Pci, arabi e israeliani

Pci, arabi e israeliani ANALISI Pci, arabi e israeliani (Il senatore Terracini polemizza con l'Unità sul Medio Oriente) H senatore Umberto Terracini ha scritto una dura lettera all'Unità, rimproverando al giornale di non essere in linea con il pei sulla questione del Medio Oriente. L'accusa di « deviazionismo » appare tanto più grave in quanto sostenuta da robuste pezze d'appoggio. Qual è la posizione del partito sulla crisi medioorientale? In tutti i documenti ufficiali, ricorda Terracini, il pei ha sempre condannato l'aggressione israeliana del giugno '67, chiedendo il ritiro degli occupanti dalle terre arabe; ma non ha mai disconosciuto « il diritto di tutti gli Stati, e quindi anche d'Israele, all'esistenza entro confini sicuri e riconosciuti ». Berlinguer lo ha ripetuto alla conferenza intemazionale di Mosca: « Devono essere reintegrati i diritti dei popoli arabi, fermo restando il diritto all'esistenza d'Israele come Stato sovrano, vincolato ad un regime di pacifica convivenza e di sicurezza collettiva ». Il pei riconosce dunque le aspirazioni all'autonomia nazionale non soltanto dei popoli arabo-palestinesi, bensì anche del popolo israeliano. Ma l'Unità, osserva Terracini, non la pensa allo stesso modo. Sovente il giornale « nega con le più diverse motivazioni la legittimità sul piano del diritto internazionale di uno Stato ebraico e, sul piano storico-politico, i suoi titoli all'esistenza ». Qualche esempio? Il 30 novembre 1968, ricorda Terracini, l'Unità «esprimeva l'idea che proprio la natura , ebraica dello Stato di Israele gii precluderebbe la possibilità di una pacifica coesistenza tra i popoli arabi della zona». Il 6 febbraio 1969 il giornale- « non vedeva altra soluzione alla crisi del Medio Oriente all'infuori della creazione in una prospettiva immediata di uno Stato binazìonale ». Il 17 febbraio scorso Alberto Jacoviello scriveva nell'Unità che «gli israeliani sono in Palestina degli stranieri, degli occupanti, che egli paragona addirittura agli americani nel Vietnam ». Infine, il 24 giugno «il compagno Arminio Savioli abbraccia in pieno la tesi di Al Fatati della soppressione dello Stato ebraico, da sostituirsi con uno Stato palestinese nel cui nome dovrebbe scomparire ogni richiamo a Israele ». Da queste posizioni, « a parte gli errori di fondo », discende per Terracini che l'Unità è favorevole ad una soluzione di forza nel Medio Oriente: anzi, ad una guerra permanente fra i popoli di quella tormentata regione del mondo fino alla loro reciproca distruzione. E protesta. «No!... — dichiara con veemenza, a conclusione della lettera — Noi vogliamo e operiamo per una soluzione politica della crisi... per convincere i contendenti a difendere, sì, t propri inderogabili diritti, ma insieme quelli ugualmente inderogabili degli altri. E questa è senza dubbio la meditata impostazione data dal partito alla propria politica nei confronti del Medio Oriente ». La risposta di Gian Carlo Pajetta, direttore dell'Unità, è imbarazzata e reticente. Pajetta ammette che « Israele è una realtà », ma non è « altrettanto certo » degli argomenti che Terracini adduce a sostegno delle sue tesi. E se « non voglio proprio difendere ogni riga di quello che abbiamo scritto », tuttavia « di certe espressioni... noi diamo un'interpretazione diversa da quella che dai tu esasperandone, a mio parere, la logica». Nel fondo, le divergenze restano. Scrive Pajetta: « Se tu mi chiedessi uno schema, o quella che io immagino possa essere la soluzione, sarei il primo a dirti che non lo so... ». Il candore è forse eccessivo. Nella lettera di Terracini era implicita la domanda: il direttore dell'Unità ignora le risoluzioni del partito? Alfonso Di Nola