Dumas, cronista di Garibaldi

Dumas, cronista di Garibaldi CON I MILLE ALLA CONQUISTA DELLE DUE SICILIE Dumas, cronista di Garibaldi A puntate mensili la ristampa dei «Borboni di Napoli» - «La fine di un regno» di Raffaele De Cesare (anch'esso ristampato in questi giorni) è l'ideale continuazione dell'opera dello scrittore francese Alessandro Dumas (padre) torna di moda in veste di memorialista. Mentre in Francia le interminabili Memorie, riedite, annotate, commentate, con pazienza da certosino; da Pietra Jnsserand, e giunte, con il quinto volume (Gallimard, 1968), al 1832, spingono nuovamente i critici ad ammirare la gioia di vivere, « il gusto dell'avvenire negli avvenimenti del presente», che sono propri di Dumas, anche in Italia vantiamo ora una curiosità dumasiana: la ristampa del Borboni di Napoli. Quest'edizione, tutt'altro che critica (riproduce infatti esattamente il testo del 1862, con la pittoresca, ma quanto mai «incerta lingua italiana» dell'autore) ha un merito: uscendo a puntate mensili ricrea in qualche misura l'interesse che accompagnò la sua comparsa in «feuilleton» neU'Indipendente, il giornale fondato a Napoli da Dumas VII ottobre 1860. . A Napoli Dumas era entrato insieme con Garibaldi, dopo averlo seguito fin da Palermo e convinto, in cuor suo (come dice il Croce) che senza di lui l'impresa dei Mille non sarebbe mai arrivata in porto. Nello scrivere la storia dei Borboni soddisfece poi un duplice scopo: saldare un vecchio conto con coloro che riteneva responsabili dell'avvelenamento di suo padre, il generale napoleonico Dumas, nel 1799, e partecipare all'abbattimento di un governo assolutistico. L'opera arrivò soltanto al 1815 e a Gioacchino Murat, perché, dopo dieci volumi, e un undicesimo, molto più serio, probabilmente tutto di mano di Petruccelli della Gattina, destinato a servire da introduzione alla parte seguente, si arrestò. Sfavillante, viva, dotata « dell'arguzia e talvolta dell'acume dell'autore», pur legata alla curiosa idea dumasiana di « elevare la storia all'altezza del romanzo », è inaspettatamente ricca. La fine dei Borboni di Napoli, non raccontata da Dumas, fr narrata in un libro famoso e quasi introvabile, ora ristampato, dallo storico pugliese, poi deputato e se ruttore, Raffaele de Cesare: La fine di un regno. Scritta nel 1895, passata attraverso varie edizioni, l'opera abbraccia circa undici anni: dal ripristino della luogotenenza in Sicilia nel 1849 fino all'entrata di Vittorio Emanuele a Napoli; si chiude con la partenza di Garibaldi che andò a Caprera, il 9 novembre 1860, «rifiutando assegni e onori, con l'animo disposto a benevolenza per Vittorio Emanuele; ma per lui soltanto ». Nelle mille e più pagina è un affollarsi di aristocratici e popolo, deputati, militari, briganti, reali: tutto un mondo di popolazioni troppo furbe o troppo ingenue e addormentate, che rivive in un abile seguito di aneddo- ti documenti e notizie. Il 7 settembre 1860, lo stesso giorno in cui Napoli delirante accoglie Garibaldi (e Dumas), Francesco II è ricevuto a Gaeta da padre Borrelli che gli dice: « Se Vostra Maestà non è stato un gran re in terra, sarà un gran santo in cielo », e la tela cala bruscamente su una dinastia durata centoventisei anni Angela Bianchini ALESSANDRO :,"uMAS: 1 Borboni di Kapo'i, Mario Minano Editore, Napjll. inaggio, giugno 1969, pag. 360, .'ive 600 al volume. RAFFAELE DE CESARE: La fine di un regno, Longanesi, pagine 1207, lire 6000. OGGI È CADUTA " ROMA ; * ms-u Amato Nella interessante collana su episodi della seconda Guerra mondiale un'ottima cronaca della liberazione di Roma, 4 giugno 1944