Legami tra la mafia e il terrorismo nero di Vincenzo Tessandori

Legami tra la mafia e il terrorismo nero Dopo i primi sospetti, acquisiti nuovi elementi Legami tra la mafia e il terrorismo nero "Non è una coincidenza che le trame fasciste si sviluppino in quel triangolo del Nord dov'è venuta a prosperare T'onorata società'", dice un magistrato - Attentati, stragi, disordini potevano spostare l'attenzione degl'inquirenti dai mafiosi - La stessa tecnica dei rapimenti (Dal nostro inviato speciale) Milano, 12 giugno. A prima vista i legami appaiono incerti, sfumati, quasi invisibili dietro una selva di ipotesi e di punti interrogativi. Ma i legami esistono: poco alla volta vengono alla luce episodi, nomi di persone e di luoghi, che, col passare del tempo, riducono negli inquirenti il margine del «ragionevole dubbio». Terroristi e «onorata società» non sono estranei, si dice che gli intrighi di sangue dei fascisti siano stati, in un recente passato, oggetto di attento studio da parte degli «uomini d'onore». «Non è una coincidenza che le trame nere si sviluppino soprattutto in quel triangolo del Nord dove la mafia riesce a far prosperare le proprie attività», mi dice un magistrato milanese che ha seguito da vicino il problema con inchieste e indagini. «La mafia è sempre stata un'attenta osservatrice della situazione politica e fa un gioco ambiguo ma molto utile: si appoggia ai potenti senza disprezzare coloro che, per un motivo o per l'altro, potrebbero domani contare di più». Impegnata com'è in molteplici attività, non cerca lo scontro diretto, fa il possibile per evitarlo, talora accettando compromessi per altri incomprensibili. Una contropartita Dopo un periodo di accurato esame Inonorata società» ha ritenuto utile stringere rapporti anche con i neo-fascisti e, del resto, è noto che il periodo più florido per la mafia coincise proprio con la dittatura nera. Ma al di là di certe «affinità elettive» che la lega ai fascisti, al loro modo di concepire stato e potere, la mafia paga oggi un prezzo calcolato per ottenere, se non altro, una certa libertà di azione. Quando si registrano stragi, attentati, disordini di piazza, l'attenzione degli inquirenti tralascia almeno in una certa misura di seguire le attività mafiose e si sposta su altri problemi. Conferma un ufficiale dei carabinieri: «Dopo la liberazione di Luigi Rossi di Montelera e l'arresto dì alcuni personaggi dell' "anonima sequestri" fra cui Luciano Liggio, la situazione per la nuova mafia diventa, però, all'improvviso pesante. Subito dopo si registra un'impennata del terrorismo». La mafia, che secondo alcuni inquirenti fornisce appoggio concreto ai neo-fascisti, ha preteso la contropartita. Per gli uomini della nuova mafia braccati da vicino una pioggia di attentati poteva rappresentare la condizione sufficiente per tornare a gestire l'industria più florida che esiste nel nostro Paese: il ramo sequestri di persona ha un «fatturato» che in pochi anni ha superato i 15 miliardi. Si sa che questo denaro viene investito nel contrabbando di sigarette, di armi, di droga, in imprese commerciali «oneste» e, infine, una parte finisce, come sovvenzione, ai gruppuscoli di estrema destra. «I terroristi neri — diceva un inquirente — sono imbottiti ii tritolo e di soldi e quei soldi li forniscono loro non solo certi industriali. Parte del ricavato di alcuni sequestri di persona, ne siamo quasi certi, è finito nelle tasche di questi avventurieri». Le cifre non sono indifferenti: per un attentato particolarmente importante i mecenati-assassini arrivano a offrire tre-quattro milioni. Per l'acquisto di armi il sanbabilino Giancarlo Esposti avrebbe ricevuto da Carlo Fumagalli 200 milioni: una cifra notevole anche per un mercante d'armi affermato, si diceva, come l'ex-partigiano della Valtellina. L'ombra del boss Il denaro che dalla mafia finisce ai terroristi neri, naturalmente deve passare una lunga operazione di «riciclaggio». Gran parte delle banconote dei riscatti è mandata all'estero, in Lussemburgo o in Olanda, dove viene cambiata con denaro «pulito»; poi una parte torna in Italia. Se gli attentati del dicembre 1969, di cui sono accusati Freda, Ventura e Giannettini, vennero a costare in tutto non più di mezzo milione, cifra che non doveva poi essere troppo difficile trovare, oggi i prezzi hanno subito balzi enormi: occorrono moto di grossa cilindrata, equipaggiamenti molto costosi, Land Rover (le fuori-strada più care sul mercato). Nel box di Carlo Fumagalli è stata trovata una Land, intestata ad Antonio Sirtori, milanese, missino, ritenuto dagli inquirenti personaggio assai importante sulle trame nere. Sirtori è anche buon conoscente di Sergio Boffi, l'uomo che, secondo l'accusa, avrebbe sparato per ordine di Frank «Tre dita» Coppola al questore Mangano e al suo autista. Il giovane milanese fornì un alibi a Boffi per la sera in cui si tentò di ammazzare Mangano, e su quella storia il 14 luglio 1973 venne interrogato a Palazzo di giustizia a Roma. Considerato evidentemente «teste poco attendibile», Sirtori potè aiutare ben poco l'amico e Boffi è tutt'ora in carcere, alle Murate di Firenze. Anche la Land Rover trovata nell'accampamento nero al Pian del Rascino è intestata a Sirtori. Liggio e le Sam Dunque il « sequestro di persona a scopo di estorsione» è l'attività più clamorosa e, forse, più redditizia della nuova mafia. Ma pare che anche i neo-fascisti, in alcune occasioni, abbiano lavorato in proprio applicando i metodi sperimentati dai mafiosi. Quando, il 9 marzo, vennero arrestati in Valtellina i «corrieri del tritolo», Kim Borromeo e Giorgio Spedini, sulla loro auto oltre a mezzo quintale di esplosivo furono trovati anche 5 milioni, provenienti dicono gli investigatori da un sequestro. I resti di alcune celle destinate ai rapiti sono stati trovati a Milano nel corso delle indagini sulle trame nere e, secondo gli inquirenti, dovevano essere stati carceri efficienti. Sempre a Milano, in via Poggi, in un appartamento di proprietà di Carlo Fumagalli sono state rinvenute alcune tramezze di polistirolo che, secondo gli inquirenti, dovevano servire per la creazione di vere e proprie celle insonorizzate. Il carcere non sarebbe stato «in via di costruzione», come si era supposto in un primo momento, ma era stato appena smontato e i carabinieri erano arrivati in tempo per evitare che il materiale fosse fatto sparire. A Palazzo di giustizia a Milano, si dice che il carcere sarebbe stato usato per la detenzione di un industriale di cui gli inquirenti tacciono il nome: costui, rapito sotto casa, avrebbe pagato in poche ore mezzo miliardo per la propria libertà L'ipotesi dei sequestri in proprio fatti dai brigatisti neri era già stata avanzata anche nel caso del rapimento del piccolo Mirko Panattoni. Attraverso il geloso riserbo degli inquirenti, è filtrata anche la notizia che lo stesso Luciano Liggio avrebbe fatto dare alle Sam un «contributo» in denaro nel periodo dicembre 1973-gennaio '74. «La logica suggerisce tutta una serie di considerazioni in questo senso — mi diceva un ufficiale della Guardia di Finanza — e anche se per il momento le connessioni fra mafia e terrorismo nero non sono evidenti, questa non è una ragione sufficiente per doverlo escludere». Vincenzo Tessandori r Milano. Antonio Sirtori (a sinistra), missino, e Sergio Boffi, suo amico, accusato dell'attentato al questore Mangano