La pace: una conquista quotidiana della ragione

La pace: una conquista quotidiana della ragione IL MITO PERICOLOSO DELLA "PACK PERPETUA,, La pace: una conquista quotidiana della ragione Nei miti degli antichi poeti e filosofi, lo stato perfetto di pace è situato al principio della storia umana nel mondo. Esiodo lo considerava proprio dell'età dell'oro in cui gli uomini vivevano come divinità beate, liberi da inquietudini e da malanni, nel godimento di beni sovrabbondanti: e considerava le età successive come un graduale decadimento da quello stato di perfezione. Platone narra nel Critia il preludio della prima grande guerra mondiale: quella fra l'Atlantide e il resto del mondo capeggiato dalla Grecia; guerra divenuta inevitabile quando, trascorsa l'età degli dei nella quale questi governavano sugli uomini come pastori eccellenti e l'età degli eroi, autori di imprese leggendarie, una stirpe di uomini avidi e brutali rese la pace impossibile. In questi miti, l'aspirazione costante degli uomini ad una vita felice, non funestata da violenze e da guerre, assumeva la forma del rimpianto di un paradiso perduto, della nostalgia per un'età passata e conclusa, che non può ritornare. Nei moderni, la stessa aspirazione assume la forma dell'attesa o della speranza di un avvenire più o meno lontano. Il mito è capovolto nel tempo. La pace non è più in un lontano passato ma in un avvenire di cui esistono già i segni o l'annunzio. Le speranze millenarie dei cristiani, le forme diverse della sempre risorgente utopia, le ideologie politiche e i progetti dei filosofi hanno sempre prospettato la pace come l'esito finale della storia, la fase ultima nella quale la vicenda di orrori, di violenze e di guerre avrà termine per sempre e sarà sostituita da una specie di regno di Dio sulla terra. La prima guerra mondiale apparve a buona parte dell'opinione pubblica come « la guerra che porrà fine a tutte le guerre » E le dure smentite dei fatti non sempre indeboliscono questa speranza. Gettato in un mondo in cui la sua sorte è messa continuamente in pericolo, l'uomo proietta nell'immagine di un passato lontano o di un avvenire più o meno prossimo il primo bisogno della sua natura: quello di una pace senza minacce. * * Lo stato di pace può essere posto al principio della storia o al termine di essa, può essere oggetto di rimpianto nostalgico o di attesa messianica; ma i suoi caratteri sono gli stessi. E' un idillio perpetuo nel quale le ambizioni smoda te e la volontà di potenza di persone e di gruppi sono state superate per sempre; in cui non c'è più l'antagonismo, la com petizione, la lotta, l'urto degli interessi, il contrasto delle passioni. E' uno stato di perfezione in cui tacciono per sempre i conflitti di cui pare sia intessuta la vita quotidiana degli uomini. La pace, ha scritto Whithead, è * l'armonia delle armonie che placa la turbolenza distruttiva e completa la civiltà ». Spesso i filosofi hanno sollevato obbiezioni contro una pace così intesa. Eraclito, il più pessimista dei filosofi dell'antica Grecia, ad Omero che aveva detto « Possa la discordia sparire fra gli Dèi e fra gli uomini », rispondeva: « Omero non s'accorge che prega per la distruzione dell'universo: se la sua preghiera fosse esaudita, tutte le cose perirebbero » Hegel diceva: « Come il mo vimento dei venti preserva il mare dalla putrefazione nella quale lo ridurrebbe una quiete durevole, così ridurrebbe i popoli alla putrefazione una pace durevole o anzi perpetua ». Ed è certo che il raggiungimento di una pace resa definitiva e totale per l'assoluta esclusione di ogni elemento di conflitto e di lotta, supporrebbe una tra sformazione completa degli es seri umani, un capovolgimento altrettanto totale della loro natura. Questa trasformazione è certo improbabile perché nessun elemento positivo, nessun fatto può esserne interpretato come il preannuncio. Ciò che sappiamo dell'uomo, ciò che ci dicono di lui le discipline an tropologiche, storiche e social e la stessa filosofia non ci autorizza a credere che l'uomo sia sulla via di una trasfigurazione totale che da essere limitato e imperfetto lo trasformi in un semidio o in un'anima disincarnata. La pace assoluta e definitiva appare oggi alla fredda e lucida mentalità dell'uomo moderno come un semplice sogno. Certo, è un nobile sogno; e, come diceva Calderón, sia nel sogno che nella veglia certe cose sono preferibili ad altre. Ma la questione cruciale non quella circa la nobiltà o la bellezza del sogno; e quella circa la sua funzione. Può il sogno della pace perpetua contribuire alla pace3 Coloro che ttribuiscono al mito una funzione direttiva nella storia degli uomini risponderebbero certo di sì. Ma la credenza nel mito è fragile perché cede al primo urto della realtà e dopo di sé lascia il vuoto. Nella ciiltà contemporanea, fondata com'è, in tutti i livelli, sull'esercizio dell'intelligenza, il mito è ancora più fragile. Inoltre — ed è la considerazione fondamentale — il mito della pace ssoluta incoraggia il fanatismo. La pace totale può venire solo dopo l'ultima guerra totale: dopo la distruzione di tutti i « nemici », dopo l'eliminazione dell'ultimo dissidente, quando un unico sistema di credenze, un unico modo di vivere si sarà stabilito fra gli uomini, e verrà tolto i mezzo ogni contrasto, ogni dissenso e ogni competizione. Quale giustificazione migliore per una guerra di sterminio della prospettiva che essi condurrà finalmente alla pace definitiva? L'insegna di ogni fa natismo è proprio questa Sterminate i vostri nemici senza pietà; dopo, vivrete tranquilli. * * Fuori del mito e del fanatismo, per un'intelligenza che voglia onestamente comprendere la realtà delle cose umane, la guerra e la pace pos sono essere considerate tra loro nello stesso rapporto in cui stanno la salute e la malattia. Lo stato di salute, la sanità dell'uomo normale, non è una situazione originaria o finale, permanente o definitiva, ma la capacità dell'organismo di controllare, regolare e vincere gli assalti della malattia. « La mi naccia della malattia, ha scritto un medico famoso, è uno dei costituenti della salute » Ciò vuol dire che la salute è un equilibrio instabile, mantenuto o raggiunto contro la minaccia di rotture eventuali. Questo vale sia per la salute fisica che per quella mentale: la quale consiste anch'essa in un equilibrio difficile, continuamente minacciato e continuamente ristabilito con tro innumerevoli occasioni di disturbo. I rimedi che la medicina appresta non sono ma gici esorcismi che mettono le malattie completamente fuori questione; sono aiuti offerti all'organismo per rafforzare quei poteri di correzione e regolazione che lo mettono in grado di resistere agli assalti del male. Ma questi assalti continuano. Allo stesso modo, lo stato di pace cui l'umanità può aspirare non è la cessazione de finitiva delle minacce di guer ra, ma la disponibilità di mezzi adatti a fronteggiare queste minacce. La coesistenza di civiltà e di modi di vita diversi, le differenze di religione e di costume, le competizioni tra individui e gruppi i contrasti di interessi, non sono condizioni di cui si possa prevedere l'annullamento; d'altronde senza quelle condì zioni l'umanità si ridurrebbe a una massa piatta ed amorfa senza possibilità creative, sen za alternative di vita, perciò destinata a una lenta agonia, Ma da quella molteplicità, da quei contrasti e competizioni nascono continuamente proble mi che, se non sono affron tati per tempo, si incancreni scono e possono condurre esplosioni violente. La pratica effettiva della tol leranza, le libertà civili, la sostituibilità delle gerarchie po litiche, il compromesso degl interessi contrastanti, lo scam bio di uomini e di idee tra paesi diversi, sono alcuni degli strumenti, di cui l'umanità dispone per superare le minacce di guerra. Le istituzioni internazionali o soprannazio¬ nali si fondano appunto su quegli strumenti. Ma si tratta ancora di strumenti imperfetti, la cui messa a punto implica da parte di ogni uomo o gruppo umano, limitazioni, rinunzie e sacrifici. E' più faile, certo, vivere nella cieca attesa di un domani totalmente pacifico anziché contribuire giorno per giorno a rafforzare atteggiamenti, convinzioni, istituzioni, che possono risparmiare agli uomini rischi di uerre. La magia promette sempre assai più della scienza. Ma solo la ricerca paziente arriva, da ultimo, a dare alla umanità qualche beneficio permanente. E' verità antica che nessun uomo può essere salvato contro la propria volontà. La razionalizzazione dei rapporti umani, dalla quale dipende la vittoria della pace sulla guerra, è un compito che non può essere limitato a una parte soa dell'umanità, mentre l'altra sta ad aspettarne i benefici. Finché l'umanità avrà zone di ombra in cui quella razionalizzazione non riesce a penetrare — come accade ora un po' dappertutto — l'umanità non avrà raggiunto la sua sanità morale, non sarà in grado di respingere ogni minaccia di guerra. Questo non è un elemento di sfiducia ma di speranza: giacché l'esatta nozione di un pericolo è il primo avvio per superarlo. Non sono le esortazioni e le prediche moralistiche, i richiami a ideali anche nobilissimi, che possono contribuire sostanzialmente a garantire la pace. C'è un « fanatismo della pace » che può essere altrettanto pericoloso del fanatismo di guerra. Soltanto i mezzi concreti che diffondono fra tutti gli uomini il senso della misura, del calcolo e dell'organizzazione razionale dei loro interessi renderanno capace l'umanità di raggiungere quello stato di sanità morale che le consentirà di superare le insorgenti minacce di guerra Nicola Abbagnano

Persone citate: Hegel, Nicola Abbagnano, Platone, Whithead

Luoghi citati: Grecia