Come trent'anni fa scoppiò la guerra "civile" in Europa

Come trent'anni fa scoppiò la guerra "civile" in Europa DA QUELLE SETTIMANE DI AGOSTO AL V SETTEMBRE 1939 Come trent'anni fa scoppiò la guerra "civile" in Europa Il problema di Danzica e delle minoranze tedesche è il pretesto per l'invasione della Polonia ■ Forse la Russia potrebbe fermare Hitler, ma il 23 agosto firma il patto di non aggressione con la Germania - Due giorni dopo, Londra si impegna a difendere «libertà e pace per i popoli del mondo » - La Francia richiama i riservisti, l'Italia proclama la non belligeranza - Alle tre e mezzo del mattino, i nazisti attaccano La guerra che nessuno voleva, tranne Hitler, comin ciò all'alba del 1° settembre di trent'anni fa. Hitler aveva dichiarato di non poterla differire nemmeno di un giorno: « Termine ultimo per l'inizio delle operazioni, la fine di agosto», aveva detto infatti al ministro degli Esteri fascista. Galeazzo Ciano, ricevendolo a Berchtesgaden il 13 agosto. Qualsiasi ritardo sarebbe stato rischioso perché lo Stato Maggiore tedesco, che considerava necessarie da quattro a sei settimane per liquidare la questione polacca, teneva conto del fatto che a partire dal 15 ottobre le piogge, le nebbie ed il fango avrebbero reso impraticabili in Polonia strade e aeroporti, proteggendo il paese meglio di qualsiasi armamento. Inutili mediatori Per giustificare l'attacco Hitler diceva che. in mancanza di un'eventuale pròvocazione, egli avrebbe «considerato grave» uno dei tanti incidenti quotidiani che si avevano, a Danzica. Del resto, già da tempo, il suo ministro della propaganda, dott. Giuseppe Goebbels, andava denunciando il terrore nel quale vivevano le minoranze tedesche in Polonia. Aveva pure provveduto ad inventare casi di castrazione. Ciano verbalizzò il colloquio (L'Europa verso la catastrofe, Milano, 1948,. pag. 459) annotando infine che Hitler sarebbe sfato lieto di vedere Mussolini: « Gradirebbe averlo una volta ospite alle rappresentazioni musicali di Bayrèuth, ma non mi accenna a questioni politich?. Dice di fiori avere altre comunicazioni da farmi». La liquidazione della Polonia era così decisa irre- vocabilmente — come ero sfata quella dell'Austria nel marzo '38 e della Cecoslovacchia nel marzo '39 — sicché tutto l'affanno diplomatico degli ultimi giorni d'agosto, tra mediatori e pacieri di buona volontà, non servì a nulla. A impedire la guerra avrebbe potuto essere soltanto la Russia, forse, che stava trattando da mesi un patto di amicizia e collaborazione con la Francia e l'Inghilterra. Ci si immaginava difatti che un accordo del genere sarebbe stato un buon deterrente contro l'aggressività di Hitler, mettendo la Germania al rischio di trovarsi a combattere su due frónti. Il 23 agosto, tuttavia, mentre le delegazioni anglofrancesi continuavano ad essere, tenute in quarantena, al Cremlfnb arrivava u ministro degli Esteri tedesca, Jóaquim von Ribbèntrop, e il patto di non aggressione lo firmava lui, con la Russia. Si avverava così la previsione che l'ambasciatore di Francia a Berlino, Robert Coulondre, aveva dà tempo formulato nei suoi rapporti al ministro degli Esteri Georges Bonnet: « Il Fuehrer si intenderà con la Russia. Giorno verrà che egli raggiungerà cosi i suoi obiettivi, senza che gli alleati abbiano avuto" nessuna ragione e nemmeno alcuna intenzione di intervenire. Forse si vedrà una quarta spartizione della Polonia» (Coulondre a Bonnet, rapporto del 7 maggio 1939 in Le Livre Jaune Francais. doc. 123). «...Nel pensiero del ministro degli Esteri del Reich, lo Stato polacco presto o tardi dovrebbe scomparire di nuovo, diviso tra la Germania e la Russia. Nella concezione del signor Ribbentrop, l'idea di una tale divisione sarebbe intimamente connessa a quella di un Ravvicinamento tra 'Berlino e Mosca» (Coulondre a Bonnet, rapporto del 22 maggio 1939 in Le Livre Jaune Francais, doc. 127). Dilagò panico, dopo l'annuncio del patto BerlinoMosca. Si stava concludendo a Bruxelles una conferenza tra i ministri degli Esteri del cosiddetto Gruppo di Oslo, comprendente i paesi neutrali del Nord Europa, e a loro nome re Leopoldo del Belgio lesse alla radio un messaggio per implorare da « coloro nelle cui mani sta il destino del mondo, di realizzare il desiderio tante volte da loro stessi manifestato di regolare pacifica¬ 1 II I II 11 11 i II Itili I III t 11 1111 il III I Milli il 111(11 II 111 mente le difficoltà che li separano». Il giorno dopo, 24 agosto, papa Pio XII diffondeva da Castel Gandolfo un appello dì pace, e tre altri messaggi spediva Roosevelt dall'America, al presidente del Reich Adolfo Hitler, a Vittorio Emanuele III re d'Italia e d'Albania, imperatore d'Etiopia, e al presidente polacco Ignazio Moscicki. Daladier risponde Più concreti furono gli inglesi. Il loro vecchio e pacifico premier, Neville Chamberlain, offrì alla Polonia un patto di assistenza, con la promessa di scendere in guerra se Hitler avesse attaccato: « Noi non combatteremo per le. sorti politiche di Danzica, una città lontana in terra straniera, ma combatteremo per la preservazione di quei principi la cui distruzione significherebbe la distruzione di tutte le possibilità di pace e sicurezza per i popoli del mondo». Non si trattava dunque di « mourir pour Dantzig », una prospettiva che ai riluttanti francesi pareva assurda, ma di salvare le ragioni della vita civile. Il giorno dopo, 25 agosto, un venerdì, l'accordo anglo-polacco era firmato. Hitler ne fu scosso. Aveva sempre sostenuto la necessità (« Questione di. abilità politica») di riuscire all'isolamento della Polonia: « Il conflitto sarà coronato da successo, solo se le potenze occidentali ne saran- 11 UHI II 11 li II II I II 11 11 I II I III 11 II I 111 11 no tenute lontane», aveva detto in maggio al suo Stato Maggiore. «Was min? — disse adirato il 25 agosto — e adesso?». Per fronteggiare la situazione determinata dall'Inghilterra fece immediate pressioni sulla Francia. Per le 17,30 dello stesso giorno convocò l'ambasciatore Coulondre invitandolo a trasmettere una sua dichiarazione al presidente del Consiglio francese Edouard Daladier. Diceva in essa dì deplorare, più di ogni altra cosa al mondo, che sangue francese e sangue tedesco potessero venire sparsi in seguito ai provvedimenti che il Reich avrebbe potuto essere costretto a prendere per regolare una situazione che in Polonia era diventata intollerabile. Daladier rispose subito. Da buon professore, in termini ineccepibili di logica cartesiana, disse di poter garantire personalmente che la Polonia era animata dalle migliori disposizioni per un regolamento pacifico. La questione, però; così era posta male perché Hitler sapeva da sé che non era la Polonia, né l'Inghilterra, né la Francia, a volere la guerra. Ma fingeva di credere il contrario, lamentandosi dei modesti provvedimenti precauzionali che si stavano prendendo a Londra, a Parigi, a Varsavia. In Francia si affiggevano manifesti di richiamo dei riservisti e sì requisivano automezzi. In Inghilterra i Comuni ed i Lords approvaoano nella notte dal 25 al 26 agosto un progetto di leggi di emergenza, ed ì polacchi facevano affluire una divisione mista verso Danzica. Nel pomeriggio di sàbato 26, altro colloquio HitlerCoulondre: « Sono convinto — disse il Fuehrer — che se invece della campagna di odio e di diffamazione condotta contro la Germania, fosse stata esercitata, specialmente da parte dell'Inghilterra, una buona influenza sulla Polonia per indurla ad accettare le proposte tedesche, l'Europa avrebbe raggiunto lo stato della maggiore quiete e pace. Invece, la Polonia, sentendosi appoggiata dall'Inghilterra e dalla Francia, ha commesso delle esagerazioni, giungendo persino a presentare rivendicazioni insensate». Formulò anche una profezia: «Io vedo molto chiaramente le conseguenze alle quali potrebbe condurre un conflitto, ma credo che le peggiori conseguenze cadrebbero sulla Polonia, il cui Stato in un modo o nell'altro an drebbe perduto ». Era dire abbastanza, ed il governo inglese si affrettò a mettersi in contatto con la Polonia, domandando telegraficamente a Varsavia il lunedì 28 agosto, alle 14, se « il governo polacco autoriz¬ zava il governo britannico a comunicare al governo tedesco che la Polonia è pronta ad entrare in dirette discussioni con la Germania ». La risposta di Varsàvia fu positiva, come ovvio, e l'ambasciatore inglese a Berlino, sir Neville Henderson, andò a portarla a Ribbentrop facendogli osservare: «Adèsso, il primo passo logico deve essere l'inizio di trattative dirette tedesco-polacche». La Germania rispose il giorno dopo, martedì 29 agosto, accettando le trattative dirette (che ami « sarebbero state condotte su un piano di perfetta uguaglianza ») a condizione, tuttavia, che si svolgessero a Berlino e si concludessero improrogabilmente il 30 agosto. \ Per le sue note esigenze meteorologiche, Hitler non concedeva dilazioni e intendeva imporre ai polacchi un Diktat. « Fulminea pretesa della Germania», la definì Chamberlaìn ai Comuni, riferendo nel pomeriggio del 30 agosto una comunicazione inviatagli nelle prime ore del mattino dall'ambasciatore britannico a Varsavia, sir Henry Kennard, il quale diceva di «avere la sensazione esatta dell'impossibilità di indurre il governo polacco a inviare subito a Berlino il signor Beck, Primo Ministro, o qualsiasi altro rappresentante per discutere un regolamento ». La sera dello stesso 30 agosto, l'ambasciatore a Berlino, Neville Henderson, si presentò a Ribbentrop suggerendo contatti preliminari per definire il modo di condurre le trattative, come era logico richiedere. Invece, Ribbentrop gli diede rapidissima lettura (« at top speed», come si trova detto nel British Blue Book al documento 92) dei 16 punti sui quali il governo tedesco intendeva basare la soluzione della crisi. Da quanto ne potè afferrare Henderson, Danzica doveva essere annessa al Reich con effetto immediato, ed entro il termine di un anno si sarebbe tenuto un plebiscito per stabilire la sorte del cosiddetto corridoio, che intanto la Polonia doveva sgomberare subito, accingendosi subito a costruire strade e ferrovie per intensificare le comunicazioni fra la Prussia orientale ed il resto del Reich. Diktat vergognoso Henderson telegrafò a Londra queste sue prime notizie, nella notte fra il 30 ed il 31, ma, come è giusto, Chamberlaìn restò in attesa di un testo ufficiale da comunicare a Varsavia. L'ambasciatore polacco ti j Berlino, Anton Lipsky, si presentava intanto a Ribbentrop nel pomeriggio del 31, alle 18.30, per dirgli che «la possibilità di trattative dirette sarà presa dalla Polonia in benevola considerazione, ed a questo riguardo seguirà subito una risposta formale ». Ribbentrop gli domandò se egli stesso fosse autorizzato a trattare. Lipsky rispose di no, mail suo non era un modo di prendere tempo; piuttosto il tentativo dì conoscere quali condizioni si esigessero. Ufficialmente, queste furono comunicate dalla radio tedesca solo alle nove e un quarto della sera, e la radio polacca le commentò alle undici, qualificandole proposte «vergognose» avanzate da «novelli Unni», sicché non rimaneva che «l'ultima speranza del ricorso alle armi» I tedeschi, puntuali, incominciarono ad adoperarle alle tre e mezzo del mattino del 1° settembre, vincendo facilmente fin dal principio. Alle tre del pomeriggio, a Roma, il Consiglio dei ministri annunciava che l'Italia era non belligerante. Tre giorni dopo, domenica 3 settembre, l'Inghilterra dichiarava guerra alla Germania, imitata dalla Francia a distanza di quattro ore. Dopo venticinque anni di una pace inquieta, si iniziava così la seconda guerra europea, poi destinata a dilatarsi in seconda guerra mondiale. Vittorio Gorreaio Berchtesgaden. Il tè del 5 gennaio 1939 fra Hitler e il ministro degli Esteri polacco, Beck. L'idillio è apparente: le posizioni sono dure, inconciliabili Mosca. Molotov firma il patto' russo-tedesco Dietro di lui, Von Ribbentrop e Stalin IIIIIM1HIII1II IIIIIIIIM1IIIIII1IIIIIIIIIIIIEIIIIII1II1IIII1IIEIII1MI 11 IH 111 I II III 11 111 I II III 111 III II I CI UHI I II II 11