Dopoguerra: nasce la Juve di Carlo Parola e Boniperti di Carlo Moriondo

Dopoguerra: nasce la Juve di Carlo Parola e BonipertiDopoguerra: nasce la Juve di Carlo Parola e Boniperti Sul calcio italiano si abbatte la catastrofe di Superga - Occorre una squadra che sostituisca il Grande Torino; la Juventus accelera i tempi: dalla Danimarca arrivano gli inseparabili John Hansen e Praest; dall'Argentina giunge Martino, chiamato «Zampa di velluto» - Lo squadrone è pronto, la «vecchia signora» entra in un'altra giovinezza, si appresta a conquistare due scudetti Nel suo lungo cammino, iniziatosi nel 1897, la Juventus ha già collezionato sette scudetti: nel 1905, nel 1926 ed i favolosi cinque titoli consecutivi, dal '30 al '35. In quest'ultimo periodo achiera un formidabile insieme di assi, sette dei quali (Combi, Rosetta, Monti, Bertolini, Borei II, Ferrari, Orsi) partecipano alla vittoria nei campionati del mondo del '34. ©Una grande squadra è sempre un pochino opera della fortuna. Per quanto abile sia chi sceglie i giocatori, può sempre capitargli di scambiare per puro sangue un mezzo ronzino, con il menisco a pezzi ed un'artrite in arrivo. Perciò la squadra eterna, quella che vince sempre i campionati perché i suoi dirigenti sono i più in gamba di tutti, non esiste: quando gli assi invecchiano, è quasi sempre impossibile sostituirli adeguatamente, anche se si hanno forti disponibilità finanziarie. I soldi non possono tutto nemmeno nel calcio. Ed è un bene che sia così. Quando la grande Juventus del '30-'S5' invecchia, decade abbastanza in fretta. 1 suoi assi durano anche fino a tre. l.ott'anni, come il roccioso Monti, ma certo non sono più quelli dei tempi di fuoco. I bianconeri lottano, non si rassegnano, ma devono cedere il passo, talvolta per pochissimo: come avviene nel '38, quando terminano secondi dietro l'AmbrosianaInter per due punti (sono in squadra Foni e Rava, % terzini della compagine che quell'anno sarà campione del mondo) mentre nel '40 sono terzi e lo scudetto, in base alla « regola del dieci », è ancora dell'irriducibile Ambrosiana, che l'ha vinto nel '10, nel '20, nel '30 e nel '40 (ma poi la Juventus, per una vendetta... storica, glielo soffierà sia nel '50 sia nel '60J. Né compensa il bruciore della decadenza la conquista della Coppa Italia, nel '38 e poi ancora nel '1,2. Ormai siamo agli anni fatali della guerra. Con il tragicc incalzare delle devastazioni e dei lutti, anche il campionato ai ferma. L'ultimo riesce a malapena a terminare nel 'Jf3 e lo vince il Torino, il grande Torino che dominerà incontrastato fino a quell'altro suo tragico '49. Poi i giocatori delle grandi squadre vagano in formazioni minori, taluno sotto nome cambiato; si impegnano in tornei di nessuna importanza sportiva, ma di grande importanza gastronomica perché sovente si svolgono in provincia ed i premi non sono coppe e medaglie, ma zamponi e sacchi di farina. La Juventus segue la sorte comune, ma con una dignità che molti non hanno. Diventa « Juve-Cisitalia »; i bianconeri sono impiegati od operai nella fabbrica di autovetture di Piero Dusio, vecchio sportivo che, detto per inciso, era nella squadra bianconera durante la partita amichevole in cui morì capitan Caligarla. Vecchi e giovani Quando la guerra finisce, l'Italia è divisa in due. Impensàbile fare viaggiare tante squadre fra il Nord e il Sud: non ci sono strade né ferrovie. Ma la ricostruzione procede in fretta; il campionato si disputa in due gironi (Alta Italia e Centro Meridione) ; nelle finali a quattro la Juventus trova di nuovo il'Torino a sbarrarle la strada ed è seconda per un punto. Nelle sue file ci sono nomi che tutti ricordano, usciti per fortuna indenni dalla spaventosa burrasca. Si leggono di nuovo i giornali sportivi e sembra di riabbracciare vecchi amici: ecco Foni e Rava, ecco Borei II e Depetrini e l'altro asso vercellese Piola, fenomeno di longevità calcistica. Ac- Irruenza e grinta di Bonipertl, In uno del 177 goals segnati per la Juventus ai sussurrano l'un l'altro, pacatamente: « Spero di non sbagliarmi, ma ho la impressione che siano tornati i tempi buoni ». Per intanto viene messa in atto la prima fase della preparazione: fare le cose con calma. Dal Friuli arriva il terzino Manente, dalla Danimarca uno spilungone biondo, che si chiama John Hansen. Aveva fatto stravedere l'anno precedente, alle Olimpiadi di Londra, quando gli autentici dilettanti danesi avevano battuto i nostri superpagati professionisti per cinque a tre. E quattro di quelle reti erano state segnate dal roseo, biondo, sorridente John Hansen, che lì per lì parve non adattarsi affatto al nostro gioco. Nella partita di esordio fra i bianconeri mancò in modo strepitoso una rete: era ad un passo dalla porta, quando gli giunse il pallone alzò una gamba interminabile e lo sbagliò in pieno. Niente paura: si riabiliterà in seguito. Il caso Ploeger canto ai vecchi, qualche ragazzo che ci sa fare: un certo Parola, per esempio, ed un biondino che non ha ancora diciott'anni e dicono sia in gamba. Ha un lungo nome: Giampiero Boniperti. Sembra incredibile: an- che l'anno dopo, '46-'47, la Juventus è al secondo posto, e di nuovo dietro al Torino, ma questa volta il distacco è forte: 10 punti. Mazzola e compagni fanno strabiliare. I < bógianèn » juventini fingono di consolarsi: « Beh, in fin dei conti è sempre una squadra della nostra città, quella che domina». Ma la Juventus ha sbagliato due grossi acquisti: i cechi Vicpalek e Korostolev (che i tifosi si affrettano a storpiare in « cótlètta », costoletta). Erano lentissimi, impacciati, con loro l'attacco non girava, anche se dietro aveva l'appoggio di una mediana di prim'ordine : Depetrini, Parola, Locatelli, anche quesfultimo campione del mondo, come il terzino Rava. discorso inaugurale il neopresidente dice: «Farò le cose adagio e cercherò di farle bene. Inutile tentare cose impossibili. Può darsi, chissà, che fra due o tre anni si vada vicini allo scudetto... ». Il discorso delude i frenetici delle affermazioni immediate, coloro che, al solito, non sanno bene che cosa vogliono, però lo vogliono subito. Ma i « vecchi » riconoscono nelle parole del giovane presidente lo stesso suono di certe frasi pronunziate da suo padre; fiutano il vento e Così in prima linea ci sono già tre tipi in gamba: all'ala destra un Mercurio alato che si chiama Ermes Muccinelli; al centro Boniperti, che in due anni, rafforzato nel fisico, dimostra di aver capito del foot-ball tutto quello che c'è da capire e poi ancora un poco, ed alla mezz'ala il vichingo Hansen. Dietro a questi, però, c'è molto da rifare, perciò la Juve nel '49 finisce solo quarta. I tifosi sono in allarme, acoprono con raccapriccio che si è comperato Ploeger, portandol • via al Milan, al quale come compenso, viene lasciato Nordhal: quello si rivela una mezza figura e questo si mostra quello che è: il leggendario bisonte sfondanti. Ecco la conferma che nessuno, tanto meno nell'acquisto di calciatori, è infallibile. A spegnere le polemiche, si abbatte sul calcio italiano il disastro di Superga. Il rogo annienta la grande squadra granata, i suoi dirigenti, gli alle¬ natori. E' un giorno di lutto profondo, per lo sport italiano e mondiale. La lotta per la succeasione si riaccende subito: è la legge della vita. Bisogna prepararsi a raccogliere lo scettro caduto, una città come Torino deve avere la sua grande squadra. La Juve accelera i tempi. Arrivano gli atleti come aoldati chiamati dal rullo del tamburo;rientra dal prestito alla Lucchese il portiere Viola, e con lui viene il terzino BertucceUì; nella mediana, a fianco di Parola giunto all'apice della forma (è il migliore del continente, lo chiamano « Carletto l'europeo ») ai achierano Mari e Piccinini; i due posti vuoti all'attacco vengono colmati: mezz'ala destra è Rinaldo Martino, un sudamericano che in Italia sarà chiamato « Zampa di velluto »; all'ala sinistra John Hansen ha fatto venire un altro spilungone, suo amico fraterno: Karl Aage Praest, che nella nazionale danese era centrattacco, ma gioca ugualmente bene all'estrema. Ed anche l'allenatore a cambiato: è l'inglese Jesse Carver, un tipo di solide conoscenze tecniche Il Grande Torino / bianconeri riprovano nel '47-48. Bussano alla porta granata : risponde una scarica di gol. La « Zebra » è ancora seconda, ha trottato bene, ma il < Toro » ha galoppato selvaggiamente: 65 punti contro 49. I tifosi juventini continuano a consolarsi. Ma per un Mulinelli che è entrato nelle file, come riserva all'ala destra, ci sono troppe mezze figure: per esempio l'ungherese Arpas, di cui non si è mai saputa l'età giusta. Qualcuno, a vederlo così sbilenco, esitante, sempre stanco, disse che la Juve si era sbagliata: non aveva comperato il vero Arpas, ma suo padre. Né attorno all'ormai anziano Rava possono far troppo i nuovi Dalmonte, o Grosso, o Cergoli, o l'altro ungherese Kincses. (Questi ai vendicherà poi pesantemente nel '49, come avremo modo di vedere). Comunque qualcosa si muove nelle alte sfere della direzione. Se gli allenatori cambiano sovente, e da Borei II si passa a Cesarini e da questi all'inglese Chalmers, la presidenza viene assunta invece in modo stabile dal dr. Giovanni Agnelli, figlio dell'avvocato Edoardo. Nel ma dal carattere bizzarro che gli procurerà più tardi diversi guai. Questa è la squadra che, nell'estate seguita alla catastrofe di Superga, il dott. Agnelli presenta ai tifosi con la solita cauta frase: « Forse quest'anno non ce la facciamo. Chissà, speriamo nell'anno venturo... ». Invece la squadra c'è ed è formidabile: la « veceh ia signora » sta per entrare in un'altra giovinezza. Carlo Moriondo (continua) Parola blocca di tosta l'Indimenticabile Piola