L'Apollo 11 nelle Langhe di Giovanni Arpino

L'Apollo 11 nelle Langhe L'Apollo 11 nelle Langhe Un contadino, fino a dieci anni fa almeno,- se aveva raggiunto un minimo di agiatezza scendeva in città e obbligava il dentista a ricoprirgli d'oro un incisivo sanissimo: perché quel luccichio costituiva perpetua testimonianza di benessere, quasi di rango. Oppure, se poverissimo ma orgoglioso e astuto, gonfiava la saccoccia interna della giacchetta con carta di giornale, per simulare un portafogli ben nutrito, e così girava i mercati ottenendo magari una bestia a credito. Oggi, anche il più selvatico contadino delle Langhe è riuscito a liberarsi da un simile intrigo di abitudini, superstizioni, atteggiamenti. Arriva piuttosto in piazza con l'auto per vendere pollame e frutta, acquista elettrodomestici per la moglie, le informazioni del mondo lo raggiungono rendendo meno sclerotica e buia la sua vita quotidiana. Non ha mutato faccia, ma ha corretto certi pensamenti e ruminii interiori; è molto diverso dai padri che figurano nelle storie di Pavese e Fenoglio. Anche la sua « malora », quando c'è, ha origini e sfoghi meno dannati. Non teme più le città lontane, succhiatrici di sangue, ha capito i motori e l'obbligo scolastico dei figli, e quel po' di politica che lo lambisce lo rende talvolta più cinico, però lo aiuta in conoscenza. Diceva già Paul Valéry che un medio europeo tra le due guerre possedeva1 più strumenti di conoscenza, più mezzi collettivi del più ricco re dei tempi andati, Luigi XIV. Il contadino langarolo sa benissimo che il suo particolare mondo cambia in meglio, già è cambiato, la fatica si è ridotta, la vita non è più rattrappita entro il brevissimo spazio della cascina; e un avvenire esiste, non solo, ma è suscettibile di personali modifiche, scelte, abbandoni e ritorni. Il ragionamento più semplice e pulirò l'ho sentito fare a proposito _della Luna. Nessuna remora, nessun flebile o melenso rancore, neppure una parola su «cosa avrebbero potuto fare con tutti quei soldi ». L'avventura della Luna è stata vista e vissuta come una grande impresa umana, dettata dal destino, ineluttabile come l'arcobaleno o la pioggia. Si va nel cielo come una volta si andava « per lu mundu ». E ci si compiace, si ride contenuti e soddisfatti per questo segnale di vita, di progresso. Chi dice «ma» è subito messo a tacere. « E poi gli scienziati cercheranno lassa i microbi del can± ero », mi è stato detto, esemplificando e con traendo al massimo, con ingenuità ma non senza una goccia di pensiero, le ipotesi sulle origini della vita così diffusamente elaborate da grandi firme sui giornali. E ancora: «Sarà americana, ma non è dei ricchi », aggiungono. Chi ha sempre giudicato il contadino langarolo ter ribilmente legato alla roba, al possesso, stupisce. Non aveva certo previsto la capacità di ragionamento fantasioso, addi rittura di fuga col pensiero, che gli è possibile appena un avvenimento, un varco nella realtà quotidiana si apre e dà il via. La Langa è aspra e solenne; qualcuno la paragonò a una sorta di Texas, non tanto per somiglianze di suolo, alberi, groppi, fiumi, ma per il carattere della gente, che si educa durissimo in solitudine. Di qui partivano uomini per ogni frontiera del mondo, ma novali ma anche terribili giocatori di carte e biliardo, alle vatori di bestiame ma anche carrettieri che lasciavano la casa con una bestia e una botte. Riproducevano il vino per strada, tra un paese e l'altro, con misture tutte loro (certi industriali d'oggi hanno solo copiato' un vecchio metodo, con i loro vinelli che si formano nelle autobotti su e giù per l'Italia...), toccavano Torino e tornavano indietro. E oggi, la Luna: anch'essa un viaggio, una fuga in avanti a cercare. Alla sera, guardandola, qualcuno comincia a riecheggiare le gesta degli astronauti, subito la discussione è intensa, neppure le donne stanno zitte. E dieci, venti dstmsvmrvsrzlecbsvatorpmdsLsnddtt domande rimangono poi sospese. Piacciono le facce dei tre americani, che evidentemente non hanno niente del signorino figlio di papà d'una volta, ma rivelano tratti di uomini che hanno saputo studiare, sgobbare. Parlando, discutendo, danosi magari sulla voce, non viene mai fuori una qualche soggezione infantile, lo stupore del povero che si sa debole impotente. Anzi, la coscienza di quanto è accaduto con l'Apollo e da cui nessuno è escluso mette allegria, si fa concreta compagna. « Fosse anche inutile, sarebbe bello lo stesso », è quasi sempre il commento conclusivo. E anche: « Io non so se ci andrei, ma basta che ci sia stato qualcuno ». E un . vecchio ottantenne: « Mi sarebbero girate le tasche se fossi morto prima di questa novità ». Così la Luna, antico strumento e segnale da sempre della gente contadina, ha mosso discorsi su e giù per la Langa. Senza mai sollevare sospetti di diavoleria, tùttalpiù facendo riflettere su quella goccia di follìa umana che è necessaria per inventare e quindi vivere. Questo è un angolo di mondo dove la follìa è molto apprezzata, se produce e non rimane soltanto una forma bizzarra di comportamento. Per il contadino langarolo, infatti, è « artista » sia il domatore da circo sia il vagabondo onesto e non ladruncolo, sia il medico o il geometra capaci di trovare una illuminata soluzione al tale o talaltro problema. Ora, anche i conquistatori della Luna, per lui, sono artisti. Giovanni Arpino

Persone citate: Fenoglio, Luigi Xiv, Paul Valéry, Pavese

Luoghi citati: Italia, Texas, Torino