Hong Kong è troppo utile ai cinesi la minacciano, ma non la attaccano

Hong Kong è troppo utile ai cinesi la minacciano, ma non la attaccano GLI INGLESI CI SONO DA 126 ANNI E INTENDONO RESTARCI Hong Kong è troppo utile ai cinesi la minacciano, ma non la attaccano La prova di forza è incominciata a metà maggio, con una catena di scioperi e l'agitazione delle masse cinesi - I disordini sono controllati con estrema fermezza dal governatore e dai suoi ventimila uomini; la libertà politica e di affari rimane completa, ma le pressioni popolari non strapperanno nessuna concessione - L'ultima colonia britannica in Oriente potrebbe cadere solo per un attacco armato; al governo di Pechino, però, non conviene chiudere questa porta aperta sul mondo intero - E la città, gremita da 4 milioni d'abitanti, continua a produrre, trafficare e guadagnare (Dal nostro inviato speciale) Hong Kong, g.tigno. L'eoo della bomba all'idrogeno è giunta fulminea dalle piane del Sinkiang a destare nuove preocoupazioni in una Hong Kong, che già sta attraversando una delle crisi più gravi dei suoi centoventisei anni di storia, -.e autorità coloniali britanniche fanno più che mai sfoggio di sangue freddo, gli uomini di affari cercano di imitarle, un Quotidiano di lingua inglese dedica il suo editoriale alla necessità di misure d'emergenza contro chi continua a mangiare carne di cane. Ma la tensio. ne c'è, e si sente: proprio nel momento in cui si sperava che fossero finite, si temono altre agitazioni da parte dei comunisti locali, galvanizzati dalla nuova prova della potenza di Mao. « E' giunta l'ora — tuona da gennaio la propaganda di Pechino — di Infliggere anche ad Hong Kong lo stesso trattamento di Macao » (nella loro microscopica colonia sull'altra riva del Fiume delle Perle, i portoghesi, come già si è detto, erano stati costretti in dicembre ad accettare umilianti ultimatum, ad abdicare di fatto ad ogni potere), « Hong Kong — liamio risposto gli inglesi — non è Macao: provateci, e ve lo dimostreremo ». A metà maggio, le masse comuniste della colonia hanno cominciato a muoversi ma si sono mossi anche i poliziotti cinesi, i gurkha della brigata indiana, gli inglesi dei Queens Own Buffs. ti governatore, sir David Trench, ha dimostrato di essere pronto ad impiegare tutti i ventimila uomini di cui dispone, per chiarire a tutti che i britannici non hanno affatto l'intenzione (a torto o a ragione attribuita ai portoghesi sull'altra riva) di ammainar bandiera e sgombrare. Le manifestazioni continuano sporadicamente, le prigioni sono piene, la prova di forza è in corso. Gli inglesi ottennero dalla Cina a titolo permanente l'isola di Hong Kong nel 18!,1 e la città di Kowloon nel 1863, affittarono nel 1898 il grosso del territorio — terraferma e duecentotrentacinque isole — per novantanove anni. Del rinnovo o dello sgombro si dovrebbe dunque discutere nel 1997, fra venti anni: Mao è davvero deciso ad anticipare i tempi T Hong Kong non è Macao. I In un'ora e mezzo di aliscafo : complessivamente i cinesi attraverso l'estuario del Fiu- ' so"0 tredici su ventisei. me delle Perle (a nord, ad un centinaio di chilometri, è Cantoni, si passa dal delizioso ed anacronistico angolo di Portogallo, ad uno squarcio di Manhattan im. preziosito da uno scenario favoloso di terra e mare d'Oriente. E' un profilo ormai popolare come quello di Napoli, San Francisco o Rio: cinquecentomila turisti sono In compenso, ed a patto che non turbino l'ordine pubblico (nel qual caso la polizia, e magari l'esercito, interviene duramente e fulmineamente), tutti in questo singolare colonia sono liberi di pensare, scrivere, trafficare come vogliono: compresi i comunisti che hanno giornali, agenzie di stampa, uffici di propaganda, e so- venuti l'anno scorso ad Hong I prattutto banche. Davanti Kong, milioni di persone i a; cardini, apparentemente hanno visto film ambientati \ contrastanti, dell'«.ordine brinell'incanto dell'arcipelago. | tannico* — manganello deTra isole e penisola, sono I ciso per la sommossa, amun migliaio di chilometri \ piissimo tolleranza per la pa- quadrati, un terzo di una. provincia italiana come quella di Vercelli che supera di poco i quattrocentomila abitanti. Qui nel 7(5 c'erano già seicentomila persone, che in un solo anno diventarono il triplo: tornata la pace, la gente affluiva dal continente in questo lembo di terra, a masse paurose di centomila al mese. Un breve periodo di stabilità e poi l'altro esodo di cinesi in fuga davanti ai comunisti vittoriosi nella madre patria: ottocentomila nuovi venuti solo tra 7(8 e 7,9 Da allora gli inglesi hanno cercato di frenare in ogni modo l'afflusso xwrso la colonia da ogni parte dell'Asia indipendente (può entrare e restare solo il lavoratore che ha un contratto firmato!, e ci sono riusciti in parte. Sono, invece, completamente falliti nel loro appelli al family planning: il ritmo di incremento demografico è sul 4 per cento, il più alto dell'Estremo Oriente, forse del mondo. Oggi, sono quasi quattro milioni di persone, ed aumentano sempre, non solo per le nascite. I clandestini continuano a premere, ad infiltrarsi nei modi più impensati, correndo i rischi più mortali. Al posto di frontiera con la Cina, a Lo Wu. non vedo un gran movimento: in un senso e nell'altro passa un migliaio di persone (con una forte percentuale dì ito- cifica attività — perfino gli abilissimi propagandisti di Mao si trovano imbarazzati. Cercano di rifarsi scatenando l'agitazione, come in questi giorni, nel terreno intermedio delle rivendicazioni sindacali. Nemmeno questa è una via facile da battere, per i rossi. Favoriti dal « boom » economico (al quale accennerò in seguito) di Hong Kong come unica, grande porta fra il resto del mondo e la Cina, gli inglesi hanno assolto bene al pauroso compito di far vivere quattro milioni di persone, dove fino a ieri non ce n'erano più di seicentomila: per citare solo due esempi, hanno dato una casa decente ad un milione di abitanti, ed una scuola ad un milione di allievi. Il reddito medio per persona, con circa trecentocinquanta dollari all'anno, può — al solito — sembrare irrisorio in confronto ai paesi occidentali (Italia mille); ma in Asia è secondo soltanto al Giappone ( settecentocinquanta) ed a Singapore (quattrocentosessanta), mentre supera di gran lunga tutti gli altri (Malesia duecentosessant.a, Formosa centottanta, Sud Corea centoquaranta). La. controprova più convincente è fornita ogni giorno dalla faticosa lotta della polizia contro i clandestini ohe da ogni parte d'Asia, rossa o no, tentano di arrivare a del Sud Corea, la concorrenza diventa sempre più dura. Di questa complessa situazione, non sono certo i rossi a non sapere approfittare. Si è cominciato con uno sciopero in un'azienda di fiori artificiali; da un mese si va avanti — anche se saltuariamente — con altri scioperi, manifestazioni, incidenti che non starà ad elencare. Imprese pubbliche e private hanno reagito con centinaia di licenziamenti, la polizia ha tratto finora in arresto più di mille persone e la magistratura ne ha condannate quasi cinquecento a qualche mese di prigione. Il governatore Sir David Trench affetta la più assoluta imperturbabilità, ma i ventimila uomini di cui dispone sono costantemente in stato di allarme. A Londra l'incaricalo di affari di Pechino ha tentato di presentare al Foreign Office una nota di protesta «contro le atrocità di Hong Kong » che è stata « vigorosamente » respinta. A Pechino, il Quotidiano del Popolo tuona: «Compatrioti dì Hong Kong, mobilitatavi, organizzatevi, lottate contro l'arcicrimìnale imperialismo britannico! Siate pronti a rispondere in qualsiasi momento all'appello della Grande Patria per infrangere il do¬ mìnio reazionario dell'imperialismo inglese». Sempre a Pechino, un apposito « Comitato contro la persecuzione » invita gli operai di Hong Kong «ad intraprendere un'azione Immediata per arrivare ad una nuova tappa nella lotta», a non temere «né il cielo né la terra né Dio né il diavolo, né tantomeno i lavapiatti dell'imperialismo britannico ». E adesso, a galvanizzare le masse, è arrivata anche l'eco della bomba all'idrogeno. La colonia vive la crisi più grave della sua storia secolare, ma al Governatorato i funzionari sono più flemmatici, impassibili che mai. Ammettono che tutta Questa propaganda esterna, tutta questa inquietudine locale, può avere «qualche dannoso riflesso economico », ma non credono che davvero la Grande Patria sia decisa ad attaccare a fondo. Certo, se Pechino sì muovesse, non sarebbero i ventimila armati di Sir David Trench a poterla fermare. Ma il punto è un altro: più che alla Gran Bretagna, è alla Cina che conviene lasciare così com'è quest'unica porta, grande, splendida e pericolosa, tra I suoi ottocento milioni di abitanti ed il resto del mondo. Giovanni Giovannini mini di affari occidentali e j questo faro d'OrienteE ò h soprattutto giapponesi). Mol. ti di più, mi dicono, sono coloro che tentano e si preparano a tentare la fuga verso la colonia: « E' esagerato — mi precisa il piii tipico dei compassati funzionari britannici — ma è fuori dubbio che l'instabile clima politico nel Continente ha indotto un numero più alto dell'usuale a tentare di fuggire ad Hong Kong o di mandarvi almeno i figli » Delle fughe (come del pullulare di agenti segreti di ogni parte), le autorità cercano di parlare il meno possibile: il più delle volte, se ne sa qualcosa quando l'interessato è ormai lontano, al sicuro, e dà la sua brava conferenza stampa a Formosa o a Seul o a Washington. Gli inglesi cercano di ridurre al minimo le polemiche col vicino gigante, di rimanere il più possibile freddi davanti alle sommosse dei comunisti locali. L'ul tima cosa alla quale pensa- E' vero, però, che questa media statistica ad Hong Kong vale forse meno che altrove, e che un'analisi è indispensabile. Accanto ai quarantamila non cinesi ed ad altrettanti cinesi dei grattacieli e delle ville, vivono anche altri tre milioni e novecentomila individui, molti dei quali fanno da esotiche comparse per la delizia dei turisti incantati davanti alla fetida distesa di giunchecasa ad Aberdeen o alla marea di tuguri attorno a Kowloon. I disoccupati sono pochi, ma i sottoccupati molti, e spesso è difficile distinguerli dagli occupati: le paglie sono a giornata, non di rado solo a cottimo. Non esiste limite legale d'orario, dieci ore al giorno sono normali, le ferie si aggirano sui sei giorni all'anno. Con questo impegno di lavoro, i salari possono sembrarci bassi (quindicimila lire al mese un ma- i novale, trentamila un qua- no, è quella di ridurre l'at- l lificato. sessantamila uno trito attraverso rinunce di potere politico-animi nistra tivo: il governatore governa con gli stessi poteri di sempre, assistito da due consigli consultivi, un esecutivo ed un legislativo, nei quali specializzato); ma ahimé, lamentano gli imprenditori, non sono più quelli che hanno permesso il favoloso «boom» di Hong Kong. Sono ormai il doppio o il triplo di quelli di Formosa o

Persone citate: Cantoni, David Trench, Giovanni Giovannini, Mao, Perle