Gli "squilibri" dell'economia di Mario Salvatorelli

Gli "squilibri" dell'economia I gravi problemi del credito Gli "squilibri" dell'economia (Dal nostro inviato speciale) I cRoma, 12 giugno, i Dal febbraio 1973 al 311 lmaggio di quest'anno le no- ] stre autorità monetarie han- ! rlo dovuto sborsare 6 mila mi-1 liardi di lire per compensare : l'eccedenza dei pagamenti i nverso l'estero rispetto agli in- tcassi. E' questo il «primo eie- ■ pmento di squilibrio al quale cnon possiamo sottrarci, e che rci pone un carico molto pe- asele sulle spalle», ha detto i tFrancesco Masera, consigliere ! seconomico della Banca d'Ita- tlia, parlando questa mattina, sal Corso d'aggiornamento per ! zdirigenti bancari. Gli altri ! Pdue, più gravi, elementi di j asquilibrio, ha aggiunto Mase- i tre, sono il tasso d'inflazione, ' rpari al 15-20 per cento annuo : asuperiore a quello degli altri spaesi e che contiene, quindi, telementi interni oltre a quelli j vinternazionali, e il disavanzo I npubblico, che assorbe circa il 20 per cento del risparmio | cdelle famiglie (il presidente pdella Confindustria, Giovanni j aAgnelli, aprendo lunedi que-1 tsto corso, aveva detto che solo il disavanzo di parte corrente della pubblica amministrazione «distrugge più di un quarto», cioè oltre il 25 per cento del risparmio familiare). Di quei 6 mila miliardi, 1500 sono usciti dalle riserve ufficiali, 500 dall'indebitamento delle aziende di credito verso l'estero e il resto, cioè 4 mila miliardi, da prestiti assunti all'estero dalla Banca d'Italia. Forse le cifre non sono del tutto inedite, certo sono le più aggiornate (all'inizio del mese in corso) e forniscono un quadro generale piuttosto significativo. Il consigliere economico della Banca d'Italia ha osservato che questi squilibri non si possono eliminare nel breve periodo, «per non cadere in politiche restrittive che potrebbero deprimere la ripresa congiunturale», e in questo ci è sembrato di avvertire una critica alle restrizioni creditizie più recenti, sulle quali è caduto lunedì il governo Rumor. Masera, però, ha osservato che la situazione è precipitata nel dicembre scorso, con l'aumento dei costi dell'energia cioè dei prezzi del petrolio. Quest'anno, per acquistare all'estero la stessa quantità di petrolio del 1973 dovremo sborsare 4000 miliardi di lire in più. E' vero che l'aumento gioca positivamente anche sui prodotti petroliferi che importiamo «temporaneamente», raffiniamo ed esportiamo. Questo vantaggio si può calcolare in mille miliardi (ma perché non far lavorare di più le raffinerie?, n.d.r.), quindi l'aggravio petrolifero netto quest'anno, rispetto al 1973, è di 3000 miliardi. Occorrono pertanto misure di emergenza, come il deposito del 50 per cento su certe importazioni, come l'aumento della pressione fiscale. Per quanto riguarda, invece, nuove restrizioni al credito, Francesco Masera ha detto che si potranno attuare solo se si riveleranno insufficienti gli altri strumenti, perché colpiscono il sistema produttivo e devono venire «all'ultimo gradino nella scala delle priorità». Detto dal consigliere economico della Banca d'Italia, ciò è una conferma che l'alternativa di Carli — 3700 miliardi di nuove tasse, oppure un minor aggravio fiscale e una più energica stretta al credito — era puramente teorica. Anche il presidente della Conf industria, Giovanni Agnelli, in un'intervista a L'Espresso che esce domani, riconosce che, «per fortuna, non risulta ci siano imprese in vere difficoltà a causa della stretta creditizia ma che questo momento si sta rapidamente do». «Noi nutriamo — aggiunge — gravi timori per quanto può avvenire nelle prossime settimane». Le posizioni della Confindustria e della Banca d'Italia, quindi, coincidono, «nel preferire una politica di aumenti fiscali a una politica di restrizioni creditizie». Lo hanno confermato, dopo Masera, anche Antonio Fazio e Giorgio Carducci, rispettivamente capo del servizio studi e capo dell'ufficio ricerche econometriche del nostro Istituto d'e- zcdtW1dsid«sdsmavvicinan-1 ' iiTi""^-[missione. Fazio ha ricordato . che l'intermediazione finan- \ ziaria in Italia è la più alta ; del mondo, salvo il Giappone,; perché il disavanzo pubblico e 1 indebitamento delle impre se sono tra i più alti del mondo; Carducci ha sottolineato ! la decrescente capacita di au- ; tofinanziamento. «Oggi — ha detto esistono, salvo casi rarissimi, non !utili netti non distribuiti nelle I\aziende (l'autofinanziamento | attivo, n.d.r.), quindi, una voi- ta effettuati gli ammortamen-1ti, la copertura dei fabbisogni*finanziari avviene o con aumenti di capitale o con denari presi a prestito dalle banche». Da questa situazione deriva la necessità di provvedimenti selettivi, di una «programmazione del credito», e soprattutto la necessità di un rilan- ciò del mercato azionario, « ver invogliare le famiglie. l'unica fonte di risparmio at tivo rimasta (13 mila miliar l'anno scorso) ad investi « capitale di rischio ». Anche Giannino Parravici ni, presidente del Mediocredi to Centrale, nel suo intervento pomeridiano, ha riconosciuto che l'intermediazione banca ria in Italia è più alta che in altri Paesi, dove i risparmia tori sono più evoluti, acqui stano direttamente sul merca to azioni ed obbligazioni. Non solo è più alta, l'intermedia zione, ma oggi tende a coni Pacarsi, perché ad un unico anello, quello delle banche, tra risparmiatori e investito ri, si è aggiunto il secondo anello degli istituti di credito speciale, il cui peso è crescen te> ma che dipendono a loro volta dalle banche per il fi nanziamento. Per il presidente del Medio credito Centrale, quindi, il problema del finanziamento alle imprese, al di là delle at tuali strozzature, si potrà ri solvere «quando il risparmiatore tornerà alle forme d'investimento diretto, senza passare dalle banche». Detto questo, Parravicini ha assunto la difesa del sistema creditizio; ha negato che le imprese minori (non più di 50 occupati) dipendano dalle banche più delle imprese maggiori, perché da un'inchiesta del Mediocredito risulta il contrario: le piccole imprese hanno mezzi propri per il 70 per cento del fabbisogno finanziario, le grandi non superano il 40 per cento. Le imprese minori si possono considerare più condizionate dal credito, ha detto Parravicini, solo nel senso che, essendo più deboli, corrono ogni momento il rischio di essere tagliate fuori, mentre alle grandi, clienti più appetibili, nessuno ha interesse a togliere i finanziamenti. I difetti del sistema creditizio sono numerosi, e Parravicini non li ha negati: è un si- stema che chiede troppe ga ranzie, finanzia più le grandi che le piccole impresele bu-rocratizzato, e poeticizzato, non ha un grado d imprendi- tonalità paragonabile a quel-lo dell industria. Ma Parravi- Cini ha affermato anche che il sistema del credito non è più burocratizzato degli altri set-tori, quello industriale compreso, finanzia più le grandi che le piccole imprese perché le prime ricorrono ad esso più delle seconde, non può ri fiutare alla pubblica ammini-strazione il denaro per pagare gli stipendi, «perché — come ha detto Carli — sarebbe un atto di sedizione». _ Mario Salvatorelli

Luoghi citati: Giappone, Italia