I signori dei petrodollari di Ennio Caretto

I signori dei petrodollari INFLAZIONE E PETROLIO, CRISI MONDIALI I signori dei petrodollari Incontro in Svizzera con gli economisti Celio e Tumlir: "Siamo nelle mani delle superpotenze e dei nuovi ricchi, gli sceicchi" (Dal nostro inviato speciale) Berna, giugno. Negli ultimi mesi, il lessico finanziario s'è arricchito di due nuovi vocaboli, « petrodollari » e « riciclaggio ». Come ormai tutti sanno, i « petrodollari » sono le divise pregiate che confluiscono nei forzieri arabi in pagamento del petrolio; e il « riciclaggio » è l'insieme dei metodi usati per finanziare successivamente con quelle il conseguente disavanzo dell'Europa e del Terzo Mondo. Meno nota è la minaccia che i due vocaboli nascondono e che potrebbe portare al crollo del sistema monetario e commerciale internazionale. Una commissione di studio mista, americana europea e giapponese, ha ammonito questa settimana che « dai petrodollari e dal riciclaggio dipendono le vite e le sorti di un numero enorme di esseri umani ». I petrodollari hanno alterato l'equilibrio politico del mondo: secondo lo « Institute of strategie studies » di Londra, esso non è più pentapolare; alle cinque potenze. Usa, Urss, Cee, Cina e Giappone ne va aggiunta una sesta, l'Opec, l'associazione dei dodici Paesi principali produttori di petrolio. Ma i petrodollari hanno cambiato soprattutto l'equilibrio economico: le nazioni sviluppate, abitualmente in attivo di circa 12 miliardi di dollari annui nei loro conti correnti, saranno in passivo di almeno 35 miliardi nel '74 (quelle in via di sviluppo lo saranno di 20 miliardi). Si calcola che per il 1980 i petrodollari supereranno complessivamente « il mezzo trilione », cioè i 500 miliardi, la metà del prodotto lordo americano. II riciclaggio non sembra ancora incominciato. Gli Stati arabi usano i petrodollari per pagare le forniture statunitensi e sovietiche; li tengono liquidi per speculare sulle oscillazioni monetarie; ne investono una piccola parte nelle economie più forti, quelle americana e tedesco-occidentale; aprono proprie banche soprattutto in Francia. L'unico metodo di finanziamento finora preparato per l'Europa e il Terzo Mondo è quello delle « oil facilities » del Fondo monetario: ma la somma è modesta, 3 miliardi di dollari. Ha dichiarato Witteveen, il direttore del Fondo: « Il temporeggiamento arabo è nocivo: una spada di Damocle pesa sulla prosperità di tutti ». Sceiccati ed emirati non annunciano neppure un'espansione interna. L'Euromereato La Cee è in una condizione particolarmente delicata. Essa dipende dalle importazioni di petrolio in misura assai maggiore delle altre potenze; il Medio Oriente è il suo « cordone ombelicale ». Nei primi quattro mesi di quest'anno ha già richiesto prestiti per 15 miliardi di eurodollari (il mercato internazionale di capitali posseduti da non residenti). Come ha scritto Le Monde, corre verso l'indebitamento permanente, e bisogna precisare che l'Italia e l'Inghilterra sono in testa alla corsa. Ha detto il banchiere americano David Rockefeller: « Oggi l'euromereato è pericoloso: i suoi depositi sono in maggioranza a breve, ma esso fa prestiti a medio e lungo termine ». Addirittura disperata è la condizione dei Paesi in via di sviluppo poveri di materie prime. Essi non godono di credito nei centri finanziari, e gli aiuti dell'Occidente, preso nella morsa dell'inflazione e del petrolio, si vanno assottigliando. Corrono il rischio dì diventare il « sottoproletariato » dell'età industriale. Il New York Times li ha paragonati all'Europa distrutta dalla guerra, auspicando per la loro salvezza un nuovo piano Marshall. La commissione di studio tripolare Usa, Cee e Giappone ha stabilito che trenta di questi Paesi, con una popolazione di 1 miliardo di persone, hanno bisogno urgente di 8 miliardi di dollari di finanziamenti, « o cadranno in bancarotta tra due anni ». Ho discusso dei petrodollari e del riciclaggio con Nello Celio, fino a sei mesi fa ministro delle Finanze della Confederazione elvetica (e per un anno presidente) e con Jan Tumlir, direttore delle ricerche economiche del G.a.t.t. Da tempo la Svizzera è nell'«occhio del ciclone» finanziario. Di recente, alcune banche hanno subito gravi perdite, altre si sono ritirate dall'euromereato temendo un crac, e hanno collocato fondi a New York o a Londra. Alla disinvoltura degli anni passati è subentrata la cautela. « Non esiste un'autorità centrale responsabile degli eurodollari», osservano a Zurigo. « Che succederebbe se si diffondesse il panico?». Nello Celio mi ha ricevuto nella sua casa sulle colline di Berna, con la moglie e i due figli, in un assolato pomeriggio di domenica. A sessant'anni, dopo un decennio di governo, assapora « il riposo dei consigli d'amministrazione». Av- vocato, finanziere, uomo politico, riassume nella sua esperienza l'intera vicenda economica del dopoguerra. « Abbiamo una miccia accesa nella santabarbara », dice dei petrodollari. « Sono un elemento di deflazione e d'inflazione insieme, necessitano di una disciplina rigida. Soltanto con un accordo a tre, fra Paesi produttori di petrolio, Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo, si potrà risolvere il problema ». Ironico, ospitale (mi mostrerà una « macchina per fare la polenta» nella sua attrezzatissima cucina). Celio si chiede con curiosità « se il secolo XX saprà rispondere alla sfida della crisi ». « A mio parere, non ne abbiamo ancora avvertito tutti gli effetti negativi. Ma la situazione è chiara. Gli Stati membri dell'Opec hanno introiti di 65-80 miliardi di dollari annui. Non sono capaci di progressi interni tanto vasti e rapidi da giustificare un boom delle nostre esportazioni, e quindi equilibrare le nostre bilance commerciali. Perciò, o lasceranno i dollari dove sono, nei centri finanziari, o li investiranno da noi: un bel giorno, scopriremo che alcune nostre imprese per il 70 per cento sono di proprietà araba ». Fragile montagna « Il guaio », prosegue Celio, « è che troppi petrodollari provengono dall'euromereato. Quello è una montagna su due trampoli, può franare da un momento all'altro. L'euromereato è nato dal disavanzo dei pagamenti americani. Tramite esso, noi europei abbiamo scioccamente finanziato la penetrazione industriale Usa e la guerra nel Vietnam. In esso, abbiamo esposto le nostre monete alla speculazione, che abbiamo combattuto creando un eccesso di liquidità. Credo che gli eurodollari abbiano ormai raggiunto i 300 miliardi. E ci sono banche centrali, purtroppo anche la Banca d'Italia, che vi ricorrono. In sette anni, io mi sono ban guardato dal compiere una tale mossa: quando sono cresciute le pressioni, ho deciso di far fluttuare il franco ». Tra un bicchiere di whisky e una scatola di cioccolatini (« in questa casa si beve e mangia troppo ») Celio conclude: « Non vedo vie d'uscita per l'Europa: occorre restringere il credito, controllare il disavanzo delle bilance dei pagamenti, sviluppare fonti alternative d'energia. Occorre soprattutto una stretta collaborazione tra tutti i nostri Paesi. Il caso dell'America è diverso. E' stata la meno colpita dalla crisi, fra tre o quattro anni ci fornirà energia, è la più avanti nel settore nucleare, nelle ricerche sugli scisti bituminosi e sulla cosiddetta economia dell'idrogeno ». Si alza per congedarmi. « In ultima analisi, è una questione politica: siamo nelle mani delle superpotenze e dei nuovi ricchi, appunto emiri e sceicchi ». A Ginevra, al G.a.t.t. (General agreement on tariff and trade), discuto con Jan Tumlir, difeso da un portavoce riluttante. Sono stato a colazione nel ristorante che all'inizio del secolo ospitava solitamente Lenin, e con Tumlir, un cecoslovacco naturalizzato americano, viene naturale divagare sull'Urss e il comunismo. L'inflazione e il petrolio non risparmiano neppure il Comecon, la Russia non ha energia per tutti e alcuni suoi alleati si rivolgono con ansia crescente al Medio Oriente. Parlandomi come studioso e non a nome del G.a.t.t, egli mi dice che « attualmente, i petrodollari sono in maggioranza inutilizzabili ». « Vanno soprattutto in Usa, dove non ce n'è bisogno: e d'altronde, è la nazione più stabile e più forte, un cavallo vincente. Tra i Paesi europei, l'Italia è la più svantaggiata, non possiede grossi mercati finanziari, e non attira investimenti. Ritengo urgenti accordi swaps, mec¬ canismi di mutuo soccorso tramite la banca dei pagamenti internazionali di Basilea o organizzazioni analoghe. Penso anche che sugli Usa ricada una parte della responsabilità del riciclaggio ». Tumlir considera ì petrodollari e il riciclaggio i due elementi determinanti dell'economia mondiale « nell'ultimo quarto di questo secolo ». « La fase della ricostruzione postbellica è finita. Il suo bilancio è stato largamente positivo: libertà di commerci, stabilità monetaria, programmi d'aiuto ai Paesi in via di sviluppo. Petrolio e inflazione minacciano tutto questo. La vera sfida è quella lanciata alla civiltà dai Paesi dell'Opec: essi dovrebbero destinare buona parte degli investimenti al Terzo Mondo povero di materie prime. Da parte nostra dovremmo accoglierne i prodotti. La terra è piccola, le sue risorse sono limitate: di disponibile sempre v'è solo manodopera ». Lavoro, pane per le popolazioni diseredate: quali orrori scaturirebbero da un rifiuto di questa scelta? Ennio Caretto Abu Dhabi. A un banchetto ufficiale tra sceicchi del Golfo: neanche a tavola qualcuno rinuncia al fucile (Foto G. Neri)

Persone citate: David Rockefeller, Lenin, Nello Celio