietta di vernice e il negozio ' era sempre chiuso. Lui se ne stava in strada, nonostante il freddo, a passeggiare avanti e indietro in un tratto di cinquanta metri, tra il bar Nazionale e l'ufficio postale, per passare e ripassare dieci venti volte in una mattinata o in un pomeriggio davanti al portone dell'amante, con la speranza di vederla una volta di più. E se non stava in strada entrava nel bar Nazionale, beveva, a volte anche molto, e giocava a scopa con chi era disponibile. Dicono gli' avventori: «Non era uno violento, non faceva nemmeno discussioni, era soltanto chiuso, teneva gli occhi sempre bassi, si sentiva che era uno diverso da noi, non ci poteva essere comunicativa con lui ». Ieri pomeriggio, poche ore prima di commettere la strage, l'assassino è andato a giocare a scopa, come al solito. Nel bar Nazionale ha fatto partita con Berto Ottorini, Salvatore Corrieri e Gianni Lenta. Racconta l'Ottorini: « Sembrava tranquillo, ha vinto e ha perso come succedeva tante altre volte, non si è mal arrabbiato. Però, a pensarci bene, ieri sicuramente aveva la testa altrove, giocava delle carte sballate, faceva degli errori grossolani. E quelli che erano die¬ tro le sue spalle a seguire il gioco lo criticavano, gliene dicevano di tutti i colori, ma lui nemmeno li sentiva ». Certo non è facile dire che cosa c'è dentro al corpo di quest'uomo dalle mani possenti che con una stretta hanno spento'tre vite. Pazzia? Pare da escludere, almeno tutta la gente che l'ha conosciuto dice che pazzo non deve essere. Certo c'è del cinismo e dell'odio. E c'è anche, oltre tutto, della paura. « Mi raccomando, non mi faccia del male » ha detto stanotte poco dopo l'una, al carabiniere della stazione di Avigliana al quale aveva appena finito di confessare il delitto. «Mi dia una sigaretta e non mi faccia del male >. Remo Lugli Rita Fino, la donna di 24 anni uccisa dall'amante, fotografata col marito Sergio Clemente, ferito dall'assassino. L'uomo ha in braccio la figlioletta Eddie di 5 anni anch'essa strangolata assieme al fratellino dal cinico omicida a S. Ambrogio di Susa