La chiusura della galleria di Brera toglie a Milano il turismo straniero

La chiusura della galleria di Brera toglie a Milano il turismo straniero Era visitata da settemila persone la settimana La chiusura della galleria di Brera toglie a Milano il turismo straniero La famosa pinacoteca presenta crepe pericolose nei soffitti ■ Per i restauri occorrono 700 milioni: ce ne sono disponibili solo 10 - Polemiche e suggerimenti dopo la drastica decisione ( Nostro servizio particolare i Milano, 23 giugno. La decisione — presa concordemente dal sovrintendente alle gallerie milanesi, professor Franco Russoli, e dai dipendenti — di chiudere a tempo indeterminato, per ragioni di sicurezza, la pinacoteca di Brera, ha suscitato suggerimenti e polemiche di esponenti politici, artistici, operatori culturali. Per garantire i restauri, la conservazione e il minimo sufficiente di custodia delle opere esposte, erano necessari 700 milioni; 10 Stato ne ha inviati dieci. Dice Aldo Aniasi, sindaco socialista di Milano: «La carenza statale verso molte istituzioni e servizi della nostra città è un fatto che si manifesta in continuità. Anche questa volta sarà, perciò, compito della amministrazione comunale studiare e realizzare il modo per da.3 ai cittadini un servizio indispensabile quale 11 mu^eo». Alle soglie dell'estate, la chiusura della pinacoteca milanese infligge un altro colpo al nostro turismo. Il richiamo dei musei frutta annualmente allo Stato miliardi di introito. Nel periodo che va da giugno a settembre, ì saloni di Brera, in particolare, erano visitati da circa settemila persone ogni settimana, in nettissima prevalenza stranieri: tedeschi, americani, francesi, russi, inglesi. Negli ultimi tempi, l'affluenza era ancora aumentata, per via delle gite domenicali regolarmente organizzate dall' «Associazione Amici di Brera». Due mesi or sono, delle trentotto sale della pinacoteca trenta erano state dichiarate inagibili. Le crepe del soffitto trasudavano acqua e muffe, sulle impalcature per i restauri — da mesi immobili su numerose tele — gli strati di polvere si appesantivano. Degli otto vani rimasti a disposizione, cinque risultavano adibiti a mostre occasionali; era stato necessario, dunque, ammassare i capolavori nei rimanenti tre: il «Cristo» del Mantegna, «Lo sposalizio» di Raffaello, il «Cristo fustigato» di Signorelli, tutta la serie degli affreschi di Bernardino Luini, i dipinti dì Bernardo Bellotto, Francesco Guardi, Giovanni Bellini, Piero della Francesca, Filippo Crivelli, Tintoretto, Tiziano, Paolo Veronese e tanti tanti altri. Le opere in dotazione alla pinacoteca di Brera sono migliaia: una carrellata attraverso i secoli più splendidi dell'arte italiana. A questo patrimonio ne va aggiunto un altro, di cui nessuno conosce le esatte dimensioni: si trova sepolto nei magazzini, in labirinti di corridoi sporchi, bui, umidi, sistemato in casse che nessuno ha mai aperto da ottanta anni, forse un secolo quando addirittura non abbandonato direttamente sul pavimento. Al museo di Brera come in quelli di Firenze, Roma, Napoli, Palermo, le opere esposte «muoiono» perché mancano i soldi per restaurarle; quelle accatastate nei sotterranei — come gli immeritati tesori degli avari — marciscono in clandestinità. «Perché, dunque, non cederne qualcuna? — si chiede l'esperto d'arte professor Enos Malagutti — e reperire in tal modo i mezzi per rafforzare l'organico del personale, provvedere ai lavori di restauro, nonché garantire un minimo di riscaldamento durante i mesi invernali? Negli anni intorno al '60 mi pare ci fosse già una simile proposta, poi non se ne fece più nulla. Il fatto è che le vicende dei nostri musei riflettono l'attuale situazione di disinteresse principalmente verso l'arte antica. Vogliamo provare a immaginare che cosa succederebbe se fosse sospeso a tempo indeterminato un campionato di calcio? Roba da infarto. La chiusura di una pinacoteca invece — è doloroso constatarlo, ma è la verità — cade nell'indifferenza pressoché totale. Anche in questa occasione: a parte qualche politico, uomo di cultura, giornalista, chi se ne occuperà fra tre o quattro giorni? Quest'estate in via Brera arriveranno, in comitive, i turisti stranieri, troveranno tutto chiuso, e sarà una ragione in più per andarsene». Ornella Rota La chiusura della galleria di Brera toglie a Milano il turismo straniero Era visitata da settemila persone la settimana La chiusura della galleria di Brera toglie a Milano il turismo straniero La famosa pinacoteca presenta crepe pericolose nei soffitti ■ Per i restauri occorrono 700 milioni: ce ne sono disponibili solo 10 - Polemiche e suggerimenti dopo la drastica decisione ( Nostro servizio particolare i Milano, 23 giugno. La decisione — presa concordemente dal sovrintendente alle gallerie milanesi, professor Franco Russoli, e dai dipendenti — di chiudere a tempo indeterminato, per ragioni di sicurezza, la pinacoteca di Brera, ha suscitato suggerimenti e polemiche di esponenti politici, artistici, operatori culturali. Per garantire i restauri, la conservazione e il minimo sufficiente di custodia delle opere esposte, erano necessari 700 milioni; 10 Stato ne ha inviati dieci. Dice Aldo Aniasi, sindaco socialista di Milano: «La carenza statale verso molte istituzioni e servizi della nostra città è un fatto che si manifesta in continuità. Anche questa volta sarà, perciò, compito della amministrazione comunale studiare e realizzare il modo per da.3 ai cittadini un servizio indispensabile quale 11 mu^eo». Alle soglie dell'estate, la chiusura della pinacoteca milanese infligge un altro colpo al nostro turismo. Il richiamo dei musei frutta annualmente allo Stato miliardi di introito. Nel periodo che va da giugno a settembre, ì saloni di Brera, in particolare, erano visitati da circa settemila persone ogni settimana, in nettissima prevalenza stranieri: tedeschi, americani, francesi, russi, inglesi. Negli ultimi tempi, l'affluenza era ancora aumentata, per via delle gite domenicali regolarmente organizzate dall' «Associazione Amici di Brera». Due mesi or sono, delle trentotto sale della pinacoteca trenta erano state dichiarate inagibili. Le crepe del soffitto trasudavano acqua e muffe, sulle impalcature per i restauri — da mesi immobili su numerose tele — gli strati di polvere si appesantivano. Degli otto vani rimasti a disposizione, cinque risultavano adibiti a mostre occasionali; era stato necessario, dunque, ammassare i capolavori nei rimanenti tre: il «Cristo» del Mantegna, «Lo sposalizio» di Raffaello, il «Cristo fustigato» di Signorelli, tutta la serie degli affreschi di Bernardino Luini, i dipinti dì Bernardo Bellotto, Francesco Guardi, Giovanni Bellini, Piero della Francesca, Filippo Crivelli, Tintoretto, Tiziano, Paolo Veronese e tanti tanti altri. Le opere in dotazione alla pinacoteca di Brera sono migliaia: una carrellata attraverso i secoli più splendidi dell'arte italiana. A questo patrimonio ne va aggiunto un altro, di cui nessuno conosce le esatte dimensioni: si trova sepolto nei magazzini, in labirinti di corridoi sporchi, bui, umidi, sistemato in casse che nessuno ha mai aperto da ottanta anni, forse un secolo quando addirittura non abbandonato direttamente sul pavimento. Al museo di Brera come in quelli di Firenze, Roma, Napoli, Palermo, le opere esposte «muoiono» perché mancano i soldi per restaurarle; quelle accatastate nei sotterranei — come gli immeritati tesori degli avari — marciscono in clandestinità. «Perché, dunque, non cederne qualcuna? — si chiede l'esperto d'arte professor Enos Malagutti — e reperire in tal modo i mezzi per rafforzare l'organico del personale, provvedere ai lavori di restauro, nonché garantire un minimo di riscaldamento durante i mesi invernali? Negli anni intorno al '60 mi pare ci fosse già una simile proposta, poi non se ne fece più nulla. Il fatto è che le vicende dei nostri musei riflettono l'attuale situazione di disinteresse principalmente verso l'arte antica. Vogliamo provare a immaginare che cosa succederebbe se fosse sospeso a tempo indeterminato un campionato di calcio? Roba da infarto. La chiusura di una pinacoteca invece — è doloroso constatarlo, ma è la verità — cade nell'indifferenza pressoché totale. Anche in questa occasione: a parte qualche politico, uomo di cultura, giornalista, chi se ne occuperà fra tre o quattro giorni? Quest'estate in via Brera arriveranno, in comitive, i turisti stranieri, troveranno tutto chiuso, e sarà una ragione in più per andarsene». Ornella Rota

Luoghi citati: Firenze, Milano, Napoli, Palermo, Roma