Il bidello, guardia del corpo di Trimarchi, ritratta: "Non conosco questi imputati,, di Giampaolo Pansa

Il bidello, guardia del corpo di Trimarchi, ritratta: "Non conosco questi imputati,, Continuano le sorprese al processo contro i maoisti Il bidello, guardia del corpo di Trimarchi, ritratta: "Non conosco questi imputati,, Il teste fu presente all'aggressione del professore in via Albricci - Ora dice: «E' stato il magistrato a mettere nella mia deposizione i nomi degli accusatori. Io non li ho fatti» - I due vigili urbani, che rimasero feriti per sottrarre il docente all'assalto dei contestatori, indicano in aula alcuni protagonisti del drammatico episodio (Dal nostro inviato speciale) Milano, 15 luglio. . Seconda tempesta sul mare, sempre più periglioso e |rto di scogli, del processo Trimarchi. Ieri uno studente ex-confederato aveva sostenuto la versione della « congiura» moderata per cacciare dall'università i capi della contestazione; oggi un anzi a- no bidello della facoltà di giurisprudenza è andato assai più in là. Ha affermato addirittura che fu un magistrato, il procuratore della Repubblica aggiunto, Isidoro Alberici, a inserire, arbitrariamente, nella sua deposizione i nomi di alcuni studenti, oggi in cai-cere. 0 imputati. « Io non yoleyo, quei nomi non ti èóhòscèvo — ha sostenuto il nostro bidello —, ma il giudice non ha voluto cancellarli e mi ha anche detto: lei stia zitto!» Un'affermazione gravissima. E, come ieri, il pubblico ministero, Scopelliti, è subito intervenuto riservandosi di incriminare il teste per falsa testimonianza o, più esattamente, « per calunnia ». Ma il bidello ha scosso la testa e non è arretrato di un millimetro. Questo nuovo Personaggio si chiama Gaetano Sangesi. Corpulento, capelli grigi, fra 1 50 e i 60 di età, notissimo agli studenti di legge, venne comandato a scortare Trimarchi all'uscita dall'Università nel tardo pomeriggio del 21 marzo, il pomeriggio dell'aggressione. E fu cosi che vide e sentì tutto o quasi tutto: gli sputi, gli insulti (« Trimarchetto porco e buffone »), i lanci di monetine, poi il tentativo di far ribaltare il tassì e il frenetico assalto alla « zebra » dei vigili urbani. ■ Interrogato durante l'istruttoria sommaria su questo episodio, il Sangesi narrò ogni cosa al magistrato, aggiungendo anche — così almeno risulta dal verbale letto stamane in aula — i nomi di alcuni studenti: Banfi, Ergas e la Maria Grazia Longoni, Conferma oggi tutto questo? : Sangesi — No, signor presidente, i fatti lì crrjrrmo ma i nomi no, i nomi non li dissi. E' stato il procuraiore che me li ha detti, che ha insistito per farmi fare i itomi. Io dicevo che non sapevo, ma lui continuava a scrivere. In quella confusione io non potevo individuarli gli studenti, non potevo neanche voltarmi per vedere chi c'era perchè in quel mo mento mi stavano sputando addosso! Io non conosco né Èrgas né Banfi. P.M. — Lei ha detto in istruttoria: « Se dovessi rivederli, riconoscerei quegli stu denti che seguivano Trimarchi ». Si avvicini al banco degli imputati e dica se riconosce qualcuno che partecipava al corteo e se questo qualcuno ha fatto qualcosa Sangesi (si avvicina al recinto degli accusati e li scruta ben bene) — No, non mi ricordo se qualcuno di questi ci fosse. Può darsi, ma non lo ricordo P. M. — Ma force lei ha indicato al procuratore le caratteristiche somatiche di qualcuno: che aveva i baffi, che aveva i capelli lu?ighi Sangesi (impaurito, ma irremovibile) — No, io non ho dato nessuna indicazione. E' stato il procuratore che diceva i nomi e che mi chiedeva se erano così. Per esemplo, quando lui ha scritto per conto mio: « Conosco Andrea Banfi, era in prima fila», io gli ho detto che non ne ero sicuro, ma lui non ha voluto cancellare. Presidente — Ma si rende conto della gravità di quel che dice? O è falso il verbale o è falso lei Sangesi.— Banfi, in quel momento, io non lo conoscevo, non era un mio studente. 10 ad un certo punto non ho capito più nulla, ma il giudice mi ha detto: «Lei stia zitto!». Mi ha messo in croce! Non so neanch'io come ho fatto a dire Banfi! Presidente — Lei ha dichiarato: « Vidi un altro che sputava sul prof. Trimarchi: era un giovane alto coi baffi alla cinese, che credo si chiamasse Ergas ». Che cosa mi dice adesso? Sangesi (quasi terrorizzato) — Quello che mi ha interrogato è statò lui a farmi i nomi! Io non ho detto neppure il nome della Longoni: me l'hanno suggerito!..... A questo punto interviene 11 Pubblico Ministero che rileva alcune contraddizioni del teste (il buon Sangesi, rinchiuso nella sua divisa da bidello, lo ascolta a bocca aperta), poi si riserva di incriminarlo. Insorge, per la difesa, l'avvocato Contestabile, che, con grande energia, chiede che non si metta in imbarazzo il testimone. Presidente — Ha sentito, Sangesi? Che cosa ci dice? Sangesi (terrorizzato ma fermissimo) — Il nome di Banfi non l'ho dato. Me l'hanno suggerito quando mi interrogavano. Io non ho dato nessun, elemento al procuratore dèlia... Repubblica Un vero • -dràmHlB per -it buon ' bidello ' che ha vistò prima il « suo » professore sputacchiato e vilipeso, poi « suoi » studenti finire in manette all'«università di San Vittore ». Il presidente lo toglie da quei carboni accesi congedandolo e dà la parola agli altri testi dell'aggressione di via Albricci: i due vigili urbani accorsi 'in aiuto di Trimarchi e i due agenti di polizia che, in borghese, scortavano il docente. Fu, quello, un episodio squallidor-di-tipo-squadrìstico (tanti contro uno), molto difficile da difendere « politicamente » anche dal punto di vista del Movimento studentesco. Un episodio dove la rabbia e il livore ebbero il sopravvento su tutto, e dove — come dice uno dèi testi, il prof. Giannino Parravicini — « gli studenti, e soprattutto le ragazze, sembravano essere animati da una forma di isterismo irragionevole ». Trimarchi ne fece le spese in abbondanza. Il vigile Giovanni Fassone lo vide « coperto di sputi in una maniera veramente schifosa e vergognosa. Tali sputi colavano dalla testa sulla faccia e sul collo ». E il secondo vigiW, Massimiliano Galvani: « Trimarchi era letteralmente coperto di sputi ed era pallido per la paura. Si mise in un angolo della nostra autoradio e non si mosse più. Era terrorizzato ». E il motivo c'era. Ecco come il vigile Fassone racconta ciò che avvenne attorno alla vettura. Fassone — C'erano studenti sul tetto e sul cofano. Ci gridavano: « Andate via, a voi non ve ne frega niente, sono cose nostre»: Molte mani ci afferravano da dietro le spalle, io mi sentii addirittura immobilizzato. Calci e pugni piovevano da tutte le partì, su di noi e sull'auto; e intanto altri studenti sgonfiavano le gomme e sballottavano la vettura per rovesciarla. Io sono rimasto anche ferito ad una mano (non so in che modo) ed al viso (da un pugno o da uno schiaffo). Poi gli studenti sentirono una sirena e fuggirono. In quanti compirono questa bella impresa? C'è chi dice che fossero un centinaio, chi una cinquantina. Ma i più attivi, i più scatenati non furono, sembra, più di dieci. I nomi? Il vigile Fassone ricorda soltanto «Jo» Fallisi («La sua fisionomia mi è rimasta impressa, lo riconoscerei come se fosse mio figlio»). Anche l'altro « ghisa » cita il Fallisi come « il più scatenato »: fu lui solo a sedersi sul cofano dell'autoradio, per non farla partire, non se lo è dimenticato, «aveva dei capelli così ». Ricorda anche Ergas e Spinelli, « ma costoro non si mossero ». Fallisi (alzandosi) — For- se non sono io, ce ne sono tanti che hanno i capelli lunghi come me... Galvani — Signor Fallisi, è più di due anni che seguo gli studenti per ragioni di polizia urbana e la conosco bene! Meno dure sul piano del racconto, ma decisive per i riconoscimenti, le deposizioni dei due agenti in borghese. La guardia Antonino Pailaeino ha « notato » Banfi, Fallisi (sul cofano dell'autoradio) e Trevisan (« Che si dava da fare attorno alla "zebra", ma non so dire cosa facesse»), mentre l'agente Demetrio Jelo ha visto ben otto degli imputati nel « corteo » che seguiva Trimarchi (Fallisi, Trevisan, Bollini, Banfi, Spinelli, Toscano, Ergas e Longoni) anche se per alcuni come Banfi, Bonini ed Ergas precisa che « non erano degli agitati ». A loro si è unito, con altri riconoscimenti, uno studente « confederato », l'unico presente all'episodio, Paolo Castelletti. Secondo l'ex confederato Colucci, che ieri si è rimangiato tutte le accuse, il Castelletti partecipò alla famosa spedizione «informativa» all'ufficio politico della questura. Su questo episodio sono stati ascoltati stamane il capo dell'ufficio, il dott. Antonino Allegra, e un suo collaboratore, il dott.' Antonio Pagnozzi. Entrambi hanno affermato di ignorare la cosa. Allegra, anzi, ha aggiunto: « Quasi quasi penso che non sia vera ». Avv. Guidetti-Serra (difesa) — E' consentito a chiunque recarsi in questura a consultare lo schedario? Allegra — No, solo in caso di reati e di indagini in corso. Avv. Stasi — Ci sono in questura schede di cittadini incensurati? (Tutti- gli imputati, tranne uno.-; lo. sona, N.d.R.). Presidente — Non ammetto questa domanda, non è proponibile. (E rivolto ad Allegra) Lei non risponda. Finisce così la sfilata dei testi d'accusa. Domani sarà la volta di quelli a difesa. Poi, giovedì, la requisitoria del P.M. e forse entro domenica la sentenza. Giampaolo Pansa Milano. Il dottor Allegra Milano. Il bidello della facoltà di Giurisprudenza, Gaetano Sangesi, davanti ai giudici (Telefoto A. P.)

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