Il millenario battistero di Novara risorto nelle sue forme originali di Marziano Bernardi

Il millenario battistero di Novara risorto nelle sue forme originali ■eri alla presenza delle autorità l'inaugurazione Il millenario battistero di Novara risorto nelle sue forme originali E' uno dei più importanti ricuperi storico-artistici compiuti in Italia in questi ultimi anni - Illustrata dal soprintendente Chierici l'opera di restauro durata sette anni - Lo splendido monumento decorato da affreschi preromanici di incomparabile suggestione (Dal nostro inviato speciale) Novara, 6 maggio. Di quella ohe ben sì può chiamare la mirabile risurrezione rie! Battistero tii Novara, uno dei più importanti ricuperi storico-artistici compiuti in Italia in questi ultimi anni, ad opera della soprintendenza ai Monumenti del Piemonte, già La Stampa si occupò lo scorso 2 marzo. Ma l'inaugurazione, oggi pomeriggio, del millenario monumento che durante il restauro ha rivelato, inatteso e sorprendente, uno dei più alti capolavori della pittura preromanica nell'area lombarda, ha assunto un particolare carattere di solennità che fa onore alla cultura italiana. Erano infatti presenti, con tutte le autorità civili e religiose di Novara, città e provincia, e della diocesi, il ministro Pastore, il sottosegretario Eikan in rappresentanza del ministro della Pubblica Istruzione Gui, il direttore generale delle Belle Arti Molajoli, i senatori della regione, il presidente della Banca Popolare di Novara Sozzetti, che generosamente ha contribuito alle spese del ripristino, tutti i soprintendenti artistici del Piemonte e molti della Lombardia, il vescovo di Pavia, il presidente della Deputazione subalpina di storia patria Cognasso, un foltissimo gruppo di studiosi, architetti, artisti convenuti da Torino e da Milano a testimoniare lo straordinario interesse dell'ambiente culturale italiano per la rinascita di questo tempio stupendo. Dopo la benedizione all'opera risorta, il vescovo di Novara mons. Cambiaghi ha rivolto al pubblico che gremiva il sagrato del Duomo fronteggiante il Battistero un nobile discorso; il soprintendente Chierici, guida sapiente e appassionata della splendida impresa, ha illustrato il lavoro svolto in sette anni e i suoi eccezionali risultati; l'on. Eikan ha espresso la calda adesione del suo dicastero, troppo spesso combattuto fra la necessità di conservare i tesori italiani d'arte e di storia e l'esiguità dei mezzi. Questo per la cronaca; e veniamo al monumento. Le sue forme originarie erano quasi sparite sotto le aggiunte murarie e decorative, ma per una rara fortuna non erano state alterate nelle strutture essenziali; onde al restauratore che — come ha detto il Chierici — andava lentamente rimettendone in luce l'antica sostanza, esse riapparvero con inusitata freschezza di conservazione, confermando quanto alcuni storici già avevano intuito: che la costruzione del Battistero risale al V secolo, cioè al periodo forse più glorioso della storia della chiesa novarese, dopo la predicazione del primo suo vescovo Gaudenzio, periodo del quale è l'unica sopravvivenza a Novara: testimonianza, per le dimensioni notevoli del sacro edificio, della vitalità spirituale e numerica della prima società cristiana locale. Nacque dunque la costruzione in forma di grande aula ottagonale con al centro la vasca battesimale per immersione (oggi restituita alla vista, eccetto i marmi che la rivestivano), e delimitata da otto cappelle alternatamente rettangolari e semicircolari: vale a dire secondo la tipologia hattisteriale paleocristiana, risalente agli schemi classici dei ninfei e delle sale termali. Otto bellissime colonne marmoree dai capitelli corinzi, certamente di ricupero da monumenti romani, sembrano anche adesso reggere gli archi delle cappelle e il tiburio ma in realtà la funzione portante è assolta da otto travi di pietra penetranti nelle murature e visibili anche all'è sterno. Le pareti erano rivestite da decorazioni a mosaico di cui resta qualche mini ma traccia — come dei pavimenti ad « opus sectile » in marmi colorati —, al di sopra d'una zona hasamentale di lastre marmoree. Non si sa se la copertura fosse a cupola o a tetto. Tale rimase per quasi cinque secoli il Battistero, fino all'intervento ampllatore in altezza cui dobbiamo implicitamente la nuova (e fino a ieri celata) decorazione pittorica che per importanza sovrasta anche l'interesse delle strutture. Infatti, compiuta con pieno rispetto della preesistente forma architettonica la sopraelevazione del tiburio e la costruzione della cupola, col risultato di modificare profondamente i rapporti spaziali dell'edifìcio, ne derivò la necessità estetica di decorare I muri nuovi. Ciò avvenne nella seconda metà del secolo X, coincidente la comparsa a Novara C un pittore sommo, personag gio — ha notato il Chierici — dalla cultura estremamente complessa e raffinata, conoscitore profondo della pittura carolingia ed Insieme della eiviltA pittorica dell'Oriente cri- Particolare di uno degli affreschi scoperti durante i restauri nel Battistero di Novara (Foto Giovetti) stiano, del mondo bizantino. E' a questo «Maestro di Novara», sicuramente italiano e forse lombardo, che fu affidata la rappresentazione di una delle parti più drammatiche dell'Apocalisse di S. Giovanni, quella in cui, all'aper¬ tura del settimo sigillo, compaiono In cielo i sette angeli ad annunziare con gli squilli delle trombe 1 flagelli che si abbattono sull'umanità atterrita. Sette dunque le scene dipinte nel fregio sovrastante gli archi dei flnestronl che s'aprono nelle pareti; e precisamente, oltrp la raffigurazione dell'angelo che offre incenso all'ara di Dio, la « Pioggia di grandine e fuoco», la «Caduta del monte incandescente nel mare », la « Trasformazione delle acque In amaro assenzio», l'« Oscuramento del sole e della luna», la «Comparsa delle locuste dal pozzo dell'abisso », la scena della «Donna Celeste e del Drago »; una settima scena non è visibile perché ricoperta da un affresco del «Giudizio finale», eseguito da un pittore quattrocentesco lombardo. Tutte queste pitture erano state ricoperte da due spessi strati di scialbo, uno di calce quasi pura in tempo iniprecisato, l'altro di color hlgio, steso forse nel corso dell'Ottocento. Lungo e paziente 11 lavoro di ricupero ha rivelato, durante il restauro del monumento, queste meraviglie che ora fanno del Battistero novarese uno dei più insigni documenti ita llanl di pittura preromanica. Il Chierici addita con giusto entusiasmo 11 rigore ritmico della composizione, la essenzialità della narrazione e della strumentazione scenica, la prò rompente vitalità dello stile, manifestata soprattutto dalle scattanti figure degli angeli di incomparabile suggestione dinamica. Ma anche gli altri personaggi sorprendono per l'energia d'una rappresentazio ne che si può dire audace mente realistica. Per di più questo testo altomedioevale traducente visivamente il ca pitolo dei « Sette squilli », va considerato un esempio uni co, per la completezza del racconto giovanneo, fra tutte le pitture dell'epoca ispirate all'Apocalisse. D'ora innanzi quindi 11 Battistero di Novara sarà una base indispensabile agli ulteriori studi sulla pittura preromanica in Italia. Marziano Bernardi

Persone citate: Cambiaghi, Chierici, Cognasso, Donna Celeste, Pastore, Sozzetti