Calmo, sicuro, ironico, Trimarchi contesta la tesi difensiva di Capanna e compagni di Giampaolo Pansa

Calmo, sicuro, ironico, Trimarchi contesta la tesi difensiva di Capanna e compagni Il professore sequestrato all' Milano Calmo, sicuro, ironico, Trimarchi contesta la tesi difensiva di Capanna e compagni « Era un'assemblea? Ma alle assemblee si entra e si esce Uberamente: io invece ero prigioniero e mi insultavano » - Lo avevano rinchiuso in un'aula, perché aveva verbalizzato sul registro la bocciatura di uno studente - Ieri, davanti ai giudici, il professore ha ripetuto: «Gli esami devono essere una cosa seria» ' (Dal nostro inviato speciale) Milano, 11 luglio. • Dopo la verità di Capanna, la verità di Trimarchi. E Trimarchi, stamane, la sua verità l'ha raccontata ai giudici sema iattanza, ma con molta freddezza, senza infierire, ma anche senza concedere nulla, lasciando il dubbio sulla responsabilità di qualcuno degli studenti imputati, ma confermando punto per punto l'intera vicenda dello « star tino »: la validità del proprio modo di concepire e condurre l'esame (non c'erano soltanto leggi e circolari ad imporlo, ma un'esigenza più alta: quella di non rendere l'esame «una cosa poco seria»), l'assalto all'aula 208, il proprio sequestro e la propria prigionia (« macché componente di un'assemblea! Io so che alle assemblee si entra e si esce liberamente, e io invece da quell'aula non potevo uscire...»; e, infine, la coda Jurente dell'aggressione di via Àlbricci. Una deposizione-fiume (tre ore al mattino e più di due ore al pomeriggio) condotta con un grande controllo dei nervi, con una sicurezza via via crescente che in certi istanti è parsa quasi un'aria di sfida. L'impressione è stata la stessa, che s'era avuta nei dibattiti con il Movimento studentesco il 13 e il 14 maggio, dopo l'affare dello « statino »: nonostante quella sua aria fragile fragile, da ragazzino con le efelidi e gli occhi miti, Trimarchi è uno che -sa combattere e che combatte senza clamori, ma in modo fermo e duro, poco disposto a rinunciare alla propria visione del mondo e dei rapporti nella scuola, giusta o sbagliata che essa sia. Si comincia, come al solito, poco dopo le 9. Il rito di apertura oggi varia: gli imputati entrano cantando a gola spiegata V «Internazionale » e scandendo, più volte, ad altissima voce il motto « Il popolo è forte e vincerà». Poi i soliti pugni alzati in segno di saluto, i soliti preliminari (un certo Antonio Pippo Cifaretti chiede di testimoniare; è arrivata una lettera anoni ma su Capanna; il rettore della Statale, Polvani, è malato e dovrà forse essere sentito alla Spezia). Trimarchi entra con passo sicuro. Sono le 9,37. Nella grande aula il silenzio è totale, si sentono le sue scarpe scricchiolare sulla pedana. Il professore si siede e viene subito invitato a sciogliere il dubbio che nei suoi precedenti interrogatori egli aveva lasciato sitila presenza di alcuni degli imputati nell'aula 208. Su qualcuno — come su Capanna, ad esempio — il docente non ha mai avuto esitazioni, ma per altri sì. Che ■ ne dice oggi? Trimarchi via via risponde: « No, Ergas. non è lo studente coi baffi che voleva bloccare la commissione. Sì, Banfi è lo studente che disse di chiudermi nel cesso all'arrivo della polizia. Sì, Cappelli è quello che affermò che dovevo essere sequestrato e che l'operazione era, comunque, un successo perché l'autorità accademica o avrebbe ceduto alle richieste studentesche o "si sarebbe sputtanata" facendo intervenire la polizia (ma Cappelli dice di no, e giura di non essere stato vestito quel giorno nel modo riferito da Trimarchi). Sì, Laurini è lo studente che all'arrivo degli agenti si precipitò fuori cercando di aggredirmi». Presidente — Infine lei ha parlato di uno studente vestito con una giacca di foggia militare e un medaglione con l'effigie di Mao Tse-tung, coi capelli biondi e lisci che le disse: "Tu, Trimarchi, starai qui e quando arriverà la polizia noi ti scorteremo fuori. E se tornerai all'Università, ti attaccheremo un cartello al collo e tu farai l'autocritica". Questo studente, lei ha detto, sarebbe l'imputato Luca Pozzi. Si sente in grado di identificarlo, se lo vede? Trimarchi — Sì. Presidente — Allora, si volti e mi dica se vede quello studente fra gli imputati... Appena Trimarchi si volta, Pozzi si alza in piedi; il docente dice subito: « No, non è Pozzi ». Esaurita la faccenda dei riconoscimenti, si passa al nocciolo della vicenda: l'atteggiamento di Trimarchi sugli esami * le ragioni che lo spin¬ sero a non restituire lo « statino» e a rispondere picche al Movimento studentesco, che gli chiedeva di non verbalizzare gli esami falliti. Trimarchi — Perché ho risposto di-no! Intanto non è vero che io sia l'unico a verbalizzare gli esami falliti. Tre quarti dei miei colleghi fanno come me. Analizzando il periodo dal 1° ottobre 1968 al 10 marzo 1969, si constata, infatti, che i verbali di 15 colleghi di giurisprudenza su 20 contengono bocciature. Ma c'era un altro motivo. A partire dal dicembre 1968, con l'istituzione dell'appello mensile, la mancata verbalizzazione di un esame insufficiente creava la possibilità che il medesimo studente potesse ripresentarsi a tentare la stessa prova sino a dodici volte all'anno! Dico 12 perché gli appelli di giugno sono 3, quelli di ottobre sono anch'essi 3, poi ve ne sono 6 in sei mesi diversi... Questo inconveniente — ha spiegato il professore — fu tenuto presente dal Consiglio di facoltà il quale, nell'istìtuire l'appello mensile, ribadì che la stessa prova poteva venire affrontata dal candidato non più di due volte nell'anno accademico: « Sempre in dicembre, poi, il ministero della Pubblica Istruzione ci ricordò con una circolare che non soltanto la stessa prova non poteva essere ripetuta più di due volte nell'anno accademico, ma che lo stesso esame non poteva essere dato più di una volta nella medesima sessione. E il 6 marzo 1969 (quindi 5 giorni prima degli incidenti), il Consiglio della facoltà di Giurisprudenza deliberò all'unanimità di adeguarsi all'invito contenuto nella circolare ministeriale ». Che cosa fece allora Trimarchi? A differenza di altri suoi colleghi (questo lui non l'ha detto, ma l'ha lasciato chiaramente intuire), non fece che adeguarsi alle circolari romane e ai deliberati milanesi. Trimarchi — L'11 marzo, cioè la mattina dello « statino », ricordai un'altra volta ai miei studenti che non avrei potuto accogliere la richiesta di omettere la verbalizzazione degli esami insufficienti. Non c'erano soltanto la legge del 1938 e le disposizioni ministeriali ad impedirmelo: c'era anche il fatto che non mi sembrava un buon primo passo verso il miglioramento dellUniversità quello di rendere meno seri gli esami... Dal pubblico parte una salva di risate. Trimarchi — ...Meno seri gli esami, come accadrebbe se lo studente potesse ripetere la prova con quella frequenza, cioè dodici volte all'anno! Questa tesi non convinse però i leaders del Movimento studentesco che decisero di tenere il docente sotto chiave sino a che non si fosse « ammorbidito ». E' l'episodio del sequestro. Trimarchi riconferma soprattutto le accuse contro Capanna: « Quando cercai di andarmene, Capanna mi trattenne -on la forza, mi oltraggiò e mi minacciò se fossi ricomparso all'Università ». Poi rie voca la uua «permanenza» nell'aula 208. Trimarchi — Per una prima parte di quelle 4 ore discussi con loro le ragioni sostanziali per le quali il contenuto della legge e delle decisioni del Consiglio di facoltà mi sembrava giustificato e opportuno. Ad un certo punto, però, visto che mi si impediva di uscire, salvo che accettassi totalmente le loro richieste, e avendo anche constatato che il tono di alcuni interventi era divenuto piuttosto pesante, ritenni che la parola « dialogo », in quel¬ le circostanze, fosse fuori luogo e mi limitai solo ad occasionali risposte. Come potevo fare altrimenti? Avevo assistito ad una colluttazione, avevo proposto che la questione fosse portata al Consiglio di facoltà e mi ero sentito rispondere che il Movimento studentesco non riconosceva alcun potere al Consiglio. Dunque, non un «libero componente di un'assemblea, sia pure un po' presuntuosetto » come aveva sostenuto il Capanna, ma un sequestrato, un prigioniero bello e buono. Stranamente, è uno dei difensori, l'avv. Memmo Contestabile, ad offrire a Trimarchi l'occasione per ribadirlo. Avv. Contestabile — Lei si riteneva un componente dell'assemblea che si svolgeva nell'aula 208 o era presente in modo diverso? Trimarchi — So che' alle assemblee si entra e si esce Uberamente. Io, invece, non potevo uscire. Gli studenti del Movimento studentesco ogni volta che si riuniscono in un certo gruppo dicono che è un'assemblea. Ma io so soltanto che quel mattino si svolgeva ima seduta d'esame, poi nell'aula è entrato un gruppo di persone e a me è stato impedito di uscire! Non mi sembra che in quel momento partecipassi ad una assemblea... E quando tentarono di farmi uscire due funzionari di polizia, non potei allontanarmi perché gli studenti facevano pressione sulle porte. Non ricordo, però, se urlarono: « Chiudete, se no quello s... di Trimarchi può uscire... ». Terminata quella singolare assemblea, Trimarchi denunciò tutto alla procura della Repubblica: come pubblico ufficiale era suo obbligo farlo. Capanna (alzandosi) — Perché allora non hai denunciato pure gli studenti che facevano in tuo onore il saluto romano fascista? Anche quello, mi pare, è un reato... Trimarchi — Perché mi sembrarono non saluti romani ma gesti sconci. Del resto, io sono obbligato a de nunciare solo i reati che interferiscono con la mia attività di pubblico ufficiale: non sono tenuto a denuncia re tutti, anche chi passa col semaforo rosso Un osso duro, questo Trimarchi. Lo si è. visto nella ripresa pomeridiana del processo (« un processo politi co » ha osservato Capanna, e il presidente gli ha replicato: « Sono reati cornimi, Capanna, né più né meno... ») quando ha confermato anche tutta l'aggressione di via Àlbricci, « il codazzo, gli insulti, gli. sputi, il lancio di monetine e anche qualche calcio ». C'erano certamente Banfi ed Ergas; per Fallisi invece non sa, e su questo Trimarchi è stato congedato. Giampaolo Pansa

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