Con le belve sulla strada di Francesco Rosso

Con le belve sulla strada Uganda, immenso zoo Con le belve sulla strada Kampala, 1 agosto. Un viaggio all'interno del-, l'Uganda riserva ancora sorprese ed emozioni violente, lo splendore equatoriale di certe zone, che sembrano rimaste intatte nei millenni, provoca la sensazione, indubbiamente ingannevole, di essere i primi uomini a posare il piede su quel suolo inesplorato. Ma per quanto ingannevole, quel brivido procura il piacere dell'avventura inconsueta, specie se vi imbattete in un branco di elefanti che pascolano quieti nella boscaglia ed occupano con regale indifferenza la pista su cui dovete forzatamente transitare. Chi oserebbe dare una voce ai pachidermi, come si fa con le mandre di mucche sulle nostre strade? Nessuno lo fa, per quanto coraggioso, o incosciente; si aspetta che gli elefanti trovino erba più' saporita mezzo chilometro a destra, od a sinistra, e si prosegue. Mi è accaduto di rimanere circa un'ora nel mezzo di una pista ad attendere che sua maestà l'elefante decidesse di andare a pascolare un poco più in là. L'elefante è un animale maestoso, per nulla goffo, specie se reca sul groppone un fraterno stuolo di' piccoli aironi bianchi che gli becchettano fra le rughe profonde e dure della pelle a ripulirlo dei parassiti che lo infastidiscono. E dove non possono giungere gli amichetti aironi, suppliscono gli alberi, contro cui gli elefanti si strusciano con tale forza che dopo aver fatto da grattugia ai pachidermi, la povera pianta muore. Le boscaglie in cui transitano gli elefanti hanno quasi sempre l'aspetto di foreste pietrificate, gli scheletri degli alberi drizzano i rami contorti e scortecciati come braccia dolenti, ed anche questo è uno spettacolo che merita di essere veduto. Tra i molti paesi africani a cavallo dell'Equatore, l'Uganda', che in superficie -è uno dei più esigui, è forse il più dovizioso di animali, e tutto in dimensioni gigantesche. I dorsi dei suoi elefanti emergono dalle alte erbe della savana come nere cupole di palazzi mobili; le mandre di ippopotami che, scesa la sera, emergono da fiumi, laghi ed acquitrini, fan tremare il suolo sotto il peso dei loro ventri obesi e bramosi di nuovi pascoli. Dove passano loro lasciano la terra bruciata; e non si accontentano delle erbe selvatiche: gli piacciono gli .òrti coltivati attorno ai villaggi di capanne, i campi di granturco, i bananeti novizi. Chiusi entro le loro fragili capanne di fango e paglia, i negri ascoltano lo scempio degli ippopotami, ma nessuno osa alzarsi dal giaciglio per tentar di cacciare gli invasori; li ridurrebbero a poltiglia con una danza selvaggia che tutto travolgerebbe. Ho viaggiato un po' attraverso tutta l'Uganda, tranne oltre il Ruwenzori (c'è persino un « Albergo Margherita », credo in memoria del duca degli Abruzzi e della sua ascensione sui misteriosi « Monti della Luna») per evitare la malaria che esala come nebbia pestifera con le nubi di zanzare che flagellano le paludi formate dai Laghi Giorgio ed Edoardo; mi pareva di viaggiare attraverso una riserva senza confini, un gran parco nazionale che comprende l'intera Uganda. I cinghiali scattavano rapidi e goffi dinanzi all'automobile; le gazzelle superavano con un sol balzo la strada come un gioco di cavallette; le giraffe nemmeno si voltavano al nostro passaggio; oscene, le scimmie ci irridevano volteggiando siigli alberi; Era un viaggio attraverso uno zoo interminabile, in cui non mancava nessun esemplare, e poteva essere considerato un paradiso per gli ornitologi, tante sono le varietà di uccelli che affollano savana, foresta, laghi e fiumi. Ma chi proverebbe emozioni da cardiopalmo credo sarebbero i pescatori; sul Nilo Vittoria, dove il gran fiume scorre infrenabile fra neri isolotti di basalto, l'ente del turismo dell'Uganda ha fatto porre dei cartelli ammonitori sulle sponde: «/ signori pescatori sono pregati di rigettare nel fiume i pesci inferiori alle venticinque libbre». E venticinque libbre sono più di dodici chili, ma queste dimensioni sembrano trascurabili per il perch, e bisogna ributtarlo nel Nilo perché un pescatore che si accontentasse di un simile pesciolino sarebbe deriso; vi si pescano esemplari . di perch, un pesce vorace, simile al nostro luccio, che superano anche i duecento chili; ne ho veduto uno, pescato alla lenza dal direttore dell'incantevole alberghino affacciato sulle prime cateratte del Nilo, che pesava centottanta chili, un pesce mostruoso, e tre negri impegnarono tutte le loro forze per appenderlo all'uncino della bilancia. Ippopotami e coccodrilli, tanti da esserne quasi subito sazi, popolano qualsiasi pozza d'acqua che somigli vagamente ad un lago, o ad un fiume. Nel Nilo Alberto, ultimo tratto del gran fiume prima di diventare il Nilo Bianco, i coccodrilli sono numerosi come le rane in uno stagno. Ripugnanti e infidi, nuotano nel fiume, o stanno inerti su brevi sponde sabbiose, a fauci spalancate, con dentro alcuni uccelletti che gli fan la pulizia dei denti stritolatori. Talvolta, anche percorrendo le strade di grande traffico, si vedono gli ippopotami emergere dagli acquitrini ricoperti da foreste di papiri e ruzzare come cuccioli. Più sdegnoso, il leone si rintana, e non è facile scoprirlo; i rangers, cioè le guide, per scovarlo seguono l'itinerario contrario delle spaventate mandre di zebre in fuga; certamente il leone ha assalito il branco, e c'è soltanto da cercare per trovarlo intento al pasto. Chi ha fatto tutto, l'agguato e l'assalto, è stata la leonessa; il re della foresta, come un marito musulmano, si fa pagar care le sue prestazioni. Il leopardo l'ho veduto soltanto morto: i negri che mi accompagnavano nell'escursione dicevano che non erano giornate propizie; pioveva troppo. La gran bestia dalla preziosa pelliccia maculata era stata presa al laccio, in una zona appena oltre i confini tra Uganda e Sudan meridionale. I negri hanno una loro tattica per cacciare il leopardo senza rovinare la preziosa pelliccia. Scavano una vasta fossa nel terreno e al fondo vi legano un capretto; stendono una tagliola fatta con liane e ricoprono la trappola con erba. Se ha fame, il leopardo si avventura e si infila nel nodo scorsoio della liana, che però non riuscirebbe a soffocarlo. Qui intervengono i cacciatori che, scesi nella fossa, attenti alle zampate della belva ancora vigorosa, si mettono in cinque o sei a stringergli le mani attorno alla gola finché riescono a strozzarlo. La pelliccia ha più valore perché intatta, senza un buchetto. Comperarla sul luogo costa poco, meno di novantamila lire. Ma ci sono poi i fastidi della dogana e degli uffici di sanità. Rientrando a Kampala, poco dopo la deliziosa Masindi, si prova l'ultima emozione; la strada è interrotta da una sbarra abbassata, a strisce rosse e bianche; due gentili poliziotti si accostano alla vettura reggendo ciascuno una reticella simile a quelle usate dai cacciatori di farfalle, ed incominciano una curiosa caccia all'interno dell'automobile. Cercano la mosca tze tze, la mosca del sonno, che ancora affligge alcune zone dell'Uganda. Se per disgrazia una mosca finisce nella reticella dei poliziotti cacciatori, addio piacere dell'escursione: si finisce in quarantena Francesco Rosso

Persone citate: Albergo Margherita, Laghi Giorgio, Nilo Alberto, Nilo Vittoria

Luoghi citati: Sudan