Tra Gilda, Marilyn Gary; Grace e Liza

Tra Gilda, Marilyn Gary; Grace e Liza LO STAR SYSTEM HOLLYWOODIANO IMMORTALATO AL WAX MUSEUM (IL MUSEO DELLE CERE) DI LOS ANGELES Tra Gilda, Marilyn Gary; Grace e Liza Gianni Ranieri L' cm outR'5 Monte da 0 D-i m—I UOMO che dalla misura delle mani e dei piedi, dalla vastità e struttura del coipo e dal tagho rurale dei capelli potrebbe essere un agricoltore dell'Oklahoma; l'uomo che regge con la manona destra una tazza da caffè con sopra stampato il seno da combattimento di Jane Russell (un pallino di Howard Hughes) e con la manona sinistra un bicchiere con sopra impresso il sorriso di Rita Hayworth, questo uomo trema. Trema e batte i denti perché ha freddo. Trema perché sta ammirando una coppia intabarrata con ai piedi tre valigie e un tappeto di neve. Lei è in pelliccia ed è Julie Christie, lui ha un cappotto che gh arriva alle caviglie, la sciarpa bordeaux e lo sguardo di uno die non vede l'ora di trasferirsi in Costa azzurra. E' indubbiamente Omar Shaiif. Siamo in una scena del film "Doctor Zhivago", anno 1965. La giovane signora in t-shirt da 14 dollari suggellata sul davanti e sul dietro con le smorfie di Jim Cairey, gronda sudore, è sul punto di svenire, ma non molla la posizione conquistata, non arretra d'un millimetro. Sta in surriscaldata ammirazione di Katharine Hepbum e Humphrey Bogart rimasti paralizzati dal 1951 sull'indimenticabile scassatissimo battello di "The african queen". L'agricoltore dell'Oldahoma e la signora forse di Los Angeles operché no di Chicago, vagano e sostano con altre centinaia di persone che arrivano ogni giorno da tutta la California, ma anche dal Nevada e dallo Utah, dal New Messico e dal Texas, nehe impagabili sale di Movieland, il Wax Museum di Buena Park, a una ventina di chilometri da East Los Angeles. Qui sono ridotti e plasmati in cera gh ultimi 75 anni del cinema americano. E' un appuntamento di commoventi ingenuità che non intendono proporre grandi emozioni: si accontentano di offrire simpatici ricordi. Seguendo i percorsi del Wax Museum, ci si può sentire ragazzini e sorridere incontrando ì pupazzi di Claudette Colbert e Clark Gahle in "Accadde una notte", ma non ci si sente fessi. In fondo, se amiamo il cinema, non facciamo altro che un viaggio sentimentale in mezzo a buffe ma care memorie. E se Io stand in cui le cere di Julie Christie e di Omar Sharif sono immerse nel tema di Lara, oltre che nella neve russa, è sin troppo refrigerato, è soltanto per rendere l'idea, non per far prendere la polmonite ai turisti. Che spasso ritrovarsi nella Hollywood del 1930. In quell'anno entrò in vigore il codice Hays di autocensura. Per lungo tempo i colossi della Paramount, della Metro-Goidwyn-Mayer, della Fox, della Warner Bros e della R.K.O. se ne fecero beffe. Morgan e Rockfeller, i boss di quel gruppo di produttori, se la ridevano delle feroci invettive delle leghe puritane, furibonde all' apparire di Marlene Dietrich in pantaloni e nell'ascoltare le canzoni indecenti della superplatinata Mae West. Ed eccola Mae West, la lanciatrice del ballo, in un abito tutto trasparenze, davanti allo specchio, nell'atto di congratularsi con la propria bellezza. E nei pressi c'è un'altra super bionda, Jean Harlow, distesa sul divano in "Dinner at Eight", 1933. Le fanno stravagante compagnia una Marilyn Monroe del 1953 ("Gh uomini preferisco le bionde") e Nancy Sinatra in 'WndAngels" del 1966. E' difficile assegnare il premio alia più tosta faccia di cera del museo. Tra un John Wayne vestito da cow-boy che guarda un po' strabico i visitatori (gh occhi sono sempre un problemaccio, nelle statue di cera) assumendo un'aria da pugile din-don e un Alan Ladd in "Shane" non troppo entusiasta della parrucca gialla che sembra fatta con i capelli di Geppetto, si insinuano lo sguardo feroce di Yul Brynner in "The King and I" che invece di spaventare i minori di dieci anni li fa morire dal ridere e un irresistibile Edward G. Robinson in "little Caesar" del 1931. Qui il sommo Robinson è in cappotto giallo e bombetta rossa e ha una macchia di sugo di pomodoro sulla manica sinistra a causa d'una pistolettata. L'espressione è incerta: che faccio, corro dal medico o resto qui a reggermi il braccio ferito per altri cinquant'anni? A giudicare dal consumo di hamburger e patate fritte, la visione cerea (ma colorata) di Clark Gahle, Hattie McDaniel e Vivien Leigh in "Via col vento" mette una fame da lupi. C'è un trucco. Le frittehe sul vassoio della colazione che la McDaniel porta ai due protagonisti sono indiscutibilmente finte, ma sprigionano un provocatorio profuno di blyni alla marmellata e cioccolato e di pancake. Ci voghono almeno quattro ore per visitare l'intero museo. Il numero di persone che ci riescono è sorprendente. Di sohto ci si consente una mezza dozzina di soste, ahe caffetterie e ai ristoranti. Se un visitatore pesa all'ingresso ottanta chili, non è escluso che ne pesi ottantacinque all'uscita. Sarebbe vano cercare tra le cere qualche scena da "Fury", film del 1936 sulla difficoltà della reintegrazione di un ex carcerato. Henry Fonda, neha vita civile; e inutile risulterebbe la caccia a una minima sequenza di "The black legion" con Humphrey Bogart contro la confraternita del Ku-Klux-Klan. Il Wax non è luogo per studiosi e intellettuali. Nessuna traccia del famoso bacio di May Irwin e John C. Rice che diede origine alla tradizione osculatoria nel cinema. Ma tutti sono contenti lo stesso, specialmente i bambini che sparano con l'indice e il pollice, pam pam, allo sceriffo Gary Cooper e a Grace Kelly immobili sul set di "High Noon". Di forte richiamo è per gh amic^ di Movieland l'arrivo di nuove star. Le ultime novità del Wax Museum sono Catherine Zeta-Jo¬ nes, Liza Minnelh in Cabaret, Julia Roberts, Robin Williams, Keanu Reeves e, applauditissimi, DiCaprio e Kate Winslet, Jack e Rose, immortalati poche ore prima che il Titanic colasse a picco. Grazie a un appropriato gioco di specchi, il visitatore può entrare neha scena, vedere la propria immagine accanto al divo o alla diva preferiti, baciarli addirittura, vivere così attimi indimenticabili da raccontare al suo ritomo a Phoenix, a Denver o a San Francisco. Per essere sinceri, bisogna anche sottolineare l'esistenza di persone che partite da Los Angeles e imboccata la free-way n. 5 in direzione Norwalk, escono all'incrocio con la 91, si immettono nel Beach Boulevard ma, invece di fermarsi al 7711 dov'è Movieland, continuano fehcemente verso il mare, preferendo ahe cere le onde del Pacifico. Non si tratta di californiani disinteressati al cinema: è che, come afferma Jack Nicholson, il Wax Museum Ihanno già visto almeno un centinaio di volte. Il Buena Park in cui Movieland abita, non offre soltanto cere. E' un appuntamento di polli arrosto, bistecconi memorabili e hamburger non meno vasti d'un campo da tennis. Pochissini sono i turisti made in Usa che si negano una fermata da «Mrs Knott's», aU'cdmperial Steakhouse» e al «Fatburger». Piuttosto rinunciano a rendere omaggio a Marion Brando in "Un tram che si chiama desiderio" e Gregory Peck in "Moby Dick", ma uno spazio per una costata con patate fritte e birra, il tutto a 40 dollari, se lo ritaghano comunque. E poi c'è chi, terminate le quattro ore di visita al museo, non ce la fa a non andare al cinema. E il Buena Park, generoso, propone subito le diciotto sale del Krikorian Metroplex. Buon Divertimento. Le ultime novità: Zeta Jones, DiCaprio e Kate Winslet sul Titanic a picco. Grazie a un gioco di specchi, il visitatore entra in scena accanto ai divi Al Wax Museum gli attori, in genere, sono colti in una delle loro interpretazioni più celebri, come il Gary Cooper di «Mezzogiorno di fuoco» qui sopra. A destra: Liz Taylor-Cleopatra Sotto: Jack Nicholson e la «novità» Catherine Zeta-Jones