Ansiosa attesa degli "esclusi" dal vertice

Ansiosa attesa degli "esclusi" dal vertice Una breve inchiesta tra i sindacati, gli imprenditori e il pei Ansiosa attesa degli "esclusi" dal vertice (Nostro servizio particolare) Roma, 19 giugno. Nella cronaca della crisi, è stata ima giornata d'attesa, disseminata di inquietudini. Gli sfondi del dibattito non sono solo le sedi dei partiti, o la villa nascosta nel verde di Monte Mario. Gli interrogativi rimbalzano anche in ambienti diversi, quelli esclusi dagli incontri fra gli alleati della maggioranza governativa. Pesa, nella pur breve storia di questi giorni difficili per il governo, il giudizio severo della stampa straniera, che è arrivata a parlare di «bancarotta dell'Italia». E pesa la sensazione, non confermata e non sempre espressa, che ci si trovi ad ima svolta, forse alla fine di un capitolo, e comunque ad un riesame collettivo, non soltanto strettamente politico, e talvolta francamente autocritico. Forse mai come in questa crisi i protagonisti sono stati proprio gli assenti, le forze sociali, i sindacati, i gruppi produttivi, l'opposizione. Al di fuori dei risultati del vertice, l'opinione pubblica partecipa con un diffuso disagio: ha raccolto, in questi giorni, pronostici minacciosi e giudizi apocalittici sul¬ la sorte dell'Italia. S'è sentita I persino, come ha fatto un po¬ polare scrittore come Pasolini, rinfacciare d'essere tutta grigia, indistinta, comunque abbia votato, qualunque scelta ideologica o politica abbia compiuto. « Sono giornate di telefono e di incertezza », dice Piero Boni, segretario generale aggiunto della Cgil. « Siamo preoccupati e nervosi perché non vogliamo essere messi di fronte a dei fatti compiuti. Sappiamo d'aver giocato grosso, persino contro la nostra volontà iniziale: non volevamo sostituirci ai partiti, non è colpa nostra se l'esame di coscienza l'abbiamo fatto prima noi che le forze politiche. Non vogliamo occupare Io spazio altrui, la sintesi non può che essere politica. La crisi non l'abbiamo voluta, volevamo e vogliamo solo una politica diversa. Non battiamo il pugno sul tavolo ». « E' una crisi troppo facile o troppo difficile » dice Luigi Macario della Cisl. « Le implicazioni immediate, i sacrifici, l'austerità, sembrano le più sconvolgenti, ma il problema di queste ore non è quello di trovare un meccanismo per limitare i consumi. Bisogna trovare quel modo nuovo di governare che rivendichiamo da anni. Non vogliamo un cambiamento da gattopardi, solo di formule o di quadro politico, ma un modo diverso di amministrare il Paese, rompere con il sottosviluppo, entrare nella società industriale. Le grandi decisioni, di solito, si prendono quando si è toccato il fondo ». « Il rapporto tra le forze sociali e la maggioranza di governo », dice Raffaele Vanni della UH, « non si esaurisce ricorrendo a due modi sbagliati: la consultazione o lo sciopero. Non cerchiamo lo scontro, non andiamo a caccia dei no; ma non accettiamo di dare senza essere sicuri di avere. Non c'è bisogno di patti sociali né di stasi sindacali, né di cedimenti. Vogliamo un dialogo, una partecipazione: per disegnare un nuovo modello di consumi, il nostro contributo è necessario ». Per Franco Mattei, direttore generale della Confmdustria, « le diverse misure non servirebbero proprio a niente se dovessero poi essere annullate da ulteriori eccessivi aumenti delle retribuzioni o dal cattivo uso o, peggio, spreco dei mezzi raccolti. Prendere queste misure adesso è la sola possibilità che ci resta per evitare il peggio nell'immediato domani: un'incontrollabile inflazione di tipo sudamericano ed una chiusura autarchica, alla quale saremmo co¬ stretti. Non sarà infatti più possibile continuare a trovare prestiti all'estero per un deficit di proporzioni abnormi rispetto alle dimensioni della nostra economia ». La domanda sociale e la preoccupazione economica s'intrecciano, invisibili ma concrete, intorno al tavolo del vertice politico. Per Boni, « se c'è bisogno di qualche altro giorno per raggiungere chiarezza, non sarà mal speso. Ma come si fa a convincere l'Italia dei furbi, l'Italia clientelare, che si possono chiedere sacrifici con giustizia? Non vogliamo trovarci davanti a un "prendere o lasciare" deciso a Villa Madama. E dobbiamo far capire alla gente, che per ora protesta solamente, che la stretta è grave, e la svolta è seria. Non vogliamo né disoccupazione né recessione, ma non pensiamo certo di mandare l'Italia in sfacelo. Possono essere giornale chiarificatone, perché siamo finalmente nel cuore dei problemi politici ». « Le indecisioni dei partiti », secondo Vanni, « non giovano a nessuno. Noi non vogliamo un muro di gomma, ci dicano tutto, quello che ci aspetta lo sappiamo. Avremmo speso die- j ci anni invano se ci costringessero a tornare alla piccola po-1 litica del recupero monetario, alla concorrenza fra categorie, ai vecchi schemi sindacali. E invece, ora, cominciamo a vedere i segni di un nuovo meccanismo di sviluppo ». Per Macario, « anche la riedizione del centro-sinistra fu accompagnata da speranze. Ma per non voler cambiare il meccanismo, si è bloccato il Paese per anni, fra crisi ripetute. E poi, quanti sprechi... Migliaia di superburocrati, aumenti puramente inflazionistici ai medici delle mutue, i consumi incoraggiati dalla pubblicità televisiva. Bisogna prendere decisioni vistose, dare segni evidenti che si vuole cambiare. 11 sindacato è disponibile, anche se finora è stato costretto solo ad impedire che le novità cadessero addosso ai lavoratori. Non sono pessimista, ma il nostro contributo finora non è stato mai accettato, la supplenza della società civile non basta più ». Per la Confmdustria, urge un'azione immediata, attraverso l'aumento della produzione e della produttività, ma anche Andrea Barbato Lamberto Fumo CContinua a pagina 2 in quinta colonna)

Persone citate: Andrea Barbato Lamberto, Boni, Franco Mattei, Luigi Macario, Macario, Pasolini, Piero Boni, Raffaele Vanni

Luoghi citati: Italia, Roma