Le «prove» di Arturo Toscanini nel museo segreto di suo figlio di Gigi Ghirotti

Le «prove» di Arturo Toscanini nel museo segreto di suo figlio Le «prove» di Arturo Toscanini nel museo segreto di suo figlio Custode appassionato delle memorie paterne, continua a raccogliere, « restaurare » e reincidere tutti i dischi e nastri della musica diretta dal grande maestro - Molto si è salvato per merito suo: ha registrato parecchie tempestose "prove" con l'orchestra; le lascia ascoltare agli studiosi - Un episodio inedito: il primo scontro Toscanini-Mussolini nel 1918 (Dal nostro inviato speciale) New York, maggio. Negli anni di New York, Arturo Toscanini visse in una villa del sobborgo di Riverdale, circondata da un grande parco: alberi maestosi, prati in declivio, lambiti dalle acque dell'Hudson. In lontanan e Dick Gardner, il figlio di Toscanini pulisce, riaggiusta, reincide. Dove il guasto del tempo e l'incuria degli uomini hanno prodotto lacerazioni e incrinature, opera trapianti da altre incisioni. Molte volte, per ricostruire un'ora soltanto di musica toscaniniana, Walter za si scorgono i grattacieli di I Toscanini e i suoi collabora- Manhattan, le scie luminose degli aerei, fumi di ciminiere; ma non arrivano gli strepiti della metropoli, a Riverdale tutto e immerso in un silenzio quasi agreste. Quando Arturo Toscanini si stendeva beato sull'erba accanto alla villa, la sua memoria tornava alla pace della campagna lombarda: Mi par d'essere in riva al Lago Maggiore ». Anche la villa — solidi muri, tetto a spiovente, il parafulmine in cima — sembra uscita da uno di quegli scenari della vecchia Brlanza descritta da Carlo Emilio Gadda. A metter ancor più un accento lombardo sul quadro, è il padron di casa, Walter Toscanini, figlio del Maestro, solitario abitatore della villa, custode dei cimeli paterni, animatore della grande e inattesa rifioritura toscaniniana. Egli ha trascritto su nastro centinaia di opere dirette da suo padre, in tutte le città d'America, a Lucerna e a Salisburgo; ha recuperato dischi introvabili, altri che rischiavano d'andare distrutti per i cattivi acidi impiegati nella lavorazione. Aiutato da due tecnici del suono, John Corbett tori ne hanno impiegato cento, e persino ottocento di lavoro. Il luogo dove si compiono queste pazienti e amorose fatiche di restauro è la villa di Riverdale, dominata in tutte le sue stanze dalla grande fotografia del Maestro con la bacchetta in mano. Il sotterraneo fu trasformato in laboratorio fin dagli anni in cui Arturo Toscanini vi venne ad abitare. Suo figlio Walter aveva incominciato ad armeggiare con i dischi già a Milano, nelle stagioni liriche del 1925, 1926 e 1927: di soppiatto, complici uscieri e inseivienti, era riuscito a installare un apparecchio di registrazione nella « cavea » della « Scala », proprio al piedi del podio. Nascostamente, perché tutti, e Walter per primo, sapevano quanto il Maestro fosse intollerante di quegli aggeggi: se lì avesse scoperti, avrebbe bui tato in aria il teatro, e forse anche suo figlio. Mi racconta Walter Toscanini: «Quando si arrivò in America la fobia di mio padre per i dischi era al culmine l dirigenti della radio, intanto, {insistevano per avere il per¬ messo d'incidere, e mi scongiuravano di intercedere presso mio padre. Gli spiegavo: Vedi, papà, il disco sta alla musica, come la fotografia alla pittura. Nessuno pretende che sia un'opera d'arte originale. E' una riproduzione, ma tutti non possono godere l'opera d'arte originale, e perché, allora, dobbiamo negare alla gente anche la riproduzionet " ». Ma questi bei ragionamenti s'urtavano ad un furore antifonografico che sembrava invincibile. Un bel giorno, Walter ebbe un'idea: si recò per consulto da un grande tecnico del suono, René Snepvanger, della R.C.A. e gli spiegò che, probabilmente, l'ostilità di suo padre per l'incisione in dischi risaliva ai pessimi ricordi della sua giovinezza, con quei dischi frusciano e rozzi che lo avevano fatto urlare dalla disperazione. Se gii si fosse offerto qualcosa di meglio, chissà, forse il Maestro si sarebbe arreso. René si mise a studiare il problema: costruì un pick up dotato di pre-amplificatore (il primo nella discografia mondiale), un motorino a velocità assolutamente costante (il Maestro non sopportava infedeltà in tema di « tempo») e alcune batterie di al toparlanti che, con mille pre cauzioni e timori, vennero si stemate in luoghi diversi: nel living room, nella sala da biliardo, e anche nella stanza da letto del Maestro. Sulle prime furono dolori, l'apparecchio era sin troppo perfetto e amplificava qualsiasi imperfezione dell'orchestra. Ma un po' per volta, Toscanini si convinse: si ripassò, brano per brano, tutto il suo repertorio, e Walter, con un grande libro-mastro tra le mani, annotava diligentemente tutte le osservazioni, studiando con i tecnici i rimedi e sottoponendo il risultato ad un riesame. Finì che ottennero il placet anche alcuni dischi che, in un primo tempo, Toscanini aveva addirittura disconosciuto. Walter Toscanini non è mai solo nella sua giornata. Da tutte le scuole d'America gli arrivano in casa comitive in gita di fine d'anno, giovani direttori d'orchestra, allievi di conservatorio alla ricerca del « vero segreto » dell'arte toscaniniana. Si organizzano colloqui, s'improvvisano audizioni speciali: c'è una vasta produzione toscaniniana che non è destinata, e non andrà mai al gran pubblico, è la registraziona delle.prove. Non era tenero, il Maestro, con la sua orchestra. Alcuni dei suoi scatti d'ira sono passati alla storia. Ascolto, nel sotterraneo di Riverdale, un'incisione delle prove dell'Aida, una della Bohème, una della Nona Sinfonia. Toscanini arringa dal podio: « Ma che razza di note son queste! Voi componete da soli! Mia cara orchestra, adesso suo¬ nate un po' anche per me! Un'orchestra dev'essere il mi glior piano con il miglior pianista! ». Li incita a « cantare, cantare », e lui stesso canta da tenore, da soprano, canta la parte dei violini, dei violoncelli. La musica era per lui un valore universale dell'uomo, da difendersi contro ogni profa nazione della mediocrità e del lo spirito di parte. Mi racconta Walter Toscanini un episodio sconosciuto: il primo incontro di suo padre con Benito Mussolini: fu nel marzo del 1918, otto mesi prima della fine della guerra. Il Maestro aveva organizzato a Milano alcuni concerti di Mozart e di Beethoven, e il direttore del Popolo d'Italia gli fece sapere che li avrebbe stroncati, per una ragione « patriottica -». Toscanini, che ritornava dall'aver diretto concerti al fron te, si recò difilato al « covo » di via Paolo da Cannobbio, a trovare il futuro duce. « Sa che cosa le debbo dire? Io, Mozart e Beethoven li suono lo stesso. Due mesi fa, all'Ope ra di Berlino, hanno dato V "Aida": questo non gliel'ha detto nessuno, professore! ». Nel 1931, davanti al teatro Comunale di Bologna, lo «schiaffo » famoso delle camicie nere al Maestro. Era, a tredici anni di distanza, la risposta del « professore ». « Avete fatto be nissimo », esclamò Mussolini quando i suoi gerarchi glielo riferirono. Gigi Ghirotti INCONTRO CON WALTER NELLA VILLA DEL MAESTRO A NEW YORK