Non è buona politica volere tutti contenti

Non è buona politica volere tutti contenti COME SI RAGIONA IN ITALIA Non è buona politica volere tutti contenti Sento molto spesso dai giovani pronunciare la parola «dolciastro» con netto tono spregiativo; dolciastri i romanzi a lieto fine, i film americani con la vittoria del buono sul cattivo o la conversione di questi, dolciastro ogni accenno ad emozioni, a sacrifici. L'antitesi del dolciastro dovrebbe essere il duro, il virile. Ma chi non faccia coincidere il virile con l'immagine cinematografica del « bullo », si accorge che in realtà viviamo sommersi nel dolciastro come non mai. Fieni i giornali di proteste dei bocciati. Il ragazzo virile era in ogni tempo quello che sopportava tacendo i torti che avesse ricevuto, che s'inquietava se la mamma ne parlava, e, pur non convinto, la rimbeccava «niente torti, ho avuto quel che meritavo». Il generoso pensava più ai torti recati agli altri che a sé; 11 maturo si rendeva conto della difficoltà di trovare la misura del giusto, dell'alterazione che porta al giudizio l'amore di sé; sapeva che è bambinesco pensare ad una realizzazione ovunque di perfetta giustizia; si rendeva conto che occorre accettare le piccole ingiustizie e serbare tutte le forze per combattere le grandi, quelle veramente insopportabili. Ma dolciastro è pure il tono di quanti trattano grandi problemi, facendo sempre balenare la possibilità di tutto aggiustare con soluzioni blande, senza sanzioni, senza far soffrire nessuno, senza togliere niente a chi ha. , ' Nel campo scolastico comprenderei un ministro che volesse tentare vie nuove: niente più esami, l'istruzione come l'innaffiamento di un prato, non ci si cura del beneficio che possa riceverne ogni singola pianticella," niente diplomi né titoli, torniamo all'antico, chiunque possa esercitare ogni professione, il merito deciderà. E conseguentemente dicesse: «Tolti di mezzo i giudizi, e così le parole indulgenza e severità, siano gli studenti a valutare i loro maestri; i professori saranno nominati per tre anni ed alla fine di ogni triennio gli allievi li confermeranno o li licenzieranno ». Una rottura con un passato secolare, cht certo non suffragherei; ma appartengo ad una generazione che tanto ha errato — e quanti scorgemmo subito gli errori, non sapemmo impedirli — che deve accettare ogni strappo. Non comprendo invece un ministro che mostra così visibilmente di non volere bocciati, di voler tutti contenti; e che sembra credere il problema dell'Università si risolva nominando professori gli assistenti, e con un ordinamento che salti a pie' pari sul dato che in molte facoltà solo una tenue, minoranza frequenta. La intonazione dolciastra, cioè che scarta le verità amare, è però dovunque, a destra ed a sinistra, a tutti i livelli. Il ribellismo appare assetato di giustizia; e penso che molti contestatori siano veramente indignati di troppi tristissimi aspetti della nostra vita collettiva. Sono con loro quando chiedono pane, casa, cure, un po' di sicurezza per tutti (ma per ottenere questo non occorre radere al suolo e cominciare col creare condizioni di vita tragiche per un intero popolo). Quando invece li sento, in un linguaggio che mi sembra sempre vago, reclamare per tutti istruzione superiore, letture e spettacoli difficili, mi chiedo: per quanti sarebbe tirannide voler loro imporre queste vie, costringere a Brecht chi si compiace delle canzonette? Poteva esserci una buona dose di quietismo, la volontà di mettere in pace la coscienza dei Beati possidentes nella vecchia visione cattolica del rapporto con il povero; ma i grandi santi avevano anche la preoccupazione realistica dei molti che per mancanza di salute, di quella forma di salute mentale ch'è la volontà, la tenacia, la resistenza al lavoro, per difetto d'intelligenza, non possono rendere, è tuttavia sono fratelli che soffrono, di cui ci si deve preoccupare. Così direi dolciastra ogni politica di edilizia popolare la quale accantoni il dato che ci saranno sempre famiglie non in grado di pagare un affitto anche tenue, e che tuttavia avranno pure diritto ad un'abitazione decente; dolciastra ogni politica che non voglia guardare a bilanci e previsioni di spese, che salti a pie' pari i problemi tecnici col dire «una soluzione la si troverà ». E la stessa qualifica darei a tutte le proposte che vogliono, per non scontentare nessuno, conciliare l'inconciliabile. Quando leggo le opinioni di molti degli egregi uomini che dovrebbero provvedere alle sorti di Venezia (conciliare la Venezia, gemma unica ai mondo, mirabile collaborazione di Dio e degli uomini, con il grande centro industriale), sento la nostalgia di un Marinetti, che avrebbe gridato, accompagnandosi con le consuete onomatopee: « Giù S. Marco, giù il Palazzo Ducale, via il Canal Grande, viva le raffinerie, il petrolio, ì colossi del mare ». Così come stringerei le mani al ministro che avesse il coraggio di dire: «Il governo ha stabilito di lasciar cadere il campanile di Pisa, non ritenendo di dovere spendere la somma occorrente per salvarlo ». Od al ministro del Tesoro che lealmente avvertisse i piccoli risparmiatori: «Comprate pure titoli di Stato, ma badate: non contate sul 5%, occorre che, almeno metà del reddito lo reimpieghiate ogni anno se volete ancora .trovare il vostro .piccolo peculio con lo stesso potere di acquisto. E' il solo modo per compensare la svalutazione ». Nelle grandi e nelle piccole cose, sempre la tinta di rosa per mascherare quanto è Sgradevole. Mi capitò tempo fa di fermarmi dinanzi alla televisione mentre c'era una tavola rotonda sulla educazione della strada: prima il solito portavoce di quanti amano lanciare la macchina, a dimostrare che a nulla gioverebbe mettere limiti alla velocità; e poi discorsi che avrebbero potuto essere rivolti alla popolazione di un'isola in cui per la prima volta fossero sbarcate automobili. Educazione della strada? Ma i pedoni sanno da decenni i pericoli che loro incombono, ed è minimo il margine di distratti, di semiciechi, di sordi. Quanto agli automobilisti, la più gran parte non ha perduto l'istinto di conservazione; c'è tuttavia una fascia rispetto a cui non si può parlare di educazione della strada, ma talora di forme di psicosi, del resto già studiate, e talora dei nostri difetti di popolo. Ritorna ancora l'immagine convenzionale del virile, che non deve subire torti, non deve lasciarsi sopraffare (l'episodio manzoniano del non cedere il passo, da cui scappa il morto e prende inizio la vocazione di Fra Cristoforo, si ripete quotidianamente su tutte le strade), non deve essere ligio alla legge. Educazione della strada? Ma no, diciamo invece: distruggere l'immagine tradizionale del «virile»; dire ch'era falsa anche in passato, perché anche allora le virtù costruttive erano la pazienza, la tenacia, la capacità di sopportazione, ma che soprattutto in una società di massa, in cui si vive a gomito a gomito, sono queste le vere virtù sociali. Ed accanto alla persuasione, le sanzioni: non crediamo di essere più saggi di Dio, che punì Adamo ed Eva. Cari giovani (e meno giovani), ridete pure del Cuore, ma De Amicis aveva almeno un cattivo, che finiva al riformatorio (quel Franti, esaltato poi dagli anticonformisti); voi accettate di vivere immersi in una melassa molto più dolce di ogni pagina di De Amicis. A. C. J e molo

Persone citate: Brecht, De Amicis, Marinetti

Luoghi citati: Italia, Venezia