Il regno di Stanley Rous è finito Havelange presidente della Fifa

Il regno di Stanley Rous è finito Havelange presidente della Fifa Il regno di Stanley Rous è finito Havelange presidente della Fifa L'inglese battuto dal brasiliano dopo un ballottaggio (52 voti contro 68) - Decisiva la scelta dei Paesi africani - Non ammessa la Cina (Dal nostro inviato speciale) Francoforte, 11 giugno. // calcio mondiale ha spalancato una porta sul vuoto: vi _ si è lanciato ma non sa cosa l'attende. Con l'elezione del brasiliano Joao Havelange alla presidenza della Fila, cioè la Federazione che raggruppa tutte le organizzazioni calcistiche mondiali, si apre un nuovo periodo e si chiude nel contempo l'era di sir Stanley Rous, l'ex arbitro inglese che per tredici anni ha domina- | to la scena calcistica mondiale, reggendo la presidenza spesso con toni dittatoriali ma contribuendo indubbiamente al suo attuale sviluppo. Il nuovo presidente, Joao Havelange, un facoltoso industriale brasiliano che ha impiegato nel suo battage pubblicitario qualcosa come mezzo miliardo (denaro che j ha avuto dal suo governo} è stato prodigo di promesse. Si è lavorato con accortezza le federazioni africane ed asiatiche, trovando terreno fertile anche in Europa, cioè in Francia, paese che calcisticamente conta assai poco ma le cui ambizioni sono sempre smisurate. Pur di avere il voto dei trancesi e delle nazioni africane ancora sotto la loro inlluenza, Havelange è arrivato al punto di promettere che farà allargare le porte in modo da favorire le marcature. Non soddisfatti dal fallimento delle loro recenti iniziative (un punto per ogni gol segnato, ad esempio), i francesi vorrebbero ora rivoluzionare il calcio allargando e alzando le porte come se più gol significassero maggiore spettacolo. Havelange ha promesso, come ha fatto d'altronde con gli africani e gli asiatici, dicendo loro che nel 1978 ai mondiali argentini potranno contare su quattro posti in più volendo allargare il numero delle finaliste dalle attuali sedici a venti. Promessa assurda, come ha rilevato lo stesso presidente dell'Uefa, Franchi, in quanto ciò porterebbe ad un declassamento tecnico della manifestazione: una decisione definitiva, comunque, spetterà al comitato esecutivo della Fifa, composto da otto membri europei (su sedici) più il presidente. Una cosa è certa: per ora non cambierà nulla, sempreché Havelange rispetti le regole della Federazione e non insista in certi suoi atteggiamenti. In caso contrario non è da escludersi una rottura a livello mondiale, la divisione delle attuali forze in due parti e la creazione di due campionati del mondo, uno con le squadre europee e uno con quelle africane e asiatiche. Franchi l'ha escluso, anche se questo può sembrare in contrasto con quanto aveva affermato nell'assemblea di Bruxelles. « Sarebbe assurdo — ha commentato Franchi al termine del congresso della Fifa, protrattosi per sei ore — fare guerre preventive, anche se questo in pratica è risultato un congresso politico e non calcistico. L'Europa ha degli interessi da difendere, spera di poterlo fare anche nel regno di Havelange. Noi europei sappiamo di essere una minoranza nell'ambito calcistico-politico, ebbene vorrà dire che cercheremo di non restare una minoranza anche come importanza ». Franchi non l'ha detto esplicitamente, ma è indubbio che l'Africa ha deciso queste elezioni accettando con irrisoria facilità la politica promozionale di Havelange, credendo nel contempo di potersi opporre al calcio europeo, a lei superiore tecnicamente in modo schiacciante. In parole povere, chi comanda ora nella Fifa è il calcio che conta meno. L'Africa, con il suo 2,78 per cento di tesserati contro il 78,10 per cento dell'Europa, ha deciso le elezioni in quanto il voto della Tanzania, con le sue 34 squadre di calcio vale quello dell'Italia o della Germania, che ne hanno complessivamente oltre 100 mila. Se qualcosa andava riveduto in questi rapporti tecnici e numerici (i 496 mila calciatori africani non equivalgono certamente ai 13.933.000 giocatori europei) indubbiamente andava fatto prima. Farlo ora perché Rous ha perso la presidenza equivarrebbe alla line della Fifa. L'elezione di Havelange è avvenuta nel tardo pomeriggio, dopo che era stato discusso anche il delicato caso della Cina Popolare presentato dal Kuwait. Si chiedeva che venisse espulsa dalla Fifa Formosa e che al suo posto subentrasse la Cina di Mao. La richiesta è stata respinta dai due terzi dell'assemblea e dialetticamente aggirata con questa risposta: se la Cina vuol iscriversi alla Fifa, lo faccia direttamente e non per interposta persona, senza ricorrere a simili aut-aut. In fin dei conti — è sfafo sottolineato — nella Fila ci sono due Coree e due Vietnam: possono coesistere anche due Cine. Se l'Onu ha agito diversamente, questo nell'ambito sportivo non conta. « Tutti noi — ha commentato Franchi, che era presente al congresso insieme con il dott. Carraro e il dott. Bardigotta — vorremmo la Cina nella Fifa, ma questo deve avvenire senza che si tradiscano principi basilari. Alcuni dei congressisti volevano addirittura prendere decisioni come questa a maggioranza semplice. Una cosa assurda: domani, con simili sistemi, potrebbero estromettere anche noi. Basterebbe che un certo numero di nazioni si raggruppassero per votare soluzioni così illogiche ». L'elezione di Havelange, portato In trionfo dai suoi compatrioti come se avesse vinto il titolo mondiale, è avvenuta dopo un ballottaggio. Nella precedente votazione, inlatti, il brasiliano aveva ottenuto soltanto 62 voti contro i 79 richiesti (cioè i due terzi dell'assemblea, composta da 118 delegati, a parte quattro voti ritenuti nulli), mentre Rous si era fermato a quota 56. Nel ballottaggio, a maggioranza semplice, Havelange ha ottenuto 68 preferenze, Rous appena 52 compresa ovviamente l'Italia. Dopo la cerimonia il nuovo presidente della Fifa ha rilasciato interessanti dichiarazioni. Havelange ha subito anticipato che al prossimo congresso della Fifa chiederà di modificare l'attuale denominazione del trofeo mondiale e di chiamarlo Coppa Stanley Rous « Un doveroso riconoscimento — ha precisato — ad un uomo che ha fatto tanto per il calcio ». Cinquantatreenne, originario del Belgio (la sua famiglia emigrò quando lui aveva quattro anni), il volto lungo e scarno, Havelange si è presentato stasera nella sala stampa di Francoforte davanti a cinquecento giornalisti di tutto il mondo tra lo scattare dei flashes e il ronzio delle telecamere. Un breve discorso introduttivo e poi il dialogo. Havelange ha risposto ad alcune domande, una delle quali in particolare lo ha costretto a precisare le sue intenzioni sull'assetto della prossima Coppa del Mondo, quella argentina del 1978. Dopo avere dichiarato che toccherà al Paese organizzatore chiedere quante squadre dovranno andare in Sudamerica, Havelange ha aggiunto che a suo parere queste dovrebbero rappresentare le varie Federazioni nella seguente misura: dieci europee, due asiatiche, due africane, due dell'America Centronord e quattro del Sudamerica, cioè dieci nazionali europee e altrettante del Resto del Mondo. Una sproporzione in senso calcistico, se si considera che in Europa ci sono trentatrè Federazioni affiliate alla Fifa, mentre in Sudamerica sono appena dieci. In compenso, Havelange ha smentito di avere l'intenzione di uniformare l'attuale raggruppamento britannico dando il mandato ad una sola rappresentativa di partecipare ai Mondiali. In teoria, secondo alcuni Paesi africani ed asiatici, l'Inghilterra. Scozia, Eire e Irlanda avrebbero dovuto formare una sola nazionale e giocare con questa nelle eliminatorie mondiali. Attualmente, come è noto, l'Europa è rappresentata ai mondiali da nove squadre, l'America da cinque, l'AsiaOceania e l'Africa da una a testa. Giorgio Gandolfi | j Il neo presidente Havelange