Ci salva un autogol: 1 a 1

Ci salva un autogol: 1 a 1 Ci salva un autogol: 1 a 1 Gli argentini hanno dominato su un'Italia debole e disunita - Deludenti Riva e Rivera (Dal nostro inviato speciale) Stoccarda, 19 giugno. Che figuraccia. L'Italia pareggia 1-1 con l'Argentina nella seconda partita del quarto girone mentre la Polonia travolge Haiti e la situazione del club Italia appare compromessa. Il pareggio premia al di là dei loro meriti (veramente scarsi) gli azzurri, che hanno denunciato tutte le loro carenze in fase offensiva, si sono barcamenati anche rudemente in difesa e nei rari contropiedi non sono mai riusciti a trovare un sentiero legittimo per il gol. Che orribile partita, amici. I famosi e discussi e celebrati « cervelli » italiani, dal regista Rivera al suo « braccio » Benetti hanno sbagliato passaggi, dribblings, disimpegni in modo incredibile. Si è visto un Rivera smarrito e umiliato dopo tocchi che le caviglie argentine gli derubavano senza esitazione ed anche senza falli. E' in questa zona nevralgica del campo che gli azzurri hanno perduto comple¬ tamente la faccia di fronte ai bianco-celesti. La difesa reggeva, ma con i tipici affanni che derivano da un centrocampo incapace di filtrare e dominar palla. Le punte, soprattutto Riva, servite poco e male, denunciavano a loro volta nervosismo, mancanza di inventiva, nessun talento e nemmeno coraggio per penetrare. Solerti giocolieri, i bianco-celesti seguitavano a costruire, talora con slancio persino eccessivo, vari scambi duri (calcioni, gomitate, cazzotti in mischia), non diminuivano la loro capacità di distendersi nella manovra. Non sono gli argentini della tradizione classica, il loro bagaglio tecnico non è sopraffino, ma tuttavia seppellisce certi aridi schemi nostrani, che via via denunciano un'avarizia ed una mancanza di talento eccessive. Gli azzurri hanno subito per lunghissime fasi, solo a tratti alla ricerca di un contropiede smunto, senza idee. Il pubblico incredibile degli italiani di Stoccarda seguitava ad far strada in una Coppa del Mondo. Per ogni dove corrono ormai fischi disperati, la gara si sbriciola in una fanghiglia di calcioni, accenni di fughe isolate, in attacchi che la difesa argentina controlla bene, oppure in una risacca di contrassalti biancocelesti che la nostra retrovia ingabbia a fatica. Gli argentini son andati in gol con una magnifica staffilata di Houseman, i nostri hanno pareggiato con un'autorete propiziata da un errore (è così) di Benetti. Il pareggio è un risultato che dovrebbe accontentarci abbondantemente, viste le mediocrità che abbiamo onorato con tanta gloriucola casalinga. Per questa Nazionale l'ora dei rendiconti è venuta troppo tardi, illudendo i «capoccioni», incapaci di cambiare, ed un popolo tifoso che non lascia mai « toccare » i suoi idoli prediletti, finché non constata con mano, a caro prezzo, che la mancanza di critica o la scarsa fiducia nella critica portano diritto alla bancarotta. Questa Nazionale è ormai agli estremi: se non la si puntella in fretta, decisamente, con autentiche operazioni chirurgiche, sgranerà un rosario (assai breve) di brutte figure. Giovanni Alpino incitarli, malgrado gli errori, malgrado le sfasature tattiche, Rivera poteva rimettersi a correre anche se prima era stato quasi svergognato nelle sue arti di stilista. Solo Mazzola, accanito, lucido, cercava di stabilire certi raccordi, rischiava persino in area, all'inizio della ripresa, dopo un ottimo scambio con Capello. Ma anche il pubblico ha cominciato a spazientirsi, dopo aver consumato l'enciclopedia degli errori benettiani e riveriani, e gridava « fuori », disperato per una gara che l'insipienza di troppi azzurri faceva scivolare in modo drammatico. Rivera al 20' del secondo tempo se ne va, sostituito da Causio (mentre Wilson dà il cambio a Morini, pesantemente scazzottato). E' la fine di un'epoca, per Giannino, o soltanto uno dei suoi gravi obnubilamenti caratteriali? E' una serata crudele per tante attese, intorno al 70° minuto gli argentini assediano la nostra area in un uragano di rimpalli, tiri, scivolate e rischi per liberare davanti a Zoff. II vuoto di manovra non viene colmato a dovere dalle sostituzioni, Mazzola si sdoppia per dettare una nuova regìa, Burgnich è passato stopper, la Nazionale balbetta un football miserevole, si attende qualche vampata da parte di Causio, si spera che un pallone — uno solo — raggiunga Riva, ma gli applausi degli stessi italiani si rivolgono ad un regista vero, come Babington, che ha fatto il bello e il cattivo tempo alla faccia di qualsiasi avversario. Gli uomini di Valcareggi (che proprio su questa panchina di Stoccarda, come allenatore della Fiorentina, perse undici anni fa una finale di Coppa delle Coppe con l'Atletico Madrid) hanno un sussulto al 75° e Mazzola, lanciatosi in area su un cross teso di Anastasi, si libera dei difensori, « beve » anche il portiere Carnevali e tocca in sicurezza a rete. La palla maledetta sfiora il palo, invece, ed esce, a conferma che la seratano è davvero completa. Il coro « Italia » non basla per lustrare il cervello e ridare elasticità alle gambe, nel buio si sentono solitarie urla strozzate, sibili dolenti. Sul campo gli argentini non cedono certo, ogni loro arrivo in area è pericoloso, anche se verso la fine qualche tentativo italiano riesce a rallentare la pressione. Ma è davvero fuoco di paglia per uomini che sono ormai al limite della loro resistenza agonistica o non possiedono il patrimonio atletico e stilistico per