La tregua nei ghetti

La tregua nei ghetti ESTATE QUIETA IN AMERICA La tregua nei ghetti Di solito un giornalista è abituato a riferire soltanto gli avvenimenti, ma qualche volta risulta importante anche ciò che non accade. Questa per esempio è la seconda estate americana trascorsa senza esplosioni di odio razziale, senza rivolte nei « ghetti > negri. Tanta tranquillità, da nessuno prevista, merita una spiegazione. Furono i negri di Harlem a sollevarsi per primi, nel 1963, e da allora in un crescendo minaccioso. Il 1965 tu l'anno di Watt, il ghetto di Los Angeles. L'arresto di un giovane che guidava ubriaco accese una battaglia che durò per una settimana. Trentacinque i morti e novecento i feriti. Poi venne l'anno di Hough, il ghetto di Cleveland, che esplose quando un barista negò un bicchiere d'acqua, fresca a un ragazzo di colore, infine fu l'anno di Newark, una cittadina del New Jersey, dove i negri depredarono e distrussero tutti i negozi del quartiere. A Newark comparvero franchi tiratori abili e organizzati; sparando dai tetti, tennero lontane per una settimana le truppe federali. A ogni crocicchio gioVani agitatori incoraggiavano i saccheggi gridando: « Brucia, ragazzo, brucia >. Molti temettero che gli incendi sarebbero divampati nell'intera America. In tre anni, e con progressione continua, si erano avuti incidenti e vittime in cinquanta città. Si pensava a un piano preordinato, all'inizio di una «guerriglia urbana ». Negli ultimi trent'anni quasi quattro milioni di negri hanno lasciato i campi di cotone del Sud per trasferirsi nei grandi centri industriali. Ne sopraggiungono duecentomila ogni anno. A Washington e a Newark i negri già costituiscono la maggioranza della popolazione; se il flusso migratorio resterà costante, entro dieci anni saranno città negre anche Baltimora, Chicago, Cleveland, Detroit, Filadelfia, Saint Louis. Un americano su nove è un negro, ma ormai, su ogni sei bambini che nascono, uno ha la pelle scura. La massiccia immigrazione e l'incremento demografico della gente di colore rendono l'integrazione più ardua. Anche fra i bianchi immuni dal pregiudizio razziale spesso si diffonde la paura di venire travolti da una marea. I negri si insediano nel centro delle città, i bianchi emigrano versa i sobborghi Sul piano politico la tensione è in aumento. All'inizio degli Anni Sessanta Bayard Rustin era stato uno dei leader: negri più attivi: fu lui l'organizzatore di quella marcia su Washington che, nel 1963, aveva sospinto Johnson a presentare al Congresso la legge sui diritti civili. Ora Rustin appare quasi un conservatore. « Fra i leaders negri — dice — non ci sono più i militanti e i moderati, ma restano soltanto i saggi e i matti, i costruttori e gli incendiari, quelli fuori e quelli dentro la società ». Luther King, l'apostolo della non violenza, pochi mesi prima .della sua tragica fine si era spostato su posizioni più radicali. Non gli restava altra scelta, se voleva mantenere la sua presa popolare. Oggi ogni negro che trovi uno slogan rivoluzionario può diventare famoso in poche settimane. Stokely Carmichael era un oscuro agitatore del movimento studentesco. Ma < Potere Negro », la sua formula immaginosa e incisiva, ebbe successo e di colpo il suo nome fu sulla prima pagina di tutti i giornali. Anche Carmichael, però, non è più un estremista; le « Pantere nere » 10 ripudiano e lo sconfessano. Oggi si gridano slogans temerari: « Le pistole sono molto, molto politiche ». « Diamo un'arma a ogni ragazzo negro e si sentirà subito uguale a ogni altro individuo ». Gli americani di pelle bianca sembrano impotenti e disperati. Riaffiora il pregiudizio davanti all'invadenza dei nuovi immigrati, al dilagare delle rapine che rendono impossibile transitare, di notte, per certi quartieri di Washington e di New York. 11 bac\lash, la reazione dei bianchi, è in atto nella stessa New York, fino a ieri la città più tollerante degli Stati Uniti, dove può essere eletto sindaco un certo Procaccino, che promette « legge e ordine », che minaccia di scatenare la polizia. I liberals, i progressisti, credettero al miracolo quando il Congresso approvò quelle leggi sui diritti civili che almeno in teoria garantiscono ai negri i più ampi diritti; oggi invece si accorgono che l'integrazione sul piano giuridico non basta senza l'integrazione sul piano sociale. Il pessimismo riaffiora. Si dice che Johnson per colpa della guerra nel Vietnam non ha trovato i fondi necessari a garantire, attraverso una terapia d'urto, la rinascita dei ghetti, e che si è perduta in tal modo una storica occasione. Da Nixon, conservatore, non c'è da attendersi troppo. « In America — afferma un giudice di Detroit — nessuno è povero perché è bianco, molti invece sono poveri perché sono negri». La sinistra torna a porre in forse la stessa efficienza del sistema. « L'America — si dice — è il paese che spende settantacinque miliardi di dollari all'anno per la difesa e soltanto sette per l'assistenza sociale. Piò di tre miliardi di dollari vengono sperperati ogni anno in cosmetici, appena quattrocento nella rieducazione degli adulti disoccupati » * ♦ L'anno scorso vennero assassinati Luther King e Robert Kennedy. In poche settimane sembrarono crollare le residue speranze di una pacifica integrazione: erano stati uccisi il negro che più credeva nella non violenza, il bianco che più si era battuto per la parità dei diritti civili. Si accingeva ad assumere il potere il leader dei repubblicani, nei quali la popolazione di colore non ha mai riposto fiducia. La catastrofe sembrò imminente. Invece sono già passati due anni dai tragici fatti di Newark e la tregua fra bianchi e negri continua. Per spiegarla possiamo soltanto avanzare' qualche ipotesi. Sono scomparsi i grandi leaders nazionali della popolazione di colore: né Luther King né Malcolm X hanno avuto degni successori. Lo stesso Carmichael, oggi esule in Africa, è stato una meteora. Altri sono i capi che interpretano i tradizionali e discordanti bisogni della loro gente: ora il desiderio di una piena integrazione, ora il disperato impulso a saccheggiare e a bruciare. Ma sono capi sconosciuti oltre i confini del loro ghetto. Senza una vera guida i negri restano in letargo. Eppoi, qualcosa si muove. Negli ultimi cinque anni la po¬ polazione di colore ha certamente progredito più che nell'ultimo nezzo secolo. Il 28 per cento delie famiglie negre hanno raddoppiato i redditi c ormai guadagnano più di settemila dollari all'anno. Ogni anno centocinquantamila famiglie superano la linea della povertà, che negli Stati Uniti è piuttosto alta: un reddito di tremila, dollari all'anno per ogni nucleo di quattro persone. Fra i negri americani sta nascendo una classe media e loro per primi se ne rendono conto. Un sondaggio Gallup, effettuato due mesi fa per conto di Newstvee\, rivela dati interessanti. Il settanta per cento della popolazione di colore ammette di aver «molto progredito » negli ultimi dieci anni. Il 63 per cento ritiene ancora che il progresso si può raggiungere soltanto attraverso la non violenza. Nel 1966 il sedici per cento dei negri interrogati aveva confessato di essere pronto al saccheggio e agli incendi; soltanto .l'undici per cento è stato questa volta dello stesso avviso. Può darsi che la tregua continui, però altre cifre consigliano una certa cautela. Proprio nelle città più importanti, e proprio fra i giovani, l'inquietudine è più diffusa. A Chicago e a New York è stato condotto un sondaggio fra i negri che hanno meno di trent'anni. Ebbene, quarantasette contro trenta hanno giustificato la violenza. (Gli altri si sono rifiutati di rispondere). Uno su sei è pronto a impugnare le armi. Harry Edwards è un allenatore di atletica che cercò di organizzare il boicottaggio delle Olimpiadi e che più tardi riuscì a convincere alcuni campioni negri a protestare durante la premiazione. Edwards lancia profezie apocalittiche: « La generazione che sta crescendo è. molto, molto arrabbiata. Rap Brown, Carmichael e io stesso appariremo, in confronto a loro, degli zio Tom ». Nel maggio scorso cento studenti negri, armati di diciassette carabine e d'una trentina di pistole e bombe a mano, occuparono l'Università di Cornell. I professori trattarono un compromesso « per impedire una crescente e incombente minaccia alle vite umane ». « Quando scorsi le pistole — disse il rettore dell'Università — il cuore mi discese fino ai talloni ». Per ora l'episodio di Cornell è rimasto isolato, tuttavia resta indicativo. La tregua razziale è precaria. Fin da domani bianchi e negri possono di nuovo cedere a odi antichi, a istinti profondi. * Gianfranco Piazzesì