Un vuoto alle spalle di Juventus e Torino

Un vuoto alle spalle di Juventus e Torino Un vuoto alle spalle di Juventus e Torino Inchiesta sul calcio in Piemonte. Le prime risultanze non sono liete: dopo Juventus e Torino, infatti, c'è il vuoto. Quarant'anni fa, con l'avvento del girone unico, il Piemonte era rappresentato in Serie A da quattro società, Alessandria, Juventus, Pro Vercelli e Torino, clubs che assieme a Casale, Biellese e Novara (in Serie B) avevano contribuito in modo determinante all'affermazione di questo sport, nel periodo più difficile, quello dei presidenti con bombetta e bastone. Oggi, l'Alessandria è fra i semiprofessionisti; la Pro Vercelli, la squadra dalle bianche casacche, è addirittura in D; il Casale è retrocesso fra i dilettanti e spera soltanto in un atto di clemenza della Federazione per essere riammesso al campionato superiore. La situazione appare poco incoraggiante anche se in serie C il Piemonte è ben rappresentato (come quantità e qualità) per cui si può sperare che in futuro qualche formazione riesca a risalire in B. La «crisi» si è verificata nell'ultimo -decennio, quando Novara ed Alessandria hanno risentito del peso di difficoltà sia finanziarie che tecniche e piano piano sono scivolate verso la C, togliendo al Piemonte sportivo la soddisfazione di essere la regione meglio rappresentata in A, assieme alla Lombardia. Crisi tecniche, indubbiamente, ma soprattutto finanziarie. Con l'avvento di un professionismo portato all'eccesso, sono diventate impossibili le imprese leggendarie di giocatóri — come quelli di Casale, di Vercelli, — che con pochi quattrini ma molta volontà e tanto entusiasmo riuscivano a gareggiare alla pari con gli squadroni delle « metropoli». La concorrenza di altri spettacoli (cinema, televisione) di altri divertimenti (il ballo, il week-end fuori città) ha influito in modo determinante a ridurre le entrate delle società di provincia, costringendole a lottare coi bilanci, spesso in deficit. Costretti a vendere i «pezzi » migliori (il caso più clamoroso fu quello dell'Ales¬ sandria che cedette Rivera, un campione ancora in fase di maturazione, al Milan) poco alla volta questi clubs hanno denunciato una netta inferiorità tecnica. La vicinanza di due grandi città — Torino e Milano — con le loro forti squadre, con gli assi stranieri, ha influito sensibilmente nel ridurre gli incassi delle compagni minori, invogliando gli sportivi ad accorrere alla domenica dove sono di scena i giocatori bianconeri o granata, rossoneri o nerazzurri. Non tutte le società hanno saputo opporsi in tempo alle nuove esigenze dettate dal calcio moderno. Altre, invece — ed è il caso di Alessandria, Biellese, Novara, Verbania, Derthona — hanno ben lavorato in profondità, sui giovani, ed ora tentano (ma l'impresa è dif¬ ficile) la grande scalata alla serie superiore.1 Novara ed Alessandria, in particolare, sembrano più delle altre in grado di tentare il balzo verso la B. Anche in D, comunque, sono evidenti gli sforzi di dirigenti e giocatori per « costruire » un nuovo calcio, in grado di attirare il pubblico e di dare maggiori soddisfazioni; si lavora moltissimo sui giovani — l'unico, autentico patrimonio di una società calcistica —, si impostano le società con nuovi criteri. Per questi motivi, si può sperare: il calcio piemontese, poco rappresentato al vertice in campo nazionale, è abbastanza sano, alla base, nei tornei minori. La ripresa sarà dura, ma c'è la volontà di tornare ai valori del passato.

Persone citate: Rivera