IANRUSH «Buffon non mi convince è Ibra il fenomeno-Juve»

IANRUSH «Buffon non mi convince è Ibra il fenomeno-Juve» 11 . - 1 li , i m ,i i . ■■wi——unniN iiiiii.i. ii.i :. . in. ..ili., m^mmmmmm i i, uni. L'EX Di REDS B BIANCONERI TRA PASSATO E PRESENTE: «DOMANI IN CHAMPIONS LEAGUE SARA UNA FESTA» IANRUSH «Buffon non mi convince è Ibra il fenomeno-Juve» intervista Gabriele Marcotti CHESTER ■ BAFFI non ci sono più da quattro o cinque anni e allora la prima cosa che si nota di lan Rush sono gli occhi azzurro-verdi, vispi e intensi. Adesso allena il Chester, piccolo club di League 2, l'equivalente della nostra C2. E' un altro mondo, la Champions League è lontana, ma non da non potere riflettere su Liverpool e Juventus, i club che hanno segnato la sua vita. Cosa ha pensato dopo il sorteggio? «Che era un ottimo sorteggio per entrambi. Che era giunto il momento di un nuovo confronto dopo vent'anni. Non si può scappare dal passato e si ha il dovere di ricordare perché tutti sappiano e tutti imparino». Vent'anni dopo l'Heysel è solo un'occasione per commemorare oppure può venire fuori qualcosa di buono? «Verrà fuori qualcosa di buono. Non può essere altrimenti. So che agh juventini che verranno ad Anfield verrà riservata un'accoglienza speciale, la migliore che avranno mai ricevuto. Per i tifosi del Liverpool è importanto fare sentire il loro calore, il loro affetto e anche la loro amicizia. Sono convinti che il miglior modo per rimediare, nei limiti del possibile, a ciò che è successo sia accoglierli a braccia aperte. Sarà un'atmosfera incredibile e credo che quei tifosi bianconeri che verranno siano fortunati perché avranno un ricordo indimenticabile». Liverpool è una città che sente molto le tragedie, forse perchè ne ha vissute due in pochi anni tra l'Heysel e Hulsborough. «E' vero, credo sia per le radici cattoliche e proletarie della città: sentono molto il dolore altrui. Basta pensare che due domeniche fa, nel giorno di Pasqua, sono venuti in 40 mila ad Anfield per assistere ad una partita di beneficenza tra vecchie glorie del Liverpool, a favore delle vittime dello tsunami». Tornando all'Heysel, ima delle domande più frequenti è quanto sapevate di quello che era successo prima del calcio d'inizio... «Io non sapevo mente di certo. Non ho visto nulla, non sapevo nulla. Il nostro capitano Phil Neal è uscito e, assieme a Gaetano Scirea, ha fatto un appello alla calma e neanche lui sapeva niente. Se mi chiede poi se era giusto giocare o se avessimo potuto rifiutare di scendere in campo, allora non so cosa rispondere. La realtà è che il problema non si è mai posto. Siamo stati tenuti all'oscuro e, anche se avessimo saputo, non era una decisione che potevamo prendere». Una volta in campo però avrà realizzato che era suc- cesso qualcosa di terribile... «Certo. Anzi, quella è stata l'unica partita della mia carriera che ho giocato senza motivazioni. Non mi importava nulla di vincere o perdere, volevo solo tornare a casa. È anche per quello che abbiamo perso. Nessuno pensava alla partita. Poi alla Juventus hanno regalato un rigore per un fallo fuori area, a noi ne è stato negato uno sacrosanto... Però tutto questo non importava a nessuno. Eravamo in campo a contare i minuti, sperando che il fischio finale arrivasse il prima possibile». Quel giorno non poteva immaginare che pochi anni dopo si sarebbe trovato in bianconero... «No di certo. Le prime voci le ho sentite nell'86, poi Boniperti venne a vedermi a Wembley nella finale di FA Cup vinta contro l'Everton. L'idea della Juve mi affascinava perché da gallese non ho mai avuto l'opportunità di giocare in altri campionati europei e quindi non mi ero mai misurato contro i migliori del mondo. E in quegli anni la serie A era il massimo. Anche per questo ho scelto la Juventus, anche se il Barcellona offriva molto di più, circa 4,5 milioni di sterline contro i 3,2 dei bianconeri. E a Barcellona avrei trovato il tecnico Vena- bles, che era inglese. Però volevo la Juve, è il Liverpool d'Italia dopo tutto». L'Italia si aspettava tantissimo da lei... «E le cose iniziarono bene. Il rapporto con i tifosi fu subito ottimo. Segnai tantissimo in precampionato. Poi però in campionato la squadra faticava a decollare. Difficile dire perché, però quell'anno c'erano sette giocatori nuovi e non aiutò di certo. Anzi, Platini mi disse "Sei andato nella squadra giusta, nel momento sbaghato". Adesso, con il senno di poi, capisco che avrei dovuto adottare una mentalità diversa. Però ero giovane, non parlavo la lingua, e la Juventus rifiutò di prendermi un interprete. Fu molto difficile adattarsi». E per questo fu considerato un fallimento già a metà stagione... «Sì, e francamente non mi è sembrato giusto. Quell'anno segnai 14 gol, di cui sette in campionato. Non saranno tantissimi, ma io non tiravo rigori e punizioni. E comunque ho segnato più di gente come Voeller, che era osannata. Ma l'opinione pubblica è fatta così. Più quella inglese che quella italiana. I 'iomali inglesi fin dall'inizio lanno voluto che io faUissi. Un po' come fanno oggi con Beckham e Owen al Real Madrid. Purtroppo molti inglesi, specialmente nella stampa, sono gelosi del successo altrui». Però lei ha sempre detto che dell'esperienza juventina ha un buon ricordo. «Certo, perché ho conosciuto persone fantastiche come l'Avvocato Agnelli e perché sono mighorato come calciatore. E resto convinto che se la Juve mi avesse tenuto un altro anno, avrebbero visto tantissimi gol. Sarei rimasto almeno cinque o sei stagioni e avremmo vinto qualcosa di importante assieme. Però hanno fatto le loro scelte....» Torniamo a quest'anno. La Juventus è reduce da vari successi, il Liverpool è in fase di ricostruzione... «Per questo la Juve è favorita sui 180 minuti, ma quando il Liverpool è in giornata può battere chiunque. Se il Liverpool non subisce gol ad Anfield avrà possibilità discrete nel ritomo». Gerrard è il pericolo numero uno per la porta di Buffon. Ce lo racconti. «È il Souness di oggi, con la differenza che Gerrard è ancora più forte e polivalente. Sa fare tutto: tiro da lontano, passaggio breve, dribbling, lancio lungo, bravo di testa e in più recupera tantissimi palloni. È il classico giocatore universale, una tipologia che sta scomparendo». Il Liverpool è stato decimato dagli infortuni. «È un peccato. Benitez è sfortunato. Gisse è uno dei centravanti più forti in circolazione. E la coppia formata da Gerrard e Xabi Alonso è la più forte e completa in Premier League. Però sia Xabi Alonso che Gisse non ci saranno». Benitez avrà gli uomini contati, ma non avrà il difficile compito di Capello, che deve scegliere due titolari fra tre attaccanti di valore assoluto. «Per me Ibrahimovic è il più forte dei tre. Uno così grosso e al tempo stesso così tecnico non l'ho mai visto. Poi c'è Del Piero, se sta bene deve giocare sem¬ pre. Trezeguet è bravo, però nei grossi appuntamenti, secondo me, devono giocare gli altri due». Quest'anno la difesa bianconera è molto solida, merito anche di Cannavaro che in estate l'Inter non ha confermato. «Per me se fosse rimasto all'Inter non sarebbe ai livelli attuali. Evidentemente Capello è stato bravo a rilanciarlo e a credere in lui. Alla sua età l'ambiente conta tantissimo». Dietro di lui c'è un certo Buffon... «E' uno dei primi tre portieri al mondo. Sicuramente è il numero uno in Italia, però anche lui fa i suoi errori. Io l'ho visto in Nazionale contro il Galles a Cardiff e, francamente, poteva fare di più. Forse soffre in certi ambienti, non mi è sembrato irresistibile». L'ultimo scudetto del Liverpool risale al 1991. C'è chi dice che il club sia a un crocevia. «Sicuramente. Per questo motivo la Champions League è fondamentale. Negli Anni 70 e 80 tutti i bambini inglesi tifavano Liverpool, tutti volevano giocarci. Poi, negli Anni 90 siamo calati e Manchester United e Arsenal hanno preso il sopravvento. C'è poco da fare, i club che contano sono i club che vincono, sono loro ad attirare la generazione futura di tifosi. Al Liverpool resta un passato glorioso. È dovere di questa squadra riawicinarsi alle glorie del passato, perché solo così ridiventeremo il club più seguito e amato d'Inghilterra». 66 II portiere è bravo ma fa i suoi errori Lo svedese è più forte diDelPieroeTrezeguet: mai visto uno così grosso eppure così tecnico Il Liverpool deve vincere per smettere di vivere solo del suo passato Occhio a Gerrard 99 ÉiÉL All'Heysel non m'importava "™ del risultato: volevo solo tornare a casa. A Torino ho fallito ma non fu tutta colpa mia. Platini mi disse: sei andato nella squadra giusta al momento sbagliato 99 m ALLENA IL CHESTER IN QUARTA SERIE lan Rush è nato a Flint (Galles) il 20 ottobre 1961. Centravanti più opportunista che potente si mette in luce nel campionato inglese con il Liverpool, dove segna 140 reti in 217 partite e vince di tutto un po', compresa la Scarpa d'Oro per il miglior cannoniere europeo e la Coppa dei Campioni del 1984, strappata all'Olimpico alla Roma in un drammatico epilogo ai calci di rigore, La Juventus lo acquista nel 1987 conl'ingrato compito di far dimenticare tanto Platini, che si è appena ritirato, quanto Charles, l'altro gallese illustre del passato bianconero. Carattere ruvido, totalmente estraneo all'ambiente juventino, Rush gioca 29 partite nella serie A1987/88 e segna soltanto 7 gol: a fine stagione toma in Inghilterra e nessuno lo rimpiange. Oggi fa l'allenatore: guida il Chester nella 4a serie inglese. lan Rush ai tempi del Liverpool, all'arrivo in Italia prima della finale di Coppa Campioni vinta nel 1984 contro la Roma e, sopra, dopo un gol segnato con la maglia della Juventus