Il Sinai è uno sterminato cimitero per centinaia di carri armati egiziani

Il Sinai è uno sterminato cimitero per centinaia di carri armati egiziani (Dal nostro inviato speciale) Tel Aviv, 12 giugno. Una pace difficile da negoziare per mancanza di interlocutori, confini immensi da presidiare, una tregua di armi nel reciproco sospetto: questa in sintesi è la situazione determinata dalla vittoria israeliana contro la coalizione araba. E sono tutti problemi di incalcolabili dimensioni. Analizzarli in dettaglio sarebbe impossibile perché investono non solo il Medie Oriente. Vediamoli di scorcio, separatamente. Israele vuole fare la pace con i suoi ne mici, ma non con l'infram mettenza di intermediari estranei alla contesa. Quin di niente Russia né Stati Uniti né Gran Bretagna né Francia e nemmeno le Nazioni Unite nelle quali, dopo le recenti amare esperienze, non ha più fiducia. Perciò il discorso deve essere diretto con gli arabi contro cui Israele ha combattuto e vinto, cioè Egitto, IL NOSTRO INVIATO VISITA I CAMPI DI BATTAGLIA Il Sinai è uno sterminato cimitero per centinaia di carri armati egiziani Dei 950 mezzi corazzati di Nasser, se ne sorto salvati 200 - La macchina militare israeliana si è mossa con la perfezione di un congegno elettronico; per gli aggressori non vi è stato scampo - Tre ardui compili attendono ora il governo di Tel Aviv: una pace difficile da negoziare; confini immensi da presidiare; una tregua d'armi da mantenere nel reciproco sospetto Siria, Giordania e Libano. Al massimo gli israeliani arrivano ad accettare l'Irak. Ma gli arabi non rispondono alle sollecitazioni, stanno con le poche armi che gli sono rimaste ad attendere. Si leccano le ferite che sono gravi e maturano in silenzio i loro piani. Dopo aver tanto gridato e minacciato il finimondo contro Israele ed i loro amici imperialisti, si sono chiusi in una fortezza di silenzio. E' ancora presto per dire se visisteranno in questo atteggiamento, ma non c'è da farsi troppe illusioni su un loro ravvedimento. Possono rimanere nella situazione in cui si trovano anche per mesi, forse anni, ripensando ai loro piani, che possono avere una sola conclusione: terrorismo, sabotaggio, guerriglia ove è possibile. La vastità dei confini su cui si sono attestati gli israeliani potrebbe giocare a loro favore, ma soltanto in limitate zone, cioè sui confini libanese e siriano ed anche nella Palestina con quistata dove hanno la pos sibilità di mescolarsi alla popolazione locale. In que sti rettori gli israeliani possono validamentt difendersi, però tenendo in piedi un massiccio e costoso apparato militare. Nel Sinai invece possono vivere tranquilli. La sterminata vastità desertica è pressoché spopolata. Ci sono ventimila beduini che non si sa bene come e di che vivano. Ero già stato nel Sinai subito dopo l'altra guerralampo, quella del 1956. Allora ero nel settore egiziano ed avevo veduto ciò che gli egiziani volevano farmi vedere: Questa volta, sia pu re in gran parte dall'aria, ho -veduto quasi tutta la sterminata penisola e ho ve àuto anche come gli israe tiàni -''hanno sbaragliato ih tre giorni un'armata composta da 150 mila uomini, distrutto, danneggiato o catturato intatti 700 carri armati, annientato circa IfOO aerei da combattimento, oltre ad infiniti elicotteri ed aviotrasporti. - Allucinante di sabbia gialla, opprimente quando si trasforma in petraia terrificante o quando esplode in calve montagne nere come di antracite, il Sinai è un cimitero sterminato di cadaveri insepolti, di mostruosi congegn' bellici spiaccicati come latta. Non mi intendo di arte della guerra, ma anche da pro- . La prima nave israeliana attraversa lo Stretto di Tiran diretta ad Eilath, nel Golfo di Akaba (Telefoto A. P.) o o . o r a » e i fano mi pare che nel Sinai sia incominciata una nuova tecnica della guerra di movimento, basata soprattutto sui calcoli matematici. La macchina militare israeliana s'è mossa come in un ciclopico congegno elettronico, carri armati ed aerei agivano come teleguidati da un super cervello che riusciva a controllare lo sterminato scacchiere operativo. Così gli aviogetti lianno colpito a terra gli aerei egiziani senza fallire un bersaglio. Non un colpo sbagliato, nemmeno sui carri armati ormai immobili come gigantesche ranocchie di lamiera, fulminati da un solo ben centrato proiettile. Dicono che addestrano gli aviatori israeliani al tiro facendogli colpire a volo radente un bidone di benzina pitturato in bianco. Nel Sinai carri armati ed aerei egiziani sono divenuti altrettanti bidoni di benzina pitturati in bianco per gli aviatori israeliani. Poi c'è stata la manovra a terra nella quale le forze corazzate israeliane molto inferiori di numero hanno fatto una specie di danza attorno a quelle egiziane costringendole ad entrare negli avvallamenti in cui spesso sprofonda il Sinai e chiudendogli ogni possibili tà di manovra. Dei 950 carri armati che Nasser aveva concentrato nel Sinai, soltanto 200 sono riusciti a sganciarsi e ad attraversa re il Canale di Suez. Que sta manovra è riuscita perfettamente ad Abbou Eguei la, a Mitla ed in tutta la zona attorno a Bìr Gafgafa, dov'è uno sterminio di mezzi corazzati egiziani. Perché potessimo vederli 7neglio, la nostra guida militare ha persino aperto lo sportellone dell'aereo, una decisione che almeno a me non è stata molto gradita. Poi siamo andati a Sharm El Sheikh, sulla punta estrema del Sinai, un pezzo di scabro deserto di immenso valore strategico. La guerra è scoppiata soprattutto per il possesso di Sharm El Sheikh, che controlla l'ingresso al golfo di Akaba che Nasser aveva vietato agli israeliani. Una casurmetta bianca sullo sfondo opprimente delle nude montagne nere, alcune baracche, non so quante tende, un aeroporto: questo è Sharm El Sheikh, un nulla che ha scatenato l'inferno nel Medio Oriente, perché noti si entra nel gol fo di Akaba se non lo vogliono gli uomini che abitano in quella casermetta Sharm El Sheikh è quasi dirimpetto all'isolotto di Tiran e lo stretto misura poco più di un chilometro; ma il corridoio con i fondali catsccltSumt6elncSmoalaEs r o a e , o : , o , a i che consentono il passaggio alle navi è largo poche centinaia di metri. Sino al 22 maggio scorso, in questa casermetta c'era un ufficiale jugoslavo che comandava le forze dell'Onu messe lì dopo la batosta egiziana i del' 1956. Subito dopo è arrjtfflfo un ufficiale egiziano^.;f^Tè rimasto per poco tempo,' esattamente quindici giorni. Il 6 giugno nella casermetta è entrato un maggiore israeliano e i suoi uomini hanno fatto il resto. Duemila soldati egiziani che presidiavano Sharm El Sheikh sono fuggiti sulle montagne di pietra nuda e ora qualcuno si riaffaccia all'accampamento con la lìngua spaccata dalla sete a chiedere acqua. Da Sharm El Sheikh gli israeliani non si muoveranno più, finché non otterranno garanzie internazionali di aver libero passaggio nello stretto per tutte le navi dirette al loro porto di Eilath. Si riparte per tornare a Tel Aviv. Nel limpido cielo del deserto si staglia il Monte Sinai con il monastero di Santa Caterina e il roveto in fiamme di Mose. Gli israeliani non trascurano l'aspetto turistico di questi giri con cui ci portano a visitare i monumenti della loro vittoria, giri organizzati con lo scrupolo di una agenzia di viaggi Ci hanno portati quasi in prima linea, sul fronte di Gaza, mentre ancora infuriava la battaglia, su con fortevoli autobus con aria condizionata. Questa volta Gaza la rivediamo dall'alto circondata da agrumeti, campi verdi d'erba e distese gialle di grano o stoppie Lì sotto in quella stretta lingua di terra vivono circa 300 mila rifugiati palesti nesi, una parte di quegli 800 mila e più disseminati anche in Giordania, Siria e Libano. E anche questo è un grosso problema che gli israeliani dovranno affrontare un giorno. E' stato strumentalizzato dagli ara bi dal 19J/8, quando nacque lo Stato di Israele, e per quasi un ventennio fu l'argomento della loro propaganda antisraeliana. Pare va che agli arabi stesse a cuore soltanto la sorte di questa gente che viveva con la assistenza della Unrwa l'organizzazione sovvenzionata dalle Nazioni Unite Ma di questo argomento parlerò un'altra volta. Ora vorrei limitarmi a dire che questi profughi sono ormai in gran parte soggetti agi; israeliani dopo l'occupazio ne e possono diventare una forza esplosiva se non sarà-tx risolta la loro situazione. Francesco Rosso CenIn CattragdesTameinva rzicdovle LmanelunI g(DLmomacoduchunnoAstrotitliapenutinomafinrics'èmtogianpiscstastGele techdotommWanremFrUIsceeqscriridisisesatu« lenocodorepamè is Centomila profughi ad Amman In Giordania mancano i viveri Amman, 12 giugno Circa 100.000 profughi hanno attraversato finora il Giordano, raggiungendo la pianura semidesertica intorno ad Amman. Tale esodo preoccupa seriamente le autorità giordane, che invàno esortano le popolazioni a restare nelle loro case, anziché affluire verso la capitale, dove non si sa come alloggiarle e nutrirle. Le scorte alimentari ad Amman si stanno esaurendo, e nella popolazione regna anche una viva preoccupazione per gli amici e i congiunti che vivono oltre il Giordano, nella regione occupata da Israele. Dai Paesi arabi cominciano ad affluire soccorsi in danaro e attrezzature mediche e sanitarie. Si sta lavorando per riparare l'aeroporto di Amman, danneggiato dai bombardamenti; ricomincerà a funzionare giovedì. Il commissario generale dell'ente dell'Orni per l'aiuto ai profughi della Palestina (Unrwa), Laurence Michelmore, ha chiesto d'urgenza l'invio di danaro, indumenti, viveri, medicine, coperte, tende, automozzi, per aiutare le vittime della guerra. (Ansa)

Persone citate: Francesco Rosso, Laurence Michelmore, Nasser