L'America a Bisanzio di Alberto Ronchey

L'America a Bisanzio ULTIME NOTIZIE DAGLI STATI UNITI L'America a Bisanzio Washington, giugno. Quaranta gradi all'ombra, tra i vapori del Potomac e il profumo delle magnolie di Pennsylvania Avenue, le sedute estenuanti dello « House Judiciary Committee » e le serate litigiose nei giardini di Georgetown c Chevy Chase, mentre lo scandalo Watergate compie due anni. Ma la « lunga estate calda » delle contese di Washington è appena incominciata, solo il prossimo inverno sapremo tutto. « Il frastuono che sentite — annunciava Mr. Dooley alla fine dell'Ottocento — non è quello delle fucilale d'una rivoluzione, è solo il popolo degli Stali Uniti che batte un tappeto ». Ora per due anni ha voluto battere i tappeti della Casa Bianca. Ma l'impresa comporta due possibili effetti, far pulizia o sollevare gran polvere. La Camera dei Rappresentanti deve decidere a maggioranza semplice sull'impeachment, l'atto d'accusa per la destituzione del Presidente. Invece una maggioranza dei due terzi è prescritta al Senato per la conviction, la sentenza di condanna. Secondo la "Washington Post, finora sarebbero inclini a pronunciarsi contro Nixon da 50 a 55 senatori, mancano 17 o 12 voti per i due terzi. La strategia legale di Nixon, sottraendo prove e documenti, ha saputo prender tempo e ancora ne prenderà, finché tutti saranno esausti. Con il grand tour trionfale nel Medio Oriente e a Mosca, Nixon ha persino saputo imporre una misura di silenzio al Congresso, alla stampa, alla televisione, mostrando un itinerario di paesaggi storici e se stesso con Sadat dinanzi alle Piramidi, non senza intendere che l'era di Nixon è nella storia più che nella cronaca. ★ * Ma la difesa psicologica della Casa Bianca è anzitutto « subliminale ». Da dieci anni l'America è alla ricerca tragica di un'autorità, che viene sempre travolta. John Kennedy ucciso, Lyndon Johnson costretto al ritiro, Robert Kennedy ucciso mentre vinceva le « primarie » presidenziali del '68, il vicepresidente Agnew sommerso dagli scandali. E ora la disputa su Nixon. Di fronte stanno i lunghi governi di Chruscev, dieci anni, e Breznev, altri dieci. E' un fenomeno accidentale che i Presidenti americani cadano, o l'America è ingovernabile? Tre crisi presidenziali in dieci anni si sommano alla storica difficoltà di ridurre a direzione unica le immense e disparate forze della società pluri-etnica: il Congresso, i governatori, la Suprema Corte, i colossi industriali, i sindacati. Eppure la « reductio ad unum » è necessaria, non solo quando la nazione è sconvolta da un trauma storico, simile alla Grande Depressione o a Pearl Harbor, ma sempre. Quali « profonde ragioni » sono dietro le disgrazie degli uomini? Johnson ebbe fortuna e successo in politica interna, con il più lungo boom della storia americana, ma cadde sulla questione vietnamita (« mai più guerre territoriali in Asia»). Nixon ha avuto fortuna e successo negoziando fra il Vietnam e la Cina, l'Urss e il Medio Oriente, ma deve fronteggiare una rivolta della nazione contro « l'arroganza del potere » negli affari interni. La reazione di rigetto contro Nixon è mitigata dal timore che si perpetui il decennio di « impotenza della superpotenza ». Qui è la difesa subliminale della Casa Bianca. Eppure, anche se Nixon non sarà condannato, non potrà facilmente governare dopo i processi di Watergate. Le prerogative del Presidente sono « quasi regali », ma quando il Congresso diffida di lui si riducono a nulla. Spetta al Senato il voto sui trattati. Spetta al Senato il voto sui crediti finanziari. Spetta al Senato persino dichiarare le guerre, anche se da un quarto di secolo si combattono guerre non dichiarate dalla Corea al Vietnam. Kissinger avverte che senza i crediti del Senato la sua stessa diplomazia è finita: chiede 5,2 miliardi di dollari tra Vietnam e Cambogia, Siria e Israele, Egitto e Giordania. Ma ogni giorno è più arduo associare il Congresso a qualsiasi opera politica. « Che possiate vivere in tempi interessanti », ammonisce la più antica fra le maledizioni cinesi; e ora Nixon e Kissinger, i loro alleati o interlocutori e gli stessi nemici vivono in tempi interessanti. ★ ★ In Campidoglio, nelle università, sui giornali, la disputa legale e politica verte sul si gnificato d'una parola: misdemeanor. Il dizionario Webster traduce: infrazione minore, contravvenzione. Ma la questione include complicate vertenze storico-giuridiche. L'articolo secondo della Costituzione prescrive: « Il Presidente, il Vicepresidente e tutti i pubblici funzionari possono essere destituiti con /'impeachment per, e la condanna di, tradimento, o corruzione, o altri gravi delitti e misdemeanors ». Il precetto è di bronzo sonante nella lingua dei padri fondatori {« high crimes and misdemeanors »), infatti venne ispirato dal discorso di Edmund Burke per l'impeachment del governatore dell'India Warren Hastings, oggetto d'un saggio famoso di Macaulay. Ma non consente di pervenire a conclusioni esatte. Non è evidente se la prova d'un crimine sia necessaria, o sia sufficiente un giudizio eticopolitico sul cumulo delle contravvenzioni imputabili al Presidente. E' una formula di magia semantica, più che una definizione giuridica. Qui la critica marxista può ripetere che la commistione tra categorie morali, politiche e legali è un carattere specifico dell'ipocrisia puritana. Telford Taylor, professore di Columbia e già chief proseculor a Norimberga, ricorda sul New York Times, che la formula venne adottata da Franklin, Hamilton e Madison per destituire un Presidente che « abusi del suo ufficio con danno della nazione »; dunque l'impeachment non presuppone per necessità un crimine penale, o almeno è un ibrido tra atto politico e penale. Walter Ehrlich dell'università del Missouri, in un trattato dal titolo Impeachment, an American Dilemma, illustra i precedenti inglesi fin dall'incriminazione del Duca di Suffolk, disserta sui verbali del dibattito tra i Costituenti americani e ricorda che il termine misdemeanors venne usato in alternativa a maladminislralion, per concludere che la formula non presuppone per necessità un crimine « criminoso ». Lo stesso attorney general Richard Kleindienst, ora sotto processo, difendendo nel 73 al Senato la dottrina della Casa Bianca sui « privilegi dell'esecutivo », osservò che se il Congresso dissentiva poteva sempre impeach il Presidente. « Per quale delitto? », domandò il senatore Muskie. « L'impeachment — fu la risposta — non presuppone un crimine, lutto ciò che vi occorre sono i voti ». Ma le librerie sono invase da monografie, requisitorie, perorazioni contraddittorie, mentre le parti spendono fortune dinanzi ai tribunali. Washington sembra imitare Bisanzio, l'ultimo impero d'Occidente assume le toghe dell'impero d'Oriente. * ★ L'opinione è divisa in due sfere. La prima, o general coustituency, la base elettorale, non vorrebbe un impeachment politico, ma l'accertamento di un crimine grave. La seconda sfera, l'impeachment constituency, alla quale non solo appartengono i parlamentari, ma numerosi governatori, gli apparati politici intermedi, l'informazione, alcuni circoli finanziari-industriali e i sindacati, ammette il voto politico ma deve tener conto della base popolare, che in maggioranza è contro Nixon e tuttavia teme una condanna su motivazioni generiche. Se l'impeachment è un « regicidio legale », si ha sempre paura di « uccidere il re ». Nixon avverte la frattura psicologica, dunque non cessa di pronunziare l'enfatico verbo to stonewall, « far muro di pietra », non cede i documenti che possono favorire gli accusatori. Egli respinge 64 subpoenas, o ingiunzioni giudiziarie, firmate dallo special prosecutor Leon Jaworski. Su questo deciderà la Suprema Corte. Il « privilegio dell'esecutivo », o segreto d'ufficio, può sopprimere le prove di atti illegali? Ma il presidente della Suprema Corte, Warren Burger, fu nominato da Nixon e da vent'anni è « uomo di Nixon ». A sua volta lo « House Judiciary Committee » ha fatto ingiunzione formale per la consegna di 45 nastri magnetici sui colloqui di Nixon riguardo agli scandali di Watergate, dell'* Itt », della « Milk Association », ma la Casa Bianca ne ha consegnati 19, insieme con parziali trascrizioni degli altri: omessi come « non intelligibili » 1670 brani, eliminate come « irrilevanti » 35 parti dei colloqui. Così ora l'esecutivo è in conflitto con ambedue gli altri poteri dello Stato, il giudiziario e il legislativo. Senza i documenti, esistono solo tracce di reato. Anzitutto il cover-tip, il tentativo di co- prire lo scandalo di Watergate con mezzi illegali come l'intimidazione e l'uso del denaro per subornare i testi, può apparire un delitto di ostacolo alla giustizia; ma può apparire, e non appare con certezza, perché dalle trascrizioni dei nastri affiora solo qualche indizio di responsabilità personale, nei brani in cui Nixon parla di « keep the cap on », « rimettere il tappo alla bottiglia », non molto di più. Ancora una traccia di reato è nella circostanza stessa che due ministri e una folla di consiglieri della Casa Bianca siano sotto processo. Questo può indicare il mancato adempimento d'un obbligo costituzionale, il dovere del Presidente di far rispettare la legge. Una vasta letteratura, dopo le cronache dei giornali e la descrizione di Mary McCarthy in The Mask of State, antologia dei ritratti di Watergate, ha reso malfamati quei personaggi in maniera compiuta, ma sono scarse le prove sulla connivenza di Nixon. Si ha notizia solo d'una conversazione, registrata su nastro il 15 settembre 1972, in cui la connivenza è opinabile. Un consigliere descrive i passi compiuti presso l'« Internai Revenue Service » (fisco federale) perché intervenisse contro i finanziatori della campagna elettorale di McGovern, e il Presidente risponde «yeah». La mancata consegna dei documenti ostacola poi la ricerca di prove sul reato di bribery, corruzione, o subornazione, o estorsione, che si sospetta negli interventi di Nixon a favore dell'« International Telephone and Telegraph Corporation » (l'invito all'attorney general perché non facesse nulla durante un processo per violazione della legge antitrust) o a favore della « Milk Association Producers » (le decisioni sul regime dei prezzi del latte). Ambedue finanziarono Nixon e il suo partito, ma senza documenti è difficile provare il « nesso intenzionale » tra finanziamenti ottenuti e condotta del governo. Analogo è il caso d'un finanziamento versato da Howard Hughes, tramite « Bebé » Rebozo, per estendere il suo impero del giuoco a Las Vegas. Infine la personale ambiguità e morosità di Nixon verso il fisco, l'episodio più impopolare, esalta tutti i sospetti d'una condotta impropria, ma non è facile che si concluda con l'accertamento d'un reato impeachable. ★ * Solo un giudizio globale sul cumulo degli scandali, un impeachment politico, è dunque possibile se non viene raggiunta la prova d'un crimine grave. Ma la psicologia collettiva ne rifugge anche perché il Senato, nel momento di giudicare con la maggioranza dei due terzi la causa d'impeachment intentata dalla Camera, appare come un tribunale: infatti è presieduto dal chief justicc della Suprema Corte. Il caso, in un sistema parlamentare, sarebbe stato già risolto con un voto di sfiducia e il rovesciamento del governo. Ma nel sistema presidenziale, dove il capo del governo e il capo dello Stato sono la , stessa persona, il legislativo non può destituire il Presidente se non come tribunale politico-giudiziario, e le circostanze decidono se debba essere più « politico » o più « giudiziario ». Questo celebre impeachment è dunque un ibrido tra la deposizione settecentesca del monarca e il voto di sfiducia contro un governo parlamentare. C'è un mondo arcaico nel « mondo nuovo ». Gli Stati Uniti, che compiranno due secoli nel 1976, conservano la più antica Costituzione scritta, concepita nel 1787 per 4 milioni di cittadini, fra i quali appena 800 mila con diritto di voto. Fino a ieri appariva solo straordinario che una società di massa, con le tensioni emo tive di 200 milioni di uomini, potesse reggersi ancora secondo un disegno costituzionale all'apparenza empirico e insieme illuministico, neoclassico, patriarcale. Ma ora, fra le contraddizioni del sistema, gli errori di uomini e gruppi sembrano irreparabili quando si manifestano impotenti quelle norme che esistono proprio per fronteggiare gli errori. A questo punto non importa più se maggiore sia l'arbitrio della Casa Bianca o la libido distruttiva degli oppositori. La crisi americana non è nella circostanza che un Presidente sia condannabile, ma che per così lungo tempo non sia condannato né rispettato. Alberto Ronchey Nixon nella caricatura di Levine: l'encefalogramma sostituisce i nastri trafugati (Copyright N. Y. Rcvicw of ISooks. Opera Mundi c per l'Italia La Stumpu)