Bassani poeta di Lorenzo Mondo

Bassani poeta I VERSI DI "EPITAFFIO,, Bassani poeta Epitaffio fu un tempo lo scritto sulla pietra che compendiava una vita in brevi linee spezzate, ne esaltava il significato più vero alla luce di un ideale eroico o borghese, tutti li annullava di fronte a una religiosa speranza o disperazione. Bastò un'incrinatura nei grandi sistemi politico-sociali, l'avvento di nuove classi all'onore dell'avello, perché le scritte sulle lapidi restituissero inevitabilmente spazio al momento privato e consentissero, da quella soglia estrema, una più disinibita partecipazione alla vita, fatta di rimpianto, di pietà, d'ironia. Già era intervenuto l'artificio sapiente dei poeti a dilatare le possibilità espressive di quel saldo e stretto giro di parole: l'epitaffio, diventato genere letterario, si apre alla sperimentazione di temi e movenze inconsuete, finisce di perdersi, favilla o arabesco, nel gran mare dell'epigramma alessandrino. Tornando alla poesia dopo venticinque anni di dedizione alla narrativa, Giorgio Bassani intitola Epitaffio (ed. Mondadori) la sua raccolta, che della tradizione epigrammatica conserva l'icasticità, non necessariamente il passo breve. Ne accoglie anche certa quotidianità, saggiando, e non sempre con intenzione ironica, la resistenza di un discorso povero e vulgato, quello della routine giornalistica, del chiacchiericcio medio-borghese, della stessa pubblicità: fatto più responsabile perché costretto a piegarsi e rompersi nelle volute, cascatelle e spruzzi dei « calligrammes ». Certo è una semplicità non priva di scaltrezze e civetterie, tra cui si possono segnalare, al di là delle rime interne, l'uso divertito delle enclitiche, come scioglilingua ma anche in funzione del raccourci («Lasciamiti vedere », « sempre ci se la cava sempre»), le equivalenze fonico-visive {«Adesso I quasi vecchio quasi / completamente incredulo »), i finti o ambigui enjambements («■ No non aggiungerò nuova legna / al fuoco lasciamo / che la legna che già c'è si consumi»), i curiosi ricalchi e inversioni {« Ma solo adesso lo so mia bella»). ★ * Ma perché epitaffio, al singolare? La scelta può essere casuale o affidarsi a puri valori fonici; ma può anche voler dire che Bassani non riesce a privilegiare nessuna di queste epigrafi, tutte gli sembrano necessarie a comporre l'ininterrotta Spoon River della sua vita, un solo iridato epitaffio al quale, più che l'irrevocabilità della pietra, convenga, chissà, la cedevolezza labile della sabbia o dell'acqua. La maggior parte sono poesie d'amore, lungo un arco che tocca il capriccio, il cerimonioso corteggiamento, più che la passione il calmo e ragionato affetto, la solidarietà nell'usura della vita. La pronuncia è prevalentemente lirica, di contenuta e casta effusione. Le vicende d'amore sono tramate d'interiorità, anche quando più baldanzoso è il linguaggio: al robusto egotismo di Bassani interessa soprattutto la rappresentazione di sé immerso nell'atmosfera, nella tonalità d'amore. Indecisi profili di donna non ci lasciano conoscere che l'anonima « punta del nasino », « i bianchi degli occhi ». una cadenza straniera. La « zazzera genialoide pepe e sale », lo « storto ammicco tabagico », le più nitide e fin crudeli determinazioni sono riservate semmai alle invettive, che compongono una piccola sezione del libro: ne fanno le spese certe figure, tra futili e losche, del sottobosco letterario, bersagli di private insofferenze e vendette. Più riscalda e splende la memoria degli « anni d'oro » della giovinezza, pur solcati di inadeguatezza e paura, o il recupero di una « stagione interminabile piena di fiamme e lacrime », consumata dall'ansia amorosa. Ed è inevitabile, rassicurante, che sulla mappa un po' patinata e mondana del libro — agli estremi, Cannes e le scogliere del Sud toccate dal boom — avvampi la luce di Ferrara: ecco gli ex fascisti che cercano oblio e connivenza, pretendono di riscattare il passato facendo appello a una comune, dialettale esuberanza; ecco le leggi razziali, emblematizzate nel cortile che a lungo nasconde e soffoca la magnolia di casa; ecco la storia di quella famiglia che si dissecca nel figlio idiota. A lui tocca il solo letterale epitaffio della raccolta: «Di poco premorto ventenne / alla madre vedova senza che / avesse mai potuto intendere una sola / parola sia d'inglese sia d'italiano insomma niente / di niente». Qui scatta il ricordo del Bassani narratore, la vicenda delle sue nostalgie e dei suoi risentimenti: del resto, anche i personaggi dei racconti entrano discretamente in queste poesie, dal corrucciato Geo Josz, tornato dal lager in una città che ha paura di lui e si sforza di cancellarlo, ai Finzi-Contini, che nascondono sotto la loro floreale eleganza un destino di consunzione e di morte. ★ ★ Naturalmente i temi s'intrecciano e confondono seguendo le più native affinità. Così, ne La porta Rosa, dall'agiato trattenimento intellettuale e dall'elogio madrigalesco affiora a contrasto, come una fitta, il ricordo della città: « Non lasciarmi solo a scavare nella / mia città a resuscitare / grado a grado alla luce / ciò che di lei sta sepolto là sotto il duro I spessore di ventimila e più giorni. I E' là Rosa mia mia Regina che io sono giovane e bello e puro f ancora I là l'esclusivo padrone e signore per sempre il solo / Re». Ferrara, dunque, e la giovinezza, e l'infanzia. In Rolls Royce l'autore sogna di percorrere, dopo morto, la Main Street della città su una grande macchina, al fianco di un autista rigido e sinistramente impeccabile come un Erich von Stroheim. Si succedono in rapido film, sotto la messa a fuoco del parabrise (come non ricordare l'obbiettivo del fotografo nella Passeggiata prima di cena?) i noti profili di case e di chiese, i volti e i gesti dei famigliari fermati negli Anni Venti, fino a scoprire con un soprassalto, in una viuzza, il se stesso decenne: ma l'automobile non può fermarsi, procede sobbalzando fuori porta, « già volava per ampie strade deserte / prive affatto di tetti ai lati e affatto / sconosciute », corridoi di un Inferno polveroso e arido. Con queste ultime poesie (e altre ne potremmo aggiungere, come Una lettera, I grandi) ci troviamo nella zona più persuasiva di Epitaffio. Non a caso sono le più distese e « narrative », sembra che in Bassani la poesia ami accendersi nel finale dopo una lenta crescita, un sotterraneo, ser¬ peggiante fervore. E' qui che si coglie di preferenza un brivido surreale, aleggiante intorno alla figura del poeta portato a discorrere con il suo doppio, libero per temporanea franchigia di rivisitare l'ai di qua. Lambito dalla morte, turbato da sogni e presagi, in lui sembrano coincidere, in questo destino di penombra, poetica e vita: «E nel frattempo soltanto a sognarsela / la trepida la cangiante l'instabile / luce di fuori ». Proprio in queste composizioni più larghe, che sembrerebbero ostarvi, trova infine legittimazione il titolo e lo spirito della raccolta. Ridotto a una « minima frangia di semivita », Bassani è nella condizione adatta a inscrivere di sé un'epigrafe non mendace, garantita dalle pagine più sicure del suo passato, dal suo sigillo di artista. Lorenzo Mondo

Persone citate: Bassani, Erich Von Stroheim, Finzi, Giorgio Bassani, Main

Luoghi citati: Cannes, Ferrara