Il «racket» della prostituzione di Giorgio Martinat

Il «racket» della prostituzione Le Martine Beauregard nelle città industriali del Nord Il «racket» della prostituzione C'è in ogni grande città un crescente giro di «affari almeno diecimila donne, dai 14 anni in su, esercitano probabilmente 40 - La maggior parte del guadagno » - Escluse le mondane di lusso, nella sola Milano il mestiere - Incassano certo 20 miliardi all'anno, più finisce ai protettori, spietati «managers» del vizio (Dal nostro inviato speciale) Milano, 10 luglio. L'inizio, che i verbali di polizia condensano in poche righe, è stereotipato come la trama dei più vieti fotoro manzi. Lei è appena arrivata dalle Puglie o dalla Calabria (fino a qualche anno fa dal Veneto o dal Trentino), è ancora stordita dalle luci e dal frastuono della grande città, dove si è trasformata da contadina in commessa, cameriera, operaia. Una sera, trepida e confusa nell'abito goffo che la mamma le ha cucito al paese, entra in una «balera». Qui, di solito, avviene l'incontro. Lui compare al volante di una « spider » vistosa, dà del tu al barista. Indossa un abito tagliato da un buon sarto, è disinvolto, gentile. Un'ora dopo, tra le braccia del cavaliere premuroso che la guida sulla pista da ballo, a lei pare di vivere nel mondo tante volte sognato, al paese, sulle pagine di Bolero film o di Grand Hotel. Il resto si consuma in fretta, nello stesso stile. Amore, seduzione, pianto, promessa delle nozze riparatrici. Ma il lieto fine, abito bianco e campane nuziali, non ci sarà. Sarà condizionato, invariabilmente, da una proposta aperta, brutale. « Non hai la dote? E come mettiamo su casa? Non con le sessantamila lire al mese che guadagni. Non farmi ridere. Io sessantamila te le faccio guadagnare in una sera. Decidi. O cosi, o aspettare degli anni». Molte volte, lei non vuole aspettare e il marciapiede acquista una nuova recluta. Milano ha varcato da tempo la cifra di diecimila prostitute. Mi dicono: «E le nuove leve sono sempre più giovani ». Quattordici, quindici anni: ancora giocano con le bambole, e già conoscono la squallida tristezza dei primi incontri nelle case dì appuntamento. La prostituzione è un affare sempre più grosso, inghiotte a un ritmo sempre più rapido. Si calcola che ogni giorno, o meglio ogni sera, il « fatturato » tocchi soltanto a Milano la cifra di 50 milioni. E' un calcolo molto prudente, basato sulle forme più squallide, più vistose e perciò più povere del mercato. Quelle che è più facile catalogare, Ma la media è certamente superiore a 5 mila lire a testa, per sera: sfugge al calcolo l'insospettabile « belle de jour», studentessa o moglie di un professionista, che s'incontra all'ora del tè tra i velluti di una casa manzoniana nel vecchio centro. O la discreta, silenziosa sconosciuta che . sorseggia ogni sera un cocktail sugli sgabelli del bar del grande albergo, la falsa estetista nel monacale camice bianco, la sportiva « clacson girl » che, a un semaforo rosso, affianca sorridente la sua costosa « coupé » alla vettura dell'automobilista solitario. Tranne rare eccezioni, anche queste hanno la loro « scimmia » sulle spalle: lo sfruttatore. Come l'elegante bellezza che in piazza S. Babila, davanti a una vetrina, sussurra un invito al passante (tariffa 20-30 mila lire, in una sera il guadagno può toccare le 150 mila lire) o l'infelice ormai sfatta che ancheggia sotto i lampioni di via Garibaldi (5 mila lire, punte di guadagno fino a 50 mila lire il giorno). Sono diecimila sfruttatori milanesi che incassano ogni mese ima rendita variabile da un minimo di mezzo milione il mese a un massimo di 3-4 milioni. Esenti da tasse. Come la prostituzione, anche il parassitismo che l'accompagna ha forme e volti diversi. C'è chi recluta la prostituta, c'è chi si lascia reclutare alla carriera di prosseneta quasi suo malgrado, per debolezza e inerzia. Il caso più comune è quello dell'inetto, sottoccupato cronico. La moglie, stanca dell'esattore che sigilla il gas e taglia i fili della luce, finisce con lo scoprire che, in un paio di sere, può guadagnare tanto da mantenere la famiglia per un mese. Da quel momento, è lei che porta a casa lo « stipendio ». Lui china il capo, cinge il grembiule, lava i piatti e bada ai bambini. Sguattero, balia, autista. Finirà con l'ac cettare gli agi della nuova esistenza e accompagnare la Toofiis al lavoro sull'auto bl comperata con i primi guadagni. Ma non diventerà mai un vero « protettore »: inetto anche a questo, costringerà la moglie a cercarselo nel mondo dei « duri » della malavita. La disgraziata avrà, così, due « scimmie » sulle spalle. L'autentico «protettore» è diverso dal semplice parassita: impone, non subisce la prostituzione, ne diventa il manager spietato e senza scrupoli. In cambio, fornisce un servizio che molti ritengono indispensabile. Il « lavoro » sul marciapiede è pericoloso. C'è il cliente che non vuol pagare il prezzo pattuito e, alle proteste, picchia. C'è il teppista che mira alla borsetta e all'incasso della serata. O il sadico, che nasconde in tasca il rasoio. Il « protettore», nell'ombra, annota il numero di targa dell'auto su cui è salita l'amica, nei casi dubbi la segue, se ci sono complicazioni interviene. In cambio, esige tutto il guadagno: a malapena concede il rimborso delle spese professionali, abiti e affitto del « pied-a-terre ». Chiedo al capo della Mobile milanese, dott. Caracciolo: «Cinquanta milioni per sera, più probabilmente il doppio, sono un fatturato che oscilla tra i 20 e i 40 miliardi l'anno. Come quello della Motta o dell'Autobianchi. Nessuno ha mai tentato di imporsi ai diecimila azionisti di questa impresa? Di strappare una parte dei profitti? ». C'è stato, anni fa, a Milano un tentativo di imporlo. Di colpo, sono aumentati pestaggi, sfregi, accoltellamenti nei vicoli. Si è arrivati alle sparatorie per le strade. «E' seguita immediatamente — mi dice il dott. Caracciolo — la repressione della polizia: arresti, retate, perquisizioni. I più. turbolenti.sono stati tolti di mezzo, il tentativo è fallito ». Era il periodo in cui il rapporto tra prostituta e sfruttatore si basava, in molti casi, sul terrore. « Ora non più. E' subentrato — dice il capo della Mobile — un rapporto più sottile, complesso. Direi che la prostituta milanese è più evoluta delle sue colleghe di altre città. Conosce a perfezione la legge Merlin e il codice. Sa che per liberarsi dello sfruttatore le basterebbe una parola. Senza rischi. Ma è raro che la pronunci: solo quando interviene la gelosia. Allora, per vendicarsi dell'amico che l'ha tradita, lo denuncia per sfruttamento. Casi rari, ma bastano a dimostrare come non sia il terrore che la tiene soggetta». Che cosa, allora? Mi risponde: «La donna onesta e la prostituta appartengono a due mondi completamente diversi. Come il giorno e la notate. Ma hanno un punto in comune: la coscienza che il posto di una donna dev'essere a fianco di un uomo. La prostituta ha rifiutato il mondo di giorno: matrimonio, marito, famiglia. Il compagno che completi il suo destino femminile non può appartenere che, come lei, al mondo di notte. Per averlo, è dispo¬ sta a sacrificare l'unico valore che questo mondo riconosce: il denaro ». Si compie così, ironicamente assurdo, il circolo vizioso: per il denaro la prostituta ha rinunciato al mondo degli affetti normali, ora offre tutto il denaro che ha per l'illusione di un legame affettivo. Se lo sfruttatore la picchia perché questo denaro non basta, non c'è ribellione: la punizione rientra nella logica del rapporto. Qualche sfruttatore agli esordi, colto in fla¬ grante, ha confessato piangendo, ed era certamente sincero: « Mi obbligava ad accettare i soldi. Se tentavo di rifiutare, si offendeva, diceva che non le volevo abbastanza bene». Giorgio Martinat AntoNfpldlammpadddbszvczrqvgmAsditrnPGd Torino. Scherzi tra colleghe (Foto Moisio) Torino. L'attesa del cliente (Foto Moisio)

Persone citate: Casi, Martine Beauregard, Merlin, Motta

Luoghi citati: Calabria, Milano, Torino, Trentino, Veneto