Musei e gallerie a Roma: una tristissima decadenza

Musei e gallerie a Roma: una tristissima decadenza Musei e gallerie a Roma: una tristissima decadenza Il 21 febbraio scorso la sezione romana di Italia Nostra, con una lettera firmata da una sessantina di studiosi di storia dell'arte e diretta al presidente del Consiglio ed ai ministri della P.I. e della Difesa, denunciava l'intollerabile condizione della Galleria nazionale d'arte antica e protestava per la mancanza di un piano organico e razionale che ponga fine all'indecorosa situazione di quasi tutti i musei di Roma. La lettera non ha avuto risposta. Male antico. Non vorrei mancare di rispetto ai nostri governanti, ma essi mi sembrano simboleggiati da quelle scimmiette cinesi una delle quali si chiude gli occhi, l'altra la bocca, l'altra le orecchie (del resto le tre scimmiette le vidi qualche anno fa sulla scrivania di un nostro altissimo funzionario). Di questi giorni Italia Nostra è tornata sull'argomento, esaminando in un dibattito pubblico, relatori 'Giuliano Briganti, Federico Zeri e Andrea Carandini, lo stato dei musei di Roma: € Situazione vergognosa e drammatica, che proietta una grave ombra sulla nostra cultura di nazione » (relazione Briganti); ed umiliante nel confronto con i musei moderni delle metropoli straniere concepiti come servizio pubblico, accessibili a tutti, con collezioni organiche, con schedari e cataloghi aggiornati. A Roma, con le testimonianze di un-passato di ventotto secoli, capitale di questa nostra Italia che ha ali mentato i musei di tutto il mondo per vicende varie, in vasioni, ruberie, contrabbando, non ce nulla che possa paragonarsi di lontano ad una National Gallery di Londra o di Washington, ad un Louvre, ad un Prado e nel campo archeologico ad un British Museum. Un ottimista potrebbe obiettare che l'Italia è unita solo da un secolo e la capitale ha avu to tanti problemi urgenti da risolvere in così poco tempo. Ma la condizione attuale dei musei di Roma non dipende dal fatto che si sia pensato tardi a creare quelle raccolte che ad una capitale si convengono, o dalla coesistenza di musei illustri creati dalle repubbliche e dalle dinastie dei secoli passa ti, gli Uffizi e Palazzo Pitti a Firenze, le Pinacoteche di Bo logna di Parma e di Modena, il Museo nazionale di Napoli, la Galleria dell'Accademia di Venezia, la Galleria di Brera a e la « Sezione musicale » dei vigili urbani, ai piedi della Villa Celimontana si allevano galline, anitre e conigli. La Galleria d'arte antica è rimasta per quasi settant'anni a Palazzo Corsini, per duemila quadri in cifra tonda le stesse anguste sale che ospitavano i seicento della Galleria Corsini, un'opera addosso all'altra su più file; ed il resto stipato nei magazzini. Per alleggerire la situazione si fece la bella pensata di sbolognarne buona parte affidandoli in deposito a chi li volesse, alla Camera dei deputati, a ministeri ed uffici pubblici, alle rappresentanze diplomatiche all'estero. Una sessantina furono trasferiti a Bari per rimpolpettare quel museo; il meglio delle opere del secolo XIV e XV fu esiliato a Palazzo Venezia per arricchire un Museo d'arte applicata, ove si trovarono come i cavoli a merenda. Alcuni dipinti andarono a decorare due panfili della Casa Reale. Erano spediti via senza cautele, una volta usciti non se ne seguivano più le vicende. Quando, nel 1945, si cominciò a mettere un po' d'ordine nel patrimonio della galleria ci si accorse che più di duecento erano andati perduti senza traccia. Nel 1949 lo Stato acquistò Palazzo Barberini in via delle Quattro Fontane per dare finalmente una degna sede alla Galleria d'arte antica; i saloni del piano nobile, con i sontuosi affreschi secenteschi, furono destinati ad una scelta organica delle opere della Galleria, dal secolo XIII al XVIII. Ma come ho già narrato, l'ordinamento non potè aver luogo se non in piccola parte; perché si trovò installato ne l'ala destra del piano nobile il Circolo delle forze armate; che « per sostenere le proprie vacillanti finanze affitta sale e saloni per rinfreschi di nozze e balli e altre manifestazioni che non hanno certamente carattere culturale» (Federico Zeri). E il Circolo è ancora lì; sotto le volte affrescate c'è odor di casermaggio. Mi manca lo spazio per esporre le lacrimevoli vicende di altri musei; come il Museo artistico-industriale che dall'anno della sua fondazione (1872) va errando da un ex convento all'altro, e le stoffe antiche, i vetri, gli avori, le maioliche, sono da decenni in casse («la etietttva consisteiUJ de delle antichità stanno nei magazzini per mancanza di spazio. L'« Antiquarium » comunale al Celio è chiuso perché va in rovina. Il Museo della Civiltà Romana che si trova n un edificio dell'Eur, a dieci chilometri circa dal centro storico, inaugurato quindici anni fa, sta rovinando ed è chiuso. E' manifesta la tendenza, contraria ai princìpi di una sana urbanistica, di relegare in periferia, e soprattutto all'Eur, musei e raccolte, così si trova all'Eur il Museo nazionale dell'Alto Medioevo e vi si è già trasferito in parte il Museo preistorico ed etnografico Pigorini. « 5» pagano per questi musei fuori mano affitti altissimi, e non ci va nessuno ». (Relazione Briganti). Nel frattempo la Direzione generale delle Belle Arti ha acquistato un palazzo a piazza Campitelli per riempirlo di uffici e di burocrati che hanno l'alloggio nei superattici. « A Roma spira un vento che porta le scartoffie al centro ed il patrimonio culturale in periferia». (Relazione Carandini). E infine è deplorevole il pessimo uso che si fa di taluni di questi luoghi sacri alla civiltà e alla cultura di tutto il mondo; valga fra i molti quello spettacolo indecoroso « suoni e luci » che da otto anni per sei mesi dell'anno deturpa il Foro Romano e che ho già avuto occasione di definire una parodia sguaiata, chiassosa, volgare della storia antica. Il contratto con la compagnia europea di applicazioni elettroniche che è responsabile di questa roba dovrebbe scadere quest'anno; ma si dice che sarà rinnovato per altri otto. Forse fra otto anni, continuando l'andazzo con cui vanno queste cose in Italia, attorno al Foro Romano saranno sorti una ventina di grattacieli; penseranno gli inquilini di quegli appartamenti con maggiore autorità a far cessare lo sconcio. Paolo Monelli Milano, etc. etc. Roma è sem pre stata ricchissima di antichi tà e di opere d'arte, a prescindere dai Musei Vaticani; nell'Ottocento i viaggiatori e gli stranieri potevano accedere, oltre che ai Musei Capitolini, ad una dozzina di gallerie private, Barberini, Sciarra, Borghese, Colonna, Corsini, Doria Pamphili, etc. etc, ricca ciascuna di centinaia di opere: erano musei fidejcommissari, istituiti cioè per uso pubblico e con l'obbligo della conservazione perpetua. Dopo il 70 lo Stato si dette premura che tanta dovizia non andasse dispersa, con leggi provvidenziali e intelligenti (le quali tuttavia non impedirono che alcune di quelle gallerie patrizie andassero disfatte, i tesori della Galleria Sciarra, della Barberini, della Rospigliosi hanno arricchito i principali musei del mondo). Con le donazioni Corsini e Torlonia si istituì nel 1883 la Galleria d'arte antica alla quale affluirono per acquisto o per donazione le opere di altre gallerie. Nel 1889 fu creato il Museo nazionale o delle Terme di Diocleziano per l'archeologia; che raccolse, oltre al fondo di altri musei, materiale da ogni parte, da scavi, da acquisti, o recuperato da palazzi, da cortili, da ville sub urbane, dagli angoli delle stra de e delle piazze. Ma il bell'impulso origina rio non ebbe seguito; mancò l'iniziativa, mancarono soprattutto la buona voglia e una intelligente previsione dei bisogni futuri. Non si provvide a cercare sedi adatte per tanta ricchezza; né a riunire in un grande parco protetto le antichità del Foro romano e del Palatino, il Colosseo, il Parco Oppio, il Colle del Celio, la Villa. Celimontana, anzi si la sciò che fossero invase o soffocate dalla speculazione edilizia. Oggi il Colosseo è un badiale spartitraffico, fra le rovine imperiali del Celio vi è la caserma dei servizi speciali è tuttora un mistero»). Certo è che dalla line del secolo scorso le cose sono andate sempre di male in peggio. Le cause sono sempre quelle. Lungaggini burocratiche, scarsità di denaro e cattivo uso di quello concesso, confusione, disordine, rimaneggiamenti all'insegna della provvisorietà; e conflitti di competenza fra le varie soprintendenze e il Comune (il Tempio di Venere e Marte dipende per metà dal Comune di Roma e per metà dalla Soprintendenza di Roma IV). Oggi la Galleria nazionale d'arte antica è smembrata in due tronconi: opere dal XIII al XVIII secolo al Palazzo Barberini (ove la direzione della Galleria non ha potuto trovar posto nell'appartamento che le sarebbe destinato perché vi si è fatta la nicchia un misterioso «Ente dei Premi Roma»); ed il resto a Palazzo Corsini, ove i quadri « sono stipati fino all'inverosimile sebbene sia pei lo meno inopportuno esporre a italiani e stranieri le raccolte in tali condizioni caotiche » Ora si progetta di trasportare le opere più antiche della Gal leria fino al secolo XV al Pa lazzetto Venezia (dove, come nell'attiguo Palazzo Venezia, c'è già un liei guazzetto d uffici, di società, di centri informazioni, c'è una associazione italo-svizzera, un istituto per studi ed economia, un monsignor vescovo, etc. etc). E così i tronconi diverranno tre. Catastrofica è addirittura la condizione delle cose al Museo delle Terme di Diocleziano per l'archeologia. Non esiste con dizionamento d'aria, né riscal damento, né provvidenze antifurto e antincendio. La maggior parte delle sale sono chiù se; perché ci piove, o le mura minacciano rovina. Sculture vi giacciono ammassate, o stanno in magazzini già traboccanti Molte altre cose si sono dette al dibattito, che prenderebbero pagine. Al Museo Etrusco Valle Giulia la maggior parte