Si contendono la tomba della donna che hanno amato

Si contendono la tomba della donna che hanno amato Si contendono la tomba della donna che hanno amato A Ovada - Uno è il marito da cui la scomparsa si separò dopo pochi giorni; l'altro è il romantico amante settantenne (Dal nostro inviato speciale) Ovada, 10 dicembre. Due uomini si danno battaglia sulla tomba della donna che entrambi hanno amato: uno è il marito, l'altro un amico tenerissimo. « Bavera Maddalena in Macchi — 1889-1963 — i familiari » si legge in lettere d'acciaio su una lastra di marmo verde che chiude un loculo nel cimitero di Costa, una frazione di Ovada. E' li la donna per la quale i due uomini, dopo essersi detestati per diciassette anni e dopo avere lottato attorno alla sua tomba, dovranno forse affrontarsi in tribunale per stabilire a chi spetti il diritto di mettere su quel loculo una lapide piuttosto di un'altra. Maddalena Ravera aveva 57 anni quando, a Genova, il 9 settembre 1946, sposò Guido Macchi. Fu un matrimonio infelice e d'una brevità eccezionale: pochi giorni dopo gli sposi decisero di separarsi. Tenera e felice fu invece l'unione con Giuseppe Dapino, ormai settantenne, l'uomo col quale Maddalena trascorse il resto della sua vita, ignorando il marito ed essendone ignorata. Maddalena mori a 73 anni, a Genova, li 29 luglio scorso. Ob¬ bedendo alla sua volontà, il Dapino due giorni dopo ne fece trasportare la salma a Ovada, e la seppellì in un loculo del cimitero della frazione Costa, dove Maddalena era nata. Lo stesso giorno egli ordinò a un marmista la lapide da murare sulla tomba: < Ravera Maddalena — 1889-1963 — i familiari ». La lapide era pronta, qualche settimana dopo, quando dal marmista si presenta una sorella di Maddalena, e al cognome fa aggiungere quello del marito t?i Macchi. Viene da Genova il Dapino per ritirare la lapide, vede quel « Macchi >, dice che Maddalena gli aveva espressamente chiesto di non mettere il cognome del marito sulla sua tomba e ordina al marmista di toglierlo; cosi, la lapide viene murata. Passa qualche settimana, e da Genova arriva Guido Macchi. Il vedovo va dal marmista, ordina un'altra lapide: c Ravera Maddalena in Macchi — 1889-1963 — il marito ». Pochi giorni dopo viene a ritirarla, va al cimitero, fa staccare la lapide collocata dal Dapino e fa murare la propria. Alcuni giorni fa giungo al cimitelo di Costa una sua ni¬ pote. Fa togliere la lapide del vedovo e fa ricollocare quella del Dapino, con l'aggiunta del cognome Macchi ma con la firma: / familiari. Guido Macchi ora minaccia di ricorrere alle vie legali. Egli afferma il diritto di collocare sulla tomba della moglie — che dichiara di avere amato anche se vissero separati — la lapide col proprio cognome e con la sua qualifica di marito. Le ragioni del Dapino non sono quelle della legge ma quelle del cuore. Egli sostanzialmente dice che è vissuto tanti anni con Maddalena, si son voluti bene; la lapide è come un mazzo di fiori alla sua memoria, un'espressione del suo rimpianto per aver perduto la donna, il simbolo della sua gratitudine per averla avuta accanto, amorosa ed affabile, - del suo ricordo, del suo dolore che non lo abban donerà mai. « Tolgano pure la mia lapide — egli ha detto — ma non potranno impedirmi di riposare accanto a lei quando rcrr rà la mia ora ». Ed ha acquistato un loculo di fianco a quello di Maddalena.

Luoghi citati: Genova, Ovada