Ora sono gli speculatori a scalare le Dolomiti di Gigi Ghirotti

Ora sono gli speculatori a scalare le Dolomiti DIFENDERE TRENTINO E ALTO ADIGE ANCHE PER RAGIONI ECONOMICHE Ora sono gli speculatori a scalare le Dolomiti (Dal nostro, inviato speciale) Bolzano, 21 agosto. Lo scrittore e alpinista Giuseppe Mazzotti celebrerà il 31 agosto, ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo, il centenario della prima ascensione su quelle erode, impresa che fu compiuta dal farmacista austriaco Paul Grohmann e dallo guide alpine Hans Innerkofer e Peter Salker. Qualche' settimana fa, nel commemorare uno di questi grandi pionieri, Luis Strenker, personaggio famoso delle erode e della cinematografia degli anni 30-40, esclamò con amarezza: « Una volta erano gli uomini che avevano paura delle montagne. Adesso sono le montagne che hanno paura degli uomini ». Giuseppe Mazzotti molto probabilmente riprenderà il filo di queste malinconiche constatazioni. Sono anni che egli guida il grande allarme per le innumerevoli aggressioni da cui è colpito giorno per giorno, il patrimonio naturale ed artistico delle Tre Venezie. La mitica chiostra delle Dolomiti non sfugge di sicuro alla zanna funesta della speculazione. Le Tre Cime di Lavaredo, inviolate fino ad un secolo fa, sono oggi raggiungibili alla base (2320 metri di quota) anche dai più poltroni tra gli automobilisti e dalle più ignave tra le comitive: ciò, in virtù di una comoda autostrada, tecnicamente perfetta, forse anche la più cara del mondo: 12 chilometri di asfalto, 1500 lire di pedaggio ogni macchina, più 400 lire per ogni persona trasportata, oltre i tre. Il privato costruttore che ha ridotto in cattività 11 ba- samento delle Tre Cime di Lavaredo avrebbe voluto fare anche di più: nel suo disegno, la mercificazione autostradale avrebbe dovuto circonvenire l'intero basamento del massiccio: si progettava infatti un anello d'asfalto che dal rifugio Auronzo avrebbe dovuto far passare le automobili fino al rifugio Loca¬ telli, per scendere poi in Val Fiscalina, nella zona di Sesto. Ma questo tragitto tocca la provincia di Bolzano che, in tema di difesa del paesaggio, è d'un oltranzismo addirittura feroce. I bolzanini hanno respinto con sdegno lusinghe e pressioni d'ogni genere. «Giù le mani dalle vette », hanno risposto, e non soltanto all'imprenditore stradale in questione, ma anche ad un progetto di cabinovia, che avrebbe voluto pigliare addirittura al laccio la Cima Grande di Lavaredo (2999 metri). E con uguale fervore i bolzanini hanno sbarrato il passo ad un altro e più impónente progetto, quello dell'autostrada di Alemagna. L'anno scorso fu Cortina d'Ampezzo a ribellarsi al progettato attraversamento da parte di questa nuova arteria, che dovrebbe collegare Venezia a Monaco di Baviera. Invocando elementari ragioni di tutela del proprio scenario • iturale, Cortina la spuntò e i autostrada fu costretta a scegliersi un altro percorse. Venne scelto l'itinerario che tocca la verde valle del Comelico, amata e cantata dal Carducci; e qui avrebbe avuto via libera. Ma prima di sbucare in Austria, l'autostrada avrebbe dovuto snodarsi anche in un altro venerato sacrario delle Dolomiti: Cima X, Cima XI, Cima XII, Monte Paterno, Cima Barane!. Ma questa fuga di pinnacoli si eleva nel territorio della provincia di Bolzano, la quale, come si è detto, ha fieramente negato il diritto di transito. « L'autostrada progettata verrebbe a ridurre sempre di più lo spazio per un vero riposo nel nostro continente», ha scritto in una sua perizia l'architetto germanico K. Buchwald, chiamato a consulto dalla Giunta provinciale di Bolzano. Nella sua relazione l'architetto aggiunge: « L'opera è priva di senso dal punto di vista tecnico, turìstico ed economico ». Secondo l'interpretazione dell'architetto Buchwald, l'autostrada progettata cambierebbe la struttura turistica della zona, riducendo le « presenze » dei forestieri e facendo fallire gli sforzi di quanti si dedicano alle imprese alberghiere e alla costruzione di infrastrutture alpinistiche quali sciovie, cabinovie, piste, skilift, ecc. Purtroppo, se l'Alto Adige in qualche modo si difende, il Trentino va invece rapidamente scivolando, di strappo in strappo, verso soluzioni che minacciano di straziare l'incanto delle"sue valli. A Merano il coraggio di dire di no a un grattacielo di 120 metri d'altezza si è trovato. A Trento ed a Belluno non si è stati capaci di difendere la vetta della Mafmolada, che oggi è raggiui.cibile in comoda fu-, ni via. A Bolzano, un-assessore della varietà più « dura » della Volkspartei, il dottor Benedikter, è forse l'unica autorità nel territorio della Repubblica italiana che sia stata capace di fare abbattere case e palazzi, che già erano costruiti, ma in spregio ai piani regolatori. Questa intransigenza avrà anche un sottofondo politico, più che estetico. Tuttavia, il pericolo di ridurre le Dolomiti a prodotto di consumo, squallida e volgare imitazione delle varie Disneyland americane, è avvertito e fronteggiato dagli altoatesini con molto maggior vigore che nelle valli italiane. Nel famoso « pacchetto » delle autonomie rivendicate dalla provincia di Bolzano, uno dei punti fermi è proprio il potere di assicurare al paesaggio una difesa integrale ed inappellabile. Non è poi detto che l'Alto Adige abbia rinunciato a costruire, per l'immediato e per il futuro. La Val Gardena si attrezza ad accogliere nel prossimo febbraio i Campionati mondiali di sci alpinistico. Selva di Gardena, Santa Cristina e Ortisei sono in grande fervore di preparativi: nuovi alberghi, nuovi palazzi, nuovi impianti sportivi; tutto cresce, però, in un quadro di rigorosa disciplina urbanistica, avendo cura del bene generale più che del particolare e privato. Gigi Ghirotti Belluno. Il rifugio Pomedes, nel gruppo delle Tofane (Foto Chedina)