Lo stato maggiore della contestazione in manette al processo per Trimarchi di Giampaolo Pansa

Lo stato maggiore della contestazione in manette al processo per Trimarchi Mario Capanna e altri 16 imputati oggi davanti ai giudici Lo stato maggiore della contestazione in manette al processo per Trimarchi I giovani (11 sono detenuti dal 9 giugno) appartengono al Movimento studentesco - L'accusa è di aver sequestrato e minacciato il professore, che non aveva concesso a un candidato di ripetere a breve scadenza l'esame fallito - Venerdì lo studente è stato di nuovo bocciato l(Dal nostro inviato speciale) Milano, 8 luglio. Se quel martedì 11 marzo 1969, poco prima dì mezzogiorno nell'aula 208 di Giurisprudenza, durante il postappello di istituzioni di diritto privato, lo studente Marco Orefice avesse avuto le idee più chiare sull'acquisto a non domino e sul conflitto di interessi nella rappresentanza, oggi a Milano parecchia gente vivrebbe giorni assai più tranquilli. Invece il giovanotto — anni 22, di Bergamo, terzo anno di Legge, orfano di un professore e costretto a fare l'insegnante di ginnastica per mantenersi agli studi — s'impappinò, diede risposte « gravemente erronee », poi si ridusse a fare scena muta. « Può andare », gli disse allora il docente che lo interrogava, il prof. Pietro Trimarchi. E in nome e per grazia dell'art. 43 del regio decreto numero 1269 del 4 giugno 1938 (Marco Orefice, a e n e a a i ae l a, quella data, non era ancora nato), lo congedò senza restituirgli lo « statino », condannandolo così a ripetere l'esame non prima dell'estate. Scosso e turbato, perché era convinto di essersi preparato a dovere, il nostro Orefice uscì dall'aula a testa bassa e corse alla stazione di Lambrate a prendere l'accelerato di casa senza accorgersi che alle sue spalle stava per scoppiare « l'affare » più caldo degli ultimi 20 anni di vita universitaria. Appunto, l'« affare dello statino ». Quell'« affare » che domattina porterà sul banco degli Imputati, e per gran parte in catene, lo stato maggiore e i quadri più noti della contestazione studentesca milanese, minacciati da accuse tanto gravi dà comportare, come pena massima, condanne a più di 30 anni di carcere ciascuno. Lo scoppio dèlia bomba, cioè quanto accadde nell'aula 208 dopo l'uscita di scena dell'involontario «Pietro Micca» (che, per la storia, venerdì scorso è stato bocciato una secónda volta dal coriaceo Trimarchi), ce \o sentiremo raccontare in tutte le salse, per il diritto e per il rovèscio, durante le seisette udiènze previste. Oggi, però, alla vigilia del processo, il cronista ha un solo, documento al quale rifarsi per ricostruire le quattro ore di fuoco del « caso Trimarchi »: la sentenza dì rinvio a giudizio, 31 fittissime pagine scritte dal consigliere istruttore Antonio Amati. Secondo, questo atto d'accusa, in quelle quattro ore 11 prof. Trimarchi fu privato della libertà personale, tenuto sotto chiave nell'aula 208 e qui sottoposto a violenza e minacce. Lo scopo malvagio: costringerlo a restituire lo statino, a cancellare la verbalizzazione dell'esame fallito da Orefice e ad assumersi l'impegno di non verbalizzare più, in futuro, gli esami non superati dagli studenti. Erano istanze cervellotiche, rivoluzionarie, da pericolosi pazzi esaltati? No, risponde il giudice istruttore, — « non è-che -gli studenti, -..di '-punto: in bianco, si fossero fatti assertori di questa pretesa all'improvviso o, peggio, in odio ài prof. Trimarchi ». Già altri docenti avevano accettato le loro richieste, mostrandosi di manica larga: il preside di facoltà Delitala, ad esempio, ed altri cattedratici di Legge co me Nuvolone, Liebman, Sche riho, Smuraglia. Trimarchi avrebbe potuto imitare questi autorevoli colleghi oppure, scrive il magistrato, iniziare con gli studenti «una discussione am pia, leale, aperta », ma Tri marchi — « uomo di legge di carattere intransigente, per il quale l'adagio » "dura lex sed lex" è sempre valido » — disse di no. Appellandosi sia pure in modo « non prò ducente » ad una norma « vecchia e antica », non restituì 10 statino e poi per quattro ore rimase immobile e silenzioso a fronteggiare (e c'era poco di che stare allegri) « una assemblea tumultuante e decisa a non mollare ». Insomma, uno scontro' di titani. Da una parte, un professorino rigido rigido, meno « politico » e meno disposto a compromessi di altri suoi illustri colleghi di facoltà. Dall'altra, i leaders della contestazione studentesca della Statale; leaders infuriati, i quali, secondo l'accusa, cercarono di raggiungere un obiettivo che credevano giusto con mezzi violenti e sbagliati; leaders che non si limitarono a tener prigioniero 11 Trimarchi (« Dottore, per liberarlo ci vuole la truppa!», avrebbe gridato il leader dei leaders, Mario Capanna, al capo dell'ufficio della questura di Milano, dott. Allegra), msvdmcdmdtatunnuapuCiomdcvrfticMsdlllllIIIIISIIlllItlllllSIIlllIklIlllllllllllf ■■■■lllllllllllll ma lo schernirono e lo insultarono. A leggere la sentenza di rinvio a giudizio, fu una specie di martirio di San Luigi, un martirio morale, intendiamoci, con il «famigerato studente Capanna » (cosi lo chiama il prof. Amorth) in veste di torturatore-capo. E la tortura del Capanna e dei suoi amici, secondo l'accusa, fu tutta a base di beffe (« Vuoi un panino? Voi professori non siete abituati al digiuno... », « Und volta tanto è un professore che se la fa addosso», «Chiama il tuo papà!»), e di insulti: «Porco farabutto, appartenente ad una classe di professori porci farabutti », « Buffone ». Qualche settimana prima, Capanna era stato anche più icastico: « Piccolo borghese osceno », aveva gridato a Trimarchi, e alle rimostranze dell'offeso (« Ma non sì rende conto che è oltraggio? ») aveva risposto: « Denunciami pure e vedrai che-il giudice si farà delle grasse risate!... ». Liberato alle 16,30 dalla truppa dopo un succedersi dì inutili interventi — a cominciare da quello di suo padre, Mario Trimarchi, primo presidente della Corte d'Appello di Milano — il professore la denuncia la fece sul serio. E il giudice, invece di abbandonarsi a grasse risate, firmò tutta una serie di mandati di cattura e una dura sentenza di rinvio a giudizio. Accusati: Mario Capanna, Massimo Cipriani, Joseph Ergas, Giuseppe Liverani, Marco Laurini (tutti in carcere dal 9 giugno), Andrea Banfi, figlio del senatore socialista Arialdo Banfi, Luca Pozzi e,Giovanni Cappelli (questi ultimi tre sono latitanti ma quasi certamente si costituiranno domattina in aula). Con loro sono finiti sul banco degli imputati altri 9 studenti per la coda di fuoco del « sequestro » di Trimarchi, cioè per l'ormai arcinota aggressione al professore, compiuta il 21 marzo, sull'imbrunire, ih via Albricci. Erano le 5 della sera. Mentre usciva dall'Università, Trimarchi venne assalito, sputacchiato e schernito, anche con un lancio di monetine, da un gruppo dì studenti. Fu, questo, un gran brutto episodio, ancora meno- difendibile e giustificabile del primo. Dovranno . risponderne, oltre a Laurini, Banfi ed Ergas, Lucio Trevisan, Antonio Bonini, Salvatore Toscano, Giuseppe « Joe » Fallisi, Giu¬ seppe Saracino, Ferruccio Cattoretti (anche loro in carcere), Camillo Spinelli, Emanuele Criscione e, l'unica ragazza del gruppo. Maria Grazia Longoni. Totale: 17 imputati di cui 11 a San Vittore, 3 latitanti, 3 a piede libero. Al processo nell'aula grande di Cavallero e di Riva, li assisteranno 13 avvocati, molti dei quali fanno parte di un « collettivo » di legali nato di recente e che si chiama « Comitato di difesa e di lotta contro la repressione ». Costoro — sono giovani e alcuni sono stati allievi di Trimarchi quando era assistente — difenderanno senza parcella. Intanto in carcere, oggi, Capanna, Toscano, Cattoretti e Fallisi hanno sostenuto con successo alcuni esami davanti ad una commissione composta da 11 docenti. La migliore votazione l'ha ottenuta Fallisi (30 su 30) nell'esame di sociologia. Ma-* rio Capanna, che ha sostenuto l'esame di storia della filosofia, ha ottenuto un 29 come pure Salvatore Toscano in storia della filosofia. In tutti gli altri esami hanno ottenuto votazioni comprese tra il 25 e il 29. Giampaolo Pansa

Luoghi citati: Bergamo, Milano