L'ottimismo americano

L'ottimismo americano L'ottimismo americano Nel '61, Washington si preparò a spendere 24 miliardi di dollari pianificando non su quanto si sapeva, ma su quanto in futuro si sarebbe saputo (Dal nostro inviato speciale) Houston, 18 luglio. Ora siamo quasi arrivati, e tutto sembra facile. Ma provate a intraprendere un viaggio senza avere un'idea sul mezzo che vi deve trasportare. Senza avere studiato la rotta e senza sapere che cosa vi attende all'arrivo. Eppure otto anni fa l'odierna avventura lunare era incominciata cosi. Robert Gilruth, che è il direttore del Centro spaziale di Houston, ricorda: «'Quando ascoltai alla radio il Presidente degli Stati Uniti annunciare che alcuni astronauti americani sarebbero discesi sulla Luna entro dieci anni, quasi non credevo alle mie orecchie. A quell'epoca avevamo soltanto idee molto vaghe sulla possibilità di un viaggio lunare, ma nessuno aveva latto uno studio in profondità su questo argomento. - Il presidente Kennedy aveva compiuto soltanto un tremendo atto di fede. E noi non eravamo aflatto sicuri di meritare tanta fiducia». A quell'epoca, il razzo « Saturno » non era stato nemmeno concepito. La Nasa aveva reclutato due squadre di tecnici missilistici. I centocinquanta specialisti della Marina avevano creato il Vanguard, che per molti mesi era regolarmente esploso sulle piste di lancio. I duecento tedeschi agli ordini di Von Braun, che fino ad allora avevano lavorato per l'Esercito, erano certamente uomini di maggiore esperienza, ma il missile da loro costruito era riuscito a tenere in aria una capsula spaziale soltanto per quindici minuti e a infrangere il muro della gravitazione terrestre solo per novanta secondi, . Nel 1961 gli astronomi americani potevano contare soltanto sui telescopi e perciò sapevano poco o niente della superficie lunare. Erano in grado di decifrarne la fisionomia, non di saggiarne la consistenza. Molti scienziati ritenevano ancora che la Luna fosse ricoperta da qualche metro di polvere sottilissima, provocata nei millenni dalla erosione delle rocce, in seguito alle forti escursioni di temperatura. E molti pensavano che qualunque oggetto terrestre sarebbe lentamente sprofondato in quella soffice coltre di polvere. Qualche parziale assicurazione sulla solidità del suolo lunare si ebbe soltanto nel 1963, con l'arrivo delle prime sonde: i Rangers e i Surveyors. Le idee sulla partenza e sull'arrivo dell'avventura del secolo apparivano piuttosto confuse: ma quelle sul viaggio lo erano ancora di più. Tutti volevano fermamente arrivare sulla Luna, ma ciascuno proponeva una strada diversa. I tecnici aeronautici, che non avevano eccessiva familiarità col cosmo, pretendevano di costruire una specie di jet spaziale, cioè un razzo dalle proporzioni mostruóse, grande pivi del doppio di quello che l'altro ieri era ancora sistemato sulla rampa di Cape Kennedy. Questa torre di Babele era necessaria per spedire sulla Luna un vero e proprio grattacielo: una capsula cilindrica alta più di trenta metri e pesante più di nove tonnellate. E questo grattacielo era a sua volta indispensabile se si voleva che i due astronauti a bordo disponessero dei motori e soprattutto del combustibile sufficienti per ritornare sulla Terra. Wernher von Braun aveva invece pensato a un appuntamento orbitale nei pressi del nostro pianeta. Gli uomini, il razzo e le « cisterne » di carburante sarebbero stati proiettati separatamente nel cielo, per poi ricongiungersi nella stessa orbita e riprendere insieme la marcia verso la Luna. La trovata di Von Braun serviva a eliminare quella torre di Babele che il poveruomo non si sentiva di costruire. Comunque, anche il più illustre esperto di missili riteneva che senza un'astronave lunga almeno trenta metri nessuno sarebbe potuto ritornare dalla Luna sulla Terra. Sui tavoli dei dirigenti delia Nasa circolavano i progetti più complicati e più fantasiosi, di cui nessuno è capace di ricordare le caratteristiche tecniche. Semmai si rammentano i loro nomi, che erano sempre immaginosi e stravaganti. Nessuno invece voleva sentir parlare del modulo che sulla Luna arriverà per davvero, e che oggi è stato solennemente battezzato l'«Aquila », ma che allora era chiamato, scherzosamente, il « ragno ». Tanto disinteresse dipendeva l'orse dal fatto che l'ideatore del «ragno», John Houbolt, era allora un tecnico di secondo piano, privo di amicizie e di influenze. O magari la sua idea, come tutte le grandi trovate, era troppo semplice per convincere inizialmente uomini abituati a risolvere problemi molto complicati con ragionamenti più difficili ancora. Houbolt si era infatti limitato ad accettare il principio dell'appuntamento nel cosmo, teorizzato da Von Braun, rimandandolo però a una fase successiva: invece che dentro un'orbita terrestre, l'appuntamento avrebbe dovuto aver luogo dentro un'orbita lunare. / maghi dello spazio John Houbolt è uno dei rari scienziati che sa esprimersi con chiarezza. « Che cos'è, in fondo un'astronave? E' soltanto una stanza dove aaitano i viaggiatori del cosmo. L'astronave. serve soprattutto per mangiare, dormire, respirare quando dobbiamo spostarci nel vuoto. Ma che bisogno c'è, per chi vuole scendere sulla Luna, di portarsi dietro l'intero salotto? Una stanza piccolissima è più che sufficiente. E allora la quantità di carburante necessario per l'intera operazione sarebbe stata drasticamente ridotta. Perciò l'astronave che doveva viaggiare verso la Luna poteva essere più piccola. E quindi il razzo da porre sulla pista di lancio di Cape Kennedy- poteva avere dimensioni molto più ridotte». Ma per due anni i maghi della missilistica litigarono sui razzi mentre geologi e astrologi non riuscivano a trovarsi d'accordo sulla densità della superficie lunare. Houbolt dovette aspettare tre mesi prima che qualche [personaggio influente si de¬ cidesse a lèggere il suo rapporto, altrettanto per convincere qualcuno che se si voleva raggiunger a la Luna entro dieci anni bisognava spedirvi qualcosa-che assomigliasse a una libellula, e non a un grattacielo. Ma fu necessario un anno e mezzo prima di persuadere Von Braun, che inizialmente non ne voleva sapere. E qualcuno non si convinse mai. Jerry Wiesner, il consigliere scientifico della Casa Bianca, era stato uno dei principali animatori del programma spaziale, ma ora rischiava di esserne il razzo frenante. lina crisi dì nervi La sua antipatia per il «ragno» e per il suo inventore veniva manifestata apertamente. Quando Wiesner vide per la prima volli prototipo del modulo lunare ebbe una crisi di nervi i che lasciò interdetti tanto Kennedy quanto il ministro inglese della Difesa, Thorneycroft, che insieme a lui visitavano un centro spaziale della Nasa. Il progetto « Apollo », il frutto più illustre del secolo della tecnologia, non ha avuto un padre. Kennedy, al momento di assumere il suo storico impegno dinanzi alla nazione americana, era soltanto un giocatore di poker che « apriva » al buio. Wiesner, il suo consigliere scientifico, iu l'ultimo, a capire. Von\ Braun ha dimostrato, col «Saturno V», di essere un magnifico costruttore di razzi, però aveva scelto una via troppo lunga e sulla Luna probabilmente non sarebbe arrivato mai. Houbolt ha avuto il decisivo merito di progettare il« ragno », però non avrebbe mai saputo come portarlo fin lassù. L'«Apollo» deve la sua nascita a tutti e a nessuno: è il frutto dell'ottimismo americano, cioè di un modo in apparenza spavaldo, ma invece assennato di concepire la vita. Gli Stati Uniti stanno vincendo la corsa spaziale, qualunque sia il successo dell'ultima missio; he lunare .dèi sovietici, sólo perché hannp avuto il coraggio di investire enormi risorse sul domani, di prcn grammare non su quanto sapevano, ma su ciò che in futuro avrebbero saputo. Ventiquattro miliardi di dollari sono stati, arrischiati in apparenza sul vuoto, in realtà sul terreno più redditizio: l'intelligenza dell'uomo. Gianfranco Pìazzesi

Luoghi citati: Houston, Stati Uniti, Washington